Cgil, Cisl e Uil nel
mirino: ostacolano il premier nel salvataggio dell’Italia
di Giorgio Meletti
Il governo punta
all’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che impedisce il licenziamento
individuale senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Ne aveva
già parlato poco prima di Natale il ministro del Lavoro Elsa Fornero, indotta a una precipitosa retromarcia dalle reazioni
del sindacato. Ma ieri è sceso in campo direttamente il premier Mario Monti, che si è lasciato
attribuire dalla Repubblica alcune frasi virgolettate, non smentite e
illuminanti.
L’OBIETTIVO evidente è una resa dei conti con
i sindacati confederali, più energica di quelle tentate da Silvio Berlusconi.
Se infatti la strategia del governo di centro-destra, soprattutto attraverso il
ministro del lavoro Maurizio Sacconi, puntava a isolare la Cgil, l’attacco
all’articolo 18 non distingue tra sindacati amici e nemici. Ce n’è per
tutti.
Monti non avanza nessun argomento sull’utilità
dell’abolizione dell’articolo 18 per rilanciare economia e occupazione.
Sostiene però che è l’Europa a chiedercelo, e che il governo tecnico è
chiamato a fare le cose “anche senza l’accordo di tutti”. E questa “è pure la
ragione per cui non possiamo accettare veti”. Per Monti questa linea dura
contro i sindacati serve ad affrontare “il nostro problema centrale: il deficit
di credibilità”. Una questione di principio, dunque. Monti pensa, stando a
queste indiscrezioni non smentite, che dimostrando di poter spezzare le reni al
sindacato potrà meglio giocarsi la trattativa con Germania e Francia sull’amara
medicina del risanamento dei conti pubblici. E così il confronto
sulla riforma del mercato del lavoro assume una dimensione completamente
scollegata dal merito delle questioni sul tavolo.
Il tema dei prossimi giorni è il
ridimensionamento del potere sindacale. Secondo Sergio Romano, che ha firmato ieri l’editoriale
del Corriere della Sera, bisogna uscire dalla stagione della “concertazione”,
che pure è servita in “momenti eccezionali” a “sbloccare situazioni
pericolose”. L’ex ambasciatore indica con precisione le eccessive pretese a cui
Cgil, Cisl e Uil devono rinunciare per non ostacolare il cammino del
governo proteso verso il salvataggio del Paese: “I sindacati non vogliono
essere ascoltati. Vogliono concertare, vale a dire concorrere alla definizione
delle misure che il governo presenterà al Parlamento e ai suoi partner
europei”. La conclusione di Romano è altrettanto netta: “Il sindacato ha funzioni importanti e deve essere in condizione
di esercitarle con la massima libertà. Ma tra queste funzioni non vi è quella
di concorrere al governo del Paese”.
Mentre l’editorialista del Corriere indicava
questa linea di ridimensionamento dei sindacati, il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, in visita nella
sua Napoli, rimarcava i concetti già ben illustrati nel discorso di Capodanno:
“Quel che mi auguro è che il movimento dei lavoratori dia di nuovo prova di
saper guardare agli interessi generali e non stia sulla difensiva”.
METTENDO insieme le tre indicazioni, quella
data da Monti attraverso la Repubblica, quella di Napolitano e quella del
Corriere della Sera, ai sindacati rimane uno stretto sentiero: “guardare agli
interessi generali” senza pretendere però di “concorrere al governo del Paese”,
cioè senza pretendere nulla più che “essere ascoltati”. Lo scenario dei
prossimi giorni si presenta dunque complicato per i tre leader Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti
(Uil):
completato il “giro informale” dei colloqui bilaterali con la Fornero, dovranno
andare a un tavolo di confronto in cui verrà loro presentato il pacchetto
di interventi sul mercato del lavoro senza consentire ai sindacati di
interloquire con il governo sulle misure per la crescita e l’occupazione.
A differenza del passato, quando Cisl e
Uil potevano lucrare la posizione di interlocutori privilegiati del governo
Berlusconi grazie all’isolamento della Cgil, adesso l’imbarazzo è
sostanzialmente uguale per tutti. Come dimostra il sarcasmo di Angeletti,
che ha così commentato la battaglia prossima ventura: “Diciamo che tutta la
polemica sull'articolo 18 è un falso bersaglio, come avviene nei giochi
elettronici”.
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