sabato 17 dicembre 2011

Lo humour del Professore infastidisce il Cavaliere




UGO MAGRI
Nella polemica col Cavaliere, Monti è stato tirato per i capelli. Non poteva far altro che reagire. Se avesse ignorato gli attacchi del giorno prima, il presidente del Consiglio avrebbe avallato la tesi berlusconiana che lo dipinge in preda alla disperazione, praticamente alla canna del gas. Sarebbe stata un’ammissione grave di debolezza. I mercati avrebbero fatto due più due, e addio sforzi per trasmettere all’estero l’immagine di un Paese finalmente governato. Per cui il Professore ha dovuto puntualizzare in Parlamento che disperato lui non si sente né punto né poco, anzi è «pieno di speranza», l’Italia ce la farà, ce la sta già facendo.

Nel dirlo, tuttavia, Monti ha condito il suo discorso alla Camera con quel filo di
humor britannico che alle orecchie del predecessore suona tanto come sfottò (nulla disturba Silvio più della garbata presa in giro: al confronto il via libera del governo all’asta sulle frequenze è solletico). Il presidente del Consiglio ha confidato di essersi fatto, leggendo i giornali della mattina, «un rapido esame di coscienza», giudicandosi «per un attimo colpevole di non sentirsi affatto disperato». Però poi, ha proseguito con lieve ironia, «riflettendoci sopra quella parvenza di colpevolezza è sparita del tutto» poiché «non c’è motivo di disperazione». Come dire elegantemente: Berlusconi ha preso un bel granchio.

Insomma, ieri in Aula Monti ha scelto di tutelare la propria credibilità dentro e soprattutto fuori i confini nazionali. Ha dato la netta impressione di non farsi intimorire e di tirare dritto per la sua strada. Ha raccolto di conseguenza l’ovazione del Pd e del Terzo Polo. Però proprio questo insistito, gioioso applauso, unito al gelo del centrodestra, gli ha fatto intendere che forse a sua volta aveva gettato ulteriore benzina sul fuoco (nel cerchio stretto berlusconiano lo accusano di avere avviato lui la polemica col precedente governo, intervenendo tre sere fa in Commissione). Reagire alle provocazioni è umano; proseguendo tuttavia di ripicca in ripicca si romperebbe presto l’incanto di un governo fondato sulla responsabilità dei più. Per cui si racconta che Monti, appena finito di parlare, abbia subito scritto un biglietto al Cavaliere, onde chiarirsi e calare il sipario sulle tensioni nel nome di una fattiva collaborazione futura.

Molto hanno lavorato i «pontieri» per spegnere le fiamme. Il segretario Pdl Alfano, colloquiando col premier a margine delle votazioni sulla fiducia, ha segnalato in chiave costruttiva che il coordinamento non è più bastevole, il governo dovrebbe lavorare a contatto di gomito con i partiti, farsi suggerire, consigliare. Il Pdl non è contento del metodo, nemmeno nel Pd sprizzano felicità. Fanno testo gli interventi in aula, almeno in questo sovrapponibili, di Franceschini e di Cicchitto: sembrava quasi che i due vecchi nemici si fossero messi d’accordo. Monti ha perfettamente chiaro il problema. E tutto il suo discorso di ieri va letto come lo sforzo onesto di puntualizzare che lui fa il possibile, addirittura l’impossibile, per onorare il patto col Parlamento.
«So che non devo dire noi e voi», ha sorriso rivolto al capogruppo Pd che gli imputa di contrapporre i «tecnici» ai «politici». E non è vero che il governo ha un tono «strafottente», come sostiene il presidente degli onorevoli Pdl. Profluvio di ringraziamenti a tutti, compresi quanti hanno avanzato critiche alla manovra, la Lega, Di Pietro: «Tutti abbiamo lo stesso obiettivo di operare per il bene dell’Italia». Ostentato omaggio del premier al lavoro della Commissione Bilancio, di cui «ho già avuto modo di riconoscere il grande contributo, il lavoro prezioso, l’approfondita riflessione che merita profondo rispetto...».

Il Professore arriva a vestire i panni dello studente modello che ha preso «moltissimi appunti» durante il dibattito sui sacrifici, perché «il lavoro di dialogo è appena iniziato, nelle prossime settimane ci saranno interventi più meditati e organici» sul versante della crescita. Chi vorrà dare una mano sarà il benvenuto, non mancherà l’occasione per dimostrare che la politica è viva e vegeta, la democrazia non è sotto tutela. L’importante è che le riforme si facciano, a cominciare dalle privatizzazioni: «Bloccarle sarebbe una responsabilità grave». Perché non siamo fuori pericolo, alza la voce Monti per non farsi sovrastare dagli schiamazzi in Aula della Lega: «
Il rischio è stato massimo, e ancora lo è».

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