mercoledì 28 dicembre 2011

LA CRISI FA CAMBIARE ANCHE LA TV




L’informazione torna centrale ma il futuro è l’interattività
di Carlo Freccero

Siamo in epoca di oroscopi e tutte le previsioni, come gli oroscopi, rischiano di essere vanificate da eventi imprevedibili che mutano lo scenario delle cose.
   Ogni previsione nasce da un’analisi del presente e oggi il presente della televisione assomiglia molto a un futuro. Ci sono stati cambiamenti drammatici per cui il medium televisivo è uscito dall’angusto spazio dello schermo per proiettarsi in una piattaforma plurimediale. Questo fenomeno era già stato sottolineato dalla scuola televisiva dell’Università Cattolica di Milano osservando come i contenuti della fiction televisiva migrino, al di fuori dello schermo tradizionale, su altri media: computer, telefono, lettori dvd.
   Questo fenomeno si è rafforzato ed esteso con il caso Servizio Pubblico. Non solo la fiction, ma anche l’informazione sono ormai fruibili in diretta su piattaforme multimediali: televisioni locali, social network e pay-Tv satellitare. Prima la televisione tracimava dagli schermi con la fiction e la multipiattaforma riguardava la fruizione differita nel tempo di prodotti complessi, la cosiddetta coda lunga, con cui un evento televisivo non viene consumato in un unico passaggio, ma con letture successive reiterate nel tempo.
   L’innovazione introdotta da Servizio Pubblico è essenziale perché implica in più la diretta e l’interattività.
   Il potere della multimedialità
FACEBOOK PERMETTE di effettuare in tempo reale sondaggi sugli argomenti proposti. Questa innovazione ha avuto conseguenze immediate. La selezione giovani per il Festival di Sanremo si è effettuata tramite Facebook. E l’asta delle frequenze televisive non vedrà in competizione solo editori tradizionali, ma probabilmente gestori della telefonia o associazioni di spettatori, come nel caso di Santoro. Questa rivoluzione mediatica che porta dagli schermi tradizionali alla multipiattaforma, sta favorendo la crescita delle nuove reti, come le reti della piattaforma digitale e le reti tematiche. Nel frattempo la televisione generalista perde pubblico e anche il suo orientamento generalista si converte sempre più in tematico. Le reti generaliste tradizionali si indirizzano sempre più a un pubblico definito: il pubblico generalista conservatore costituito da spettatori consolidati intorno a generi tradizionali: la fiction per famiglie, come Don Matteo, il varietà classico come Il più grande spettacolo di Fiorello.
   Questo è il presente vincente della tv tradizionale, legata al classico schermo televisivo. Ma oggi la tv generalista esprime anche un bisogno, una mancanza, che dovrebbero trovare soddisfazione nel futuro prossimo televisivo.
   Il cambiamento politico, con il passaggio a un governo di tecnici, ha cambiato profondamente l’agenda dei media. Il genere televisivo vincente non è più l’infotrainment, ma una domanda crescente di informazione. Il dibattito politico si è spostato dalla credibilità di Ruby come nipote di Mubarak, a temi economici e tecnici come lo spread dei titoli del nostro debito pubblico, rispetto ai titoli tedeschi e il disavanzo di bilancio da azzerare per non accrescere il debito. Il pubblico si scopre impreparato e chiede maggiori quote di informazione. La televisione commerciale aveva realizzato la rivoluzione copernicana per cui il palinsesto era dettato direttamente dal pubblico e l’allargamento del pubblico portava necessariamente a un abbassamento dei contenuti. La rivoluzione dell’audience si era estesa anche alle reti Rai e aveva quasi completamente sopraffatto la funzione pedagogica del servizio pubblico . Oggi temi come la crisi economica, la disoccupazione, il debito pubblico, fanno nuovamente parte di quell’agenda dei media da cui erano stati espulsi in favore dell’intrattenimento. La delega della direzione del paese a un gruppo di tecnici riapre la forbice tra pubblico e sapere e ricrea alla richiesta di una televisione pedagogica. Oggi sappiamo che la funzione pedagogica della televisione sarebbe nuovamente necessaria, non tanto per educarci e innalzare il nostro livello culturale, quanto piuttosto per comprendere le nostre vite. Sino a ieri il lavoratore che perdeva il suo lavoro, valutava quell’evento come una disgrazia privata, un accidente che colpiva lui la sua famiglia, mentre la maggioranza, secondo una sorta di traduzione in fiction del quotidiano, continuava ad affollare i ristoranti, a usare banche e telefonini.
   La congiuntura cambia le prospettive
   OGGI LA CRISI si è manifestata nella sua dura realtà, ma questa improvvisa presa di coscienza porta con sé anche l’uscita da una dimensione esclusivamente privata, per ricondurre il privato a coordinate universali. Sino a ieri il disoccupato poteva solo sperare di riciclarsi nello spettacolo, partecipando al casting del Grande fratello. Oggi la disoccupazione è congiunturale, non è il problema di un singolo, ma un effetto de “la fine del lavoro”. E al singolo si contrappongono di nuovo analisi sociologiche e soggetti collettivi. Preso atto della crisi, comprendiamo che questa crisi sta gestendo le nostre vite ed è essenziale recuperare il controllo sull’economia, per recuperare il controllo sulle nostre vite. Vent’anni di berlusconismo ci hanno disabituati a gestire direttamente i nostri problemi. E dopo molto tempo percepiamo il disagio della nostra inadeguatezza e il bisogno di una tv pedagogica/politica.

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