
Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE
Il trattamento previsto dall’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario negli ultimi quattro anni ha dovuto fare i conti con una decisione della Corte costituzionale, la 417 del 2004, che ha fissato dei rigidi paletti per l’applicazione e soprattutto per la proroga del regime carcerario speciale per gli esponenti di associazioni mafiose.
Negli ultimi tempi alcuni capi cosca, come Antonino Madonia, Arcangelo Piromalli, Costantino Sarno, Salvatore Barranca, Giuseppe Graziano, Gioacchino Calabrò, hanno ottenuto la revoca del 41bis.
Secondo i dati del Dap, il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (che però sono fermi al 2006) in tutta Italia ci sono 582 detenuti sottoposti al regime del 41bis. Di questi sette soltanto sono donne. Gli accusati di associazione mafiosa o camorristica sono 510, 44 devono rispondere di omicidio e 28 di traffico internazionale di stupefacenti. Per quanto riguarda la suddivisione tra organizzazioni criminali, su 582 soggetti al carcere duro, 202 vengono da clan camorristici, 182 da Cosa Nostra, 101 dalla ‘Ndrangheta, 26 dalla Sacra Corona Unita, 18 dalla Stidda, 3 da gruppi terroristici e 50 da altre organizzazioni mafiose, da quelle cinesi a quelle russe.
Nel 2006 sono stati, in totale, 89 i decreti di proroga del trattamento speciale annullati dai tribunali di sorveglianza, contro i 53 del 2005 e i 34 del 2004. Non ci sono ancora dati completi per il 2007 ma di certo c’è che nei primi sei mesi del 2008 ci sono stati 34 decisioni di annullamento.
L’aumento dei provvedimenti dei tribunali di sorveglianza che annullano i decreti ministeriali di proroga del 41bis, registrato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha causato da lato allarme tra settori della magistratura e in ambienti del ministero della Giustizia, dall’altro è stato registrato come “un ritorno alla legalità” dall’avvocatura.
“I tribunali di sorveglianza – spiega l’avvocato Filippo Giunchedi, docente di procedura penale all’Università Unisu di Roma – dovrebbero attenersi, nel confermare le proroghe del 41bis, alle condizioni poste già quattro anni fa dai giudici costituzionali, due anni dopo la norma che nel 2002 rese stabili nell’ordinamento le misure previste dal 41bis. Nei fatti, invece – prosegue il professore che ha curato diversi studi sul 41bis – soltanto alcuni collegi rispettano l’interpretazione costituzionale e così la giurisprudenza di tribunali come Torino, Perugia, Roma, Napoli, L’Aquila, è diversa da quella di altri uffici”.
I punti deboli del carcere duro per i mafiosi sono evidenziati nelle motivazioni dell’ordinanza del 2004 della Consulta. I giudici, tra l’altro, sottolineano che “per dedurre l’attualità e la certezza dei collegamenti tra il detenuto e l’organizzazione criminale servono elementi fondanti come, ad esempio, l’appartenenza dei familiari al sodalizio criminoso”.
La decisione della Corte è stata la conseguenza di un’eccezione sollevata dal tribunale di sorveglianza di Napoli, e dal presidente Angelica Di Giovanni, che chiese come potesse essere “compatibile il regime detentivo speciale con i principi costituzionali di reinserimento e rieducazione del detenuto”. “Una questione – ricorda Giunchedi – che mise alle corde la Corte”.
“In pratica – dice l’avvocato – la Corte confermò la costituzionalità della norma ma restituì importanza all’elemento probatorio relativo al rapporto tra detenuto e organizzazione esterna. A questo proposito i giudici della Consulta non ammettono scorciatoie probatorie”.
La norma sul 41bis si riferisce al “pericolo che vengano ripresi i collegamenti con l’associazione dunque – prosegue il professore – è una misura che tende a prevenire, una sorta di anticipazione di valutazione e perciò è tanto più necessario il rigore nella prova, altrimenti si finisce per trasformare un elemento del diritto in uno strumento di polizia”.
In alcuni casi la norma del 41bis si “avvita” su se stessa: gli avvocati, dopo due o tre proroghe del regime speciale, per un totale di 6 o 8 anni di isolamento, chiedono ai giudici di sorveglianza di ritornare al trattamento penitenziario normale proprio perché dopo tanti anni di regime speciale delle due l’una: o il 41bis non funziona come rimedio per impedire i contatti con le cosche all’esterno e allora è inutile continuare a limitare i diritti dei detenuti, o se funziona si deve ritenere, in mancanza di prove concrete, che questi legami non si ci siano più e non c’è il rischio che possano “resuscitare”.
Un paradosso, insomma, che riduce – dopo oltre 15 anni di vita della norma – l’applicazione del 41bis.
“Inoltre – dice Giunchedi – non riusciamo a capire come mai il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso quando interviene ai convegni afferma che Cosa Nostra palermitana è ormai sconfitta, e quando invece firma le relazioni che vengono inviate a sostegno della proroga del 41bis per detenuti accusati di appartenere a Cosa Nostra palermitana, scrive che l’organizzazione è ancora operativa e dunque c’è il rischio che possano riprendersi i collegamenti. Questa ambiguità tra interventi pubblici e conclusioni processuali non gioca a favore della chiarezza”.
L’aumento dei decreti di annullamento del 41bis sarebbe dunque da ricercare sia in ragioni giuridiche, sia in una carenza di prove nelle informative trasmesse dalle forze dell’ordine.
“A questo proposito – aggiunge Giunchedi – in diverse occasioni, anche negli ultimi mesi, le informative che venivano consegnate al tribunale di sorveglianza di Palermo per la proroga del 41bis di alcuni detenuti, facevano riferimento al “pericolo di rapporti con l’organizzazione mafiosa in relazione alla latitanza di Provenzano Bernardo”, che invece è a sua volta detenuto da più di due anni”.
“Un’informativa di questo tipo non rientra in alcun modo nei parametri fissati dalla Corte costituzionale e purtroppo, in alcuni casi – secondo il legale – prima di rinnovare il 41bis capita che l’amministrazione penitenziaria trasferisca il detenuto in carceri dove il tribunale di sorveglianza è meno attento nella valutazione delle prove”.
“Ecco perché – dice Giunchedi – noi avvocati sosteniamo che un aumento dell’annullamento dei decreti di proroga del 41bis indica un aumento di legalità, se questi sono i presupposti per la proroga”.
Il professore infine ricorda che “la norma sul 41bis prevede anche la possibilità di registrare, in audio e video, tutti i colloqui con i familiari e qualsiasi incontro con altre persone all’interno del carcere dei detenuti sottoposti al regime speciale. In diversi casi sono gli stessi detenuti a chiederlo, proprio per dimostrare che nei loro comportamenti non c’è nulla che possa far pensare a rapporti con le organizzazioni criminali. Ma le registrazioni non vengono mai disposte”.
Anche in questo, come in molti altri casi italiani, sembra che si siano confuse le conseguenze con le cause: è scattato l’allarme per l’aumento dei provvedimenti di annullamento del 41bis. Se davvero questo è un problema (se cioè si ritiene che effettivamente sia l’unica misura utile a interrompere i contatti tra i boss detenuti e l’esterno), si dovrebbe migliorare la qualità degli accertamenti degli investigatori che devono dimostrare che i detenuti, attraverso i colloqui con i familiari e i contatti “liberi” all’interno del carcere, possono ancora avere contatti con i clan ai quali appartenevano. Se il carcere duro è diventato più difficile da applicare può voler dire due cose: serve meno di prima perché sono stati fatti passi avanti nella lotta contro la mafia, oppure non si riesce a dimostrare che serve ancora perché chi dovrebbe dimostrarlo si limita a compilare una sorta di prestampato sostenendo che Bernardo Provenzano è ancora latitante.

4 commenti:
Roberto Ormanni non accenna alla possibilità di una correzione di ordine normativo all’attuale disciplina del c.d. “carcere durio” di cui all’art. 41 bis Ordinamento penitenziario, allo scopo di evitare che i tribunali di sorveglianza, motivati dall’interpretazione che la Corte costituzionale ne ha dato, pur non cassando la norma del 41 bis quale incostituzionale, richiamando l’attenzione della magistratura di sorveglianza sulla necessità che i legami con l’organizzazione mafiosa di appartenenza sussistono nonostante lo stato di detenzione particolarmente attento, siano costretti a non prolugnare il decreto di applicazione a causa del richiamo vuote formule rituali.
Certo è che se risultasse accertata la perdurante sussistenza di legami criminali con le organizzazioni di stampo mafiosa, legittima è la critica che la norma in questione (41 bis) ha fallito il suo scopo, critica che viene sollevata dall’avvocatura dei mafiosi.
Tuttavia, questa critica mi appare speciosa e surrettizia, in quanto non la norma fallisce il suo obbiettivo, ma l’amministrazione penitenziaria ne fallisce la sua attuazione.
Lo strumento normativo è valido, l’organizzazione dello Stato che lo deve utilizzare presenta falle vistose.
Io credo che sia impossibile tagliare ogni via di comunicazione interno/esterno dei mafiosi del 41 bis, salvo a ripristinare il funzionamento di istituti penitenziari totalmente isolati dalla terraferma, come l’Asinara in Sardegna e Pianosa in Toscana.
Ne consegue che la pericolosità dei mafiosi debba considerarsi presunta dalla commissione dei gravissimi reati per i quali sono intervenute sentenze di condanna irrevocabili ad uno e/o più ergastoli.
La proposta. Occorre modificare l’art. 41 bis nel senso che la pericolosità sociale sia considerata presunta ‘ope legis’ e il venir meno di tale elemento debba essere provato da inequivoche condotte degli interessati, che dimostrino il taglio netto da parte degli stessi con l’organizzazione mafiosa di provenienza.
Per esempio, collaborando con la giustizia o dissociandosi in modo irreversibile.
Acutissime argomentazioni, Luigi ;-)
Madda
Mha,a me sembra una vera e autentica falsificazione,io ho avuto il benemerito di scrivere ai carcerati mafiosi pericolosi,carcere a vita e alle B.R.e di tutto cio',non ho mai avuto qualche problema,anzi erano anche pubblicizati bene nella loro singola stanzetta ove scrivevono i libri,miei vecchi amici e amiche di cui incredibilmente io ancora oggi ricordo e so,che la posta anche da persone che non conosce l'ha accettata,deve esserci anche qualche Polacco Pericoloso oltre che le B.R.
Con tutto il rispetto per le tue opinioni, cara Emanuela, tant'è vero che ho pubblicato il tuo commento, ma credo che tu non sappia bene di cosa parli.
Ti consiglierei di lasciar perdere questo tipo di corrispondenza, è come maneggiare nitroglicerina liquida, bisogna essere molto esperti.
Se proprio ti va di renderti utile per i detenuti, prova a chiedere di fare l'assistente volontaria lì dove abiti ed occupati dei detenuti comuni che sono molto meno scomodi.
E' solo un consiglio.
Ciao.
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