Prima di diventare governatore della Riserva Federale, Ben Bernanke era conosciuto tra gli economisti come 'helicopter Ben'. Si era guadagnato questo nomignolo per il modo peculiare con cui sosteneva che la liquidità dovesse essere immessa nel sistema economico nelle situazioni più estreme: con lanci di banconote da un elicottero. Anche se non ha usato l'elicottero, Bernanke si è dimostrato degno del suo nomignolo, immettendo enormi quantità di denaro nel sistema.
Dopo il salvataggio di Bear Stearns, Bernanke si è guadagnato il nomignolo di 'bailout Ben', per le sue convinzioni che gli intermediari finanziari debbano essere salvati ad ogni costo. Come scrissi lo scorso anno, l'altra faccia del 'bailout Ben' era quella di 'regulator Ben'.
Se le grosse istituzioni finanziarie sono troppo grandi per fallire, la conseguenza logica è che debbano essere fortemente regolamentate: senza rischio di fallimento e senza regolamentazione mancherebbero di qualsiasi forma di disciplina, con le conseguenze ormai note a tutti. Come era facilmente prevedibile, quest'altra faccia è apparsa dopo l'elezione di Obama.
Con un discorso al Council on Foreign Relations, Bernanke ha reso esplicita la sua posizione in materia. A questo punto la domanda non è più se ci sarà nuova regolamentazione, ma quale forma questa regolamentazione dovrà prendere e chi dovrà supervisionarla.
Sul primo punto la risposta è relativamente semplice. Per eliminare il rischio di insolvenza bancaria basta imparare da come le banche si comportano con i loro clienti. Quando un cliente prende a prestito dei soldi per investire in Borsa, la banca richiede un margine di garanzia (ad esempio il cliente deve investire almeno il 20 per cento del costo dell'operazione) e una soglia minima al di sotto della quale o il cliente versa capitale addizionale o la banca liquida la sua posizione, prima che il valore del titolo scenda al di sotto del valore del debito.
La stessa idea si può applicare alle banche. Il capitale di rischio altro non è che il loro margine di garanzia. Il problema è che oggi tale margine è stato pensato solo per proteggere i depositati. Se l'obiettivo è quello di proteggere anche tutte le controparti di una banca contro il rischio di insolvenza, il livello di questo capitale di rischio deve aumentare significativamente. Ma questo non basta. Per quanto ampio sia questo capitale di rischio, può essere rapidamente depauperato da forti perdite.
Per eliminare il rischio di insolvenza delle banche è necessario introdurre un meccanismo di intervento rapido, simile a quello che la banca adotta con i propri clienti. Siccome non è pensabile un meccanismo di liquidazione forzata, è necessario avere almeno un meccanismo di amministrazione controllata che scatta ogniqualvolta le banche scendono al di sotto di una soglia minima di capitale di rischio e non siano in grado di reintegrarlo rapidamente con un'emissione azionaria. In amministrazione controllata il top management della banca viene rimpiazzato e la banca viene gestita con lo scopo di reintegrare il capitale di rischio o di liquidare lentamente l'attivo per soddisfare in toto i creditori.
L'aspetto più complicato è a quale organismo dare questo potere, che corrisponde a un diritto di vita o di morte sulle banche. Bernanke e tutte le banche centrali lo vorrebbero avere loro. Ma la funzione di stabilità sistemica è distinta da quella di gestione della politica monetaria, e può entrare in conflitto con essa. Quando una banca centrale sta cercando di stimolare l'economia, l'ultima cosa che desidera è che una delle principali banche venga gestita in maniera prudenziale in un'amministrazione controllata. Questo trade-off tra rischio di recessione e rischio di crisi sistemica è essenzialmente politico e deve essere risolto in modo trasparente, non all'interno di una burocrazia non soggetta ad alcun controllo politico.
Pertanto, questo potere deve essere assegnato a una nuova authority, diversa dalla Fed, che abbia come obiettivo primario la stabilità sistemica. Tale authority dovrebbe poi negoziare i propri interventi con la Fed e l'autorità di controllo della Borsa, in un apposito comitato, che pubblichi i verbali delle proprie decisioni, garantendo l'opportuna trasparenza.
La Fed, come tutte le banche centrali, si opporrà con veemenza a questa soluzione, che vede come una riduzione del proprio potere. Ma, come disse Lord Acton, un famoso storico inglese, il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
(20 marzo 2009)
Dopo il salvataggio di Bear Stearns, Bernanke si è guadagnato il nomignolo di 'bailout Ben', per le sue convinzioni che gli intermediari finanziari debbano essere salvati ad ogni costo. Come scrissi lo scorso anno, l'altra faccia del 'bailout Ben' era quella di 'regulator Ben'.
Se le grosse istituzioni finanziarie sono troppo grandi per fallire, la conseguenza logica è che debbano essere fortemente regolamentate: senza rischio di fallimento e senza regolamentazione mancherebbero di qualsiasi forma di disciplina, con le conseguenze ormai note a tutti. Come era facilmente prevedibile, quest'altra faccia è apparsa dopo l'elezione di Obama.
Con un discorso al Council on Foreign Relations, Bernanke ha reso esplicita la sua posizione in materia. A questo punto la domanda non è più se ci sarà nuova regolamentazione, ma quale forma questa regolamentazione dovrà prendere e chi dovrà supervisionarla.
Sul primo punto la risposta è relativamente semplice. Per eliminare il rischio di insolvenza bancaria basta imparare da come le banche si comportano con i loro clienti. Quando un cliente prende a prestito dei soldi per investire in Borsa, la banca richiede un margine di garanzia (ad esempio il cliente deve investire almeno il 20 per cento del costo dell'operazione) e una soglia minima al di sotto della quale o il cliente versa capitale addizionale o la banca liquida la sua posizione, prima che il valore del titolo scenda al di sotto del valore del debito.
La stessa idea si può applicare alle banche. Il capitale di rischio altro non è che il loro margine di garanzia. Il problema è che oggi tale margine è stato pensato solo per proteggere i depositati. Se l'obiettivo è quello di proteggere anche tutte le controparti di una banca contro il rischio di insolvenza, il livello di questo capitale di rischio deve aumentare significativamente. Ma questo non basta. Per quanto ampio sia questo capitale di rischio, può essere rapidamente depauperato da forti perdite.
Per eliminare il rischio di insolvenza delle banche è necessario introdurre un meccanismo di intervento rapido, simile a quello che la banca adotta con i propri clienti. Siccome non è pensabile un meccanismo di liquidazione forzata, è necessario avere almeno un meccanismo di amministrazione controllata che scatta ogniqualvolta le banche scendono al di sotto di una soglia minima di capitale di rischio e non siano in grado di reintegrarlo rapidamente con un'emissione azionaria. In amministrazione controllata il top management della banca viene rimpiazzato e la banca viene gestita con lo scopo di reintegrare il capitale di rischio o di liquidare lentamente l'attivo per soddisfare in toto i creditori.
L'aspetto più complicato è a quale organismo dare questo potere, che corrisponde a un diritto di vita o di morte sulle banche. Bernanke e tutte le banche centrali lo vorrebbero avere loro. Ma la funzione di stabilità sistemica è distinta da quella di gestione della politica monetaria, e può entrare in conflitto con essa. Quando una banca centrale sta cercando di stimolare l'economia, l'ultima cosa che desidera è che una delle principali banche venga gestita in maniera prudenziale in un'amministrazione controllata. Questo trade-off tra rischio di recessione e rischio di crisi sistemica è essenzialmente politico e deve essere risolto in modo trasparente, non all'interno di una burocrazia non soggetta ad alcun controllo politico.
Pertanto, questo potere deve essere assegnato a una nuova authority, diversa dalla Fed, che abbia come obiettivo primario la stabilità sistemica. Tale authority dovrebbe poi negoziare i propri interventi con la Fed e l'autorità di controllo della Borsa, in un apposito comitato, che pubblichi i verbali delle proprie decisioni, garantendo l'opportuna trasparenza.
La Fed, come tutte le banche centrali, si opporrà con veemenza a questa soluzione, che vede come una riduzione del proprio potere. Ma, come disse Lord Acton, un famoso storico inglese, il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
(20 marzo 2009)
Nessun commento:
Posta un commento