Thomas Mackinson
Scontro tra il sindaco di Milano e l'ateneo: la contesa riguarda
le residenze universitarie in via Spadolini, un complesso per studenti fuori
sede con 333 camere a disposizione della gioventù bocconiana su cui non sono
stati versati i contributi a Palazzo Marino dal 2005
Guerra di carte bollate tra Giuliano Pisapia e Mario
Monti. Il sindaco di Milano e il capo del governo fanno la luna di miele
sulla carta stampata e se le danno di santa ragione su quella bollata. Tutto
per via di una storia di tributi non versati al Comune, gli stessi che Monti
chiede agli italiani per risollevare le finanze pubbliche ma che, da presidente
dell’ateneo più ricco e costoso d’Italia, si è ben guardato dal
versare. La contesa riguarda le residenze universitarie dell’Università
Bocconi in via Spadolini 12/A, un complesso per studenti fuori sede con 333
camere a disposizione della gioventù bocconiana.
La blasonata università commerciale dal 2005 in poi non ha mai pagato la quota Ici di
sua competenza sulle abitazioni, dando così avvio a un contenzioso che è
partito con un primo “avviso di accertamento” da 104mila euro recapitato a
marzo del 2008. Da allora la lite non è mai finita e il Comune ha continuato a
notificare cartelle esattoriali, anno dopo anno, portando il contenzioso a
sfiorare i 600mila euro. L’ascesa al governo di Monti non ha seppellito la
questione e il sindaco di Milano non ha fatto sconti al residence per studenti
e il 22 dicembre scorso Pisapia ha firmato di suo pugno l’incarico
all’avvocatura comunale di andare fino in fondo alla questione, opponendosi
alle pronunce delle commissioni tributarie che finora si sono piegate alle
ragioni della Bocconi. Sei pagine con tanto di motivazioni che inducono
l’amministrazione a tenere posizione ferma nella contesa.
Nel merito, l’università vuol far valere un’esenzione rispetto
alla legge 504 del 1999 che, tra le altre cose, regola la materia del
versamento delle imposte locali. L’articolo 7 comma 1 della legge esonera
effettivamente gli immobili adibiti a sede “con finalità istituzionali,
assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali,
ricreative e sportive”. Ma di questo beneficio, rispondono i legali di Pisapia,
la Bocconi già gode per la sede storica e istituzionale di via Sarfatti, mentre
la pretesa rispetto al pensionato studentesco sarebbe una forzatura in senso
estensivo della legge, essendo l’affitto in cambio di dazione – con rette
salate, per altro, da 3.100
a 8.500 l’anno – un’attività adibita a scopi di lucro
del tutto assimilabile a quella praticata dagli albergatori e dagli
affittacamere privati cui, manco a dirlo, viene chiesto di pagare regolarmente
il balzello.
Se la posizione assunta dalla Bocconi dovesse risultare vincente, quella che
trasforma la casa dello studente in attività istituzionale e la esenta
dall’Ici, gli effetti sarebbero surreali e a catena, ma soprattutto pesanti per
il bilancio dello Stato. Tutti gli albergatori d’Italia farebbero la fila
davanti all’ufficio licenze del commercio del Comune per chiedere le pari
opportunità nell’evasione. Cadrebbe una sorta di tombale silenzio sulle
polemiche che hanno recentemente investito la Chiesa, laddove spaccia per
luoghi di culto attività para-commerciali o di pernottamento a ombrello del
tributo. Avrebbe anche effetti rovinosi per le finanze pubbliche perché chi ha
pagato l’Ici fino a ieri, per estensione e analogia nell’interpretazione della
norma, da domani potrebbe sentirsi legittimato a chiedere di fare l’esatto
contrario o a pretendere dalle amministrazioni gli importi “indebitamente”
versati in anni e anni di contribuzione. Una débacle per le povere finanze di
Milano e dello Stato. La contesa si trascina da sette anni, a scioglierla
saranno i giudici di legittimità con sentenza in Cassazione.
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