lunedì 12 dicembre 2011

Servizio Pubblico e no


ANTONIO PADELLARO

La buona notizia è che Augusto Minzolini è stato cacciato dalla direzione del Tg 1. La cattiva notizia è che al posto del direttorissimo, scivolato sulle carte di credito, Berlusconi ha imposto ai vertici di viale Mazzini l’interim di Alberto Maccari, attuale direttore dei Tg regionali. Un lottizzato Pdl sull’orlo del pensionamento che per un paio di mesi terrà calda la poltrona sulla quale, se farà il bravo, potrebbe restare lui.

E così, l’ex gloriosa corazzata Rai ridotta a colabrodo dagli ascolti, resta a disposizione del sire di Arcore che non tollera intrusioni o interferenze nella sua personale riserva di caccia televisiva. In questo eterno Gattopardo dove tutto cambia affinché tutto resti com’è, la pietra dello scandalo diventa Michele Santoro, colpevole di aver raccolto giovedì “soltanto” il 5 per cento di ascolti, stando all’Auditel, cioè a un sistema vecchio di 27 anni e sottoposto al ferreo controllo Rai-Mediaset. Un accrocco che, con garbato humor inglese, Sky si limita a definire “inadeguato”, ma solo per non dire peggio.

Dunque, Santoro costretto a chiudere Annozero al culmine degli ascolti e degli introiti pubblicitari da una geniale operazione bipartisan Rai, s’inventa dall’oggi al domani un
Servizio Pubblico fondato sul contributo di centomila persone e su una rete improvvisata di emittenti locali più Sky. Un miracolo che se pure fossero veri i numeri dell’accrocco Auditel, nel suo peggiore giovedì (complice un calo generale dell’informazione tv) avrebbe tenuto davanti al teleschermo un milione e 165 mila persone. Risultati che in qualsiasi altro Paese sarebbero oggetto di studio e di emulazione, ma che da noi si cerca tenacemente di sminuire affidandosi a un termometro rotto.

Il perché è presto spiegato. Al gatto Rai e alla volpe Mediaset scoccia parecchio che
Servizio Pubblico raccolga una consistente fetta di pubblicità. Poiché la torta se la vogliono spartire solo loro (lasciando qualche briciola a La 7) sperano che a rimettere le cose a posto ci pensi l’Auditel con una sottostima degli ascolti di Santoro che impatti negativamente sui ricavi pubblicitari.

E poi, per dirla tutta, non si vuole ammettere che nell’Italia in cui nulla cambia trovi sempre più spazio un giornalismo che non deve chiedere permesso a nessuno. Ci siamo riusciti noi del Fatto che chiudiamo il 2011 con una media di 73 mila copie più 25 mila abbonamenti (che dedichiamo a certi nostri critici foraggiati dai soldi pubblici). Ci sta riuscendo
Servizio Pubblico con una strada tutta in salita, ma che disegna già la tv del futuro.

Il Fatto Quotidiano, 11 dicembre 2011

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