giovedì 29 dicembre 2011

LE BANCHE RINGRAZIANO




Forti della garanzia statale investono sui Bot 3 mesi per riforme, che non si potranno negoziare
di Stefano Feltri

Se Mario Monti fosse scaramantico – e non lo è – potrebbe vedere nei dati di ieri sui Bot il segno che la “fase 2” del suo governo, quella che ha la crescita per obiettivo, sta nascendo sotto una buona stella. Ieri il ministero del Tesoro ha venduto in asta 9 miliardi di euro di Bot con scadenza a sei mesi al tasso del 3,25 per cento, molto più basso rispetto al 6,5 dell’asta precedente, con un bel risparmio per lo Stato. Ma Monti è un economista che conosce le logiche dei mercati finanziari. E se ieri avesse parlato con qualche operatore che lavora con i titoli di debito pubblico avrebbe ricevuto il seguente commento: “È ovvio, non poteva andare diversamente. I Bot non sono un indicatore, il vero test è quello di oggi con l’asta dei Btp”.
   TRADUZIONE: nella manovra di Natale il governo ha concesso la garanzia statale alle passività delle banche di nuova emissione. Queste ne hanno subito approfittato, hanno creato 40 miliardi di obbligazioni e, senza neanche collocarle davvero, le hanno portate alla Bce da cui hanno avuto 116 miliardi a un tasso inferiore al 2 per cento per tre anni.
Visto che i banchieri eccedono con la prudenza e, in mancanza di alternative, continuano a parcheggiare i capitali disponibili sui conti della Bce che rendono solo lo 0,25, non stupisce nessuno che oggi ne abbiano messi un po’ in Bot: tra sei mesi li riavranno con un margine netto di profitto superiore all’uno per cento. Un gioco facile e senza rischi. Si prestano soldi allo Stato, grazie alla garanzia dello Stato, e si intascano gli interessi, pagati con i tagli di spesa e le nuove tasse.
Oggi il discorso sarà diverso: i Btp hanno scadenza a dieci anni e le banche possono contare sullo scudo pubblico solo per tre, è facile scommessa che all’asta di oggi ci sarà meno ottimismo e i tassi resteranno vicini a quelli che si praticano sul mercato secondario, dove si scambiano i titoli già in circolazione. E sul mercato dei Btp le cose vanno male come al solito: anche ieri lo spread, cioè la misura della differenza tra i rendimenti dei titoli italiani a dieci anni e gli omologhi tedeschi, è rimasto sopra il cinque per cento. Che può significare tassi di interesse pesanti alle aste, sopra il sette per cento.
   DIFFICILE che bastino gli annunci di oggi di Monti a cambiare la situazione. La misura più concreta per agire sui Btp il governo l’ha già varata in sordina, è nelle linee guida del debito pubblico 2012 pubblicate dal ministero del Tesoro: dal prossimo anno alcuni titoli verranno venduti direttamente ai risparmiatori (retail, in gergo), saltando la mediazione delle aste. È un modo per limitare le oscillazioni, tenendo in patria il nuovo debito e gli interessi che ne derivano. L’efficacia si vedrà, intanto Monti deve lanciare il suo programma per la crescita, nella conferenza stampa di fine anno che terrà oggi a Roma. Ieri ha riunito il Consiglio dei ministri per discutere con la squadra i toni e i contenuti del discorso di oggi. Trapela poco sui contenuti, i ministri sono fedeli alla consegna del silenzio e lasciano la scena al premier. “Metodologica e visionaria”, così uno di loro definisce la riunione di ieri.
   LA LINEA che Monti ha comunicato è la seguente: il decreto “Salva Italia”, la manovra lacrime e sangue, erano necessarie per tappare le falle lasciate nei conti da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Pagata quella cambiale, in cui comunque ci sono già diverse misure per la crescita (dalle agevolazioni fiscali alle imprese agli incentivi per assumere giovani e donne), da ora parte la cura Monti per la crescita. Della riforma del lavoro (con annesso tabù dell’articolo 18) si parla ormai poco, sulle liberalizzazioni non si può rischiare una seconda sconfitta. Nei tre mesi che mancano alla presentazione alla Commissione europea a Bruxelles del PNR, il Piano Nazionale di Riforme, ci saranno riforme che non richiedono negoziati troppo lunghi. A cominciare da quelle già avviate, come quella del catasto e una serie di interventi sulla spesa pubblica. Da settimane si parla poi di un fondo che raccolga le proprietà immobiliari dello Stato da dismettere e che, con una complessa architettura finanziaria, riesca a far sparire dal bilancio un po’ di debito pubblico. Oggi si capirà se queste indiscrezioni sono fondate.

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