di Marco Lillo
Mara Carfagna ha comprato uno splendido appartamento a due passi da Fontana di Trevi. Da quando si è sparsa la voce, soprattutto tra i colleghi del Pdl, fioriscono i pettegolezzi. “Il fatto quotidiano” è andato a verificare carte alla mano cosa c’è di vero. Scoprendo che Mara Carfagna ha comprato effettivamente un appartamento che sul mercato vale molto di più del prezzo dichiarato nel suo atto. Una strana vendita a un prezzo sottocosto rispetto a quello pagato per l’acquisto e inferiore a quello offerto, anni prima, da altri potenziali acquirenti. Ma partiamo dal Catasto. Dalle visure risulta che Mara Carfagna ha acquistato un appartamento di 7,5 vani a pochi metri dal suo ufficio al ministero. Si tratta di un quinto piano in un palazzo nobile, con affaccio su via della Stamperia, vicino al Quirinale che fino al 2001 era di proprietà di una società di Berlusconi, la Edilnord.
Il Cavaliere però non c’entra. Il ministro più apprezzato da Silvio ha comprato molti anni dopo la vendita da parte delfratello del premier, Paolo Berlusconi. L’appartamento misura circa 160 metri quadrati e fa parte di uno stabile che rappresentava uno dei gioielli del portafoglio Edilnord, venduto alla Pirelli di Tronchetti Provera, nel 2001. La Pirelli, a sua volta, lo conferì in una società del gruppo Aedes (la Dixia Spa) nella quale ottenne una quota di minoranza. Dixia nel 2005 mette in vendita lo stabile a un buon prezzo. Una società immobiliare salernitana con buoni agganci a Roma si accaparra due appartamenti. Si chiama Promozione e Sviluppo ed è controllata da un avvocato, Mario Santocchio, che è stato candidato al consiglio regionale campano con Forza Italia nel 2000 e che oggi è assessore del Pdl nel comune di Scafati. Santocchio compra nel dicembre del 2005 e sgancia 1 milione e 728 mila euro per due case: l’appartamento che poi sarà del ministro Carfagna e un altro più piccolo, che si trova al civico accanto. Nell’atto i prezzi sono distinti chiaramente. La futura casa di Mara Carfagna costa un milione e 92 mila euro: 910 mila euro più Iva.
Santocchio compra bene e realizza subito. Sul portone appare il cartello vendesi. Si fanno avanti i compratori. Il primo è Luciano Onder, il giornalista della RAI che conduce le trasmissioni più autorevoli in campo sanitario racconta: “Tentai di comprare perché era molto bello: tre grandi stanze affacciate su via della Stamperia, verso il Quirinale, altre due sul cortile. Era luminoso, anche se le stanze erano sghembe e bisognava eseguire una profonda ristrutturazione”, ricorda Onder, “trattavamo sul prezzo quando a un certo punto il venditore mi disse che si era presentato un magistrato che offriva di più e avrebbe comprato a 1 milione e 100 mila”. “Il Fatto Quotidiano” ha rintracciato il magistrato. Si è occupato di indagini di mafia e vive sotto scorta e chiede l’anonimato. A “Il Fatto Quotidiano” racconta: “Sì ho visto quell’appartamento con mia moglie. Abbiamo trattato a lungo ma non siamo riusciti a comprarlo. Avevamo offerto 1 milione e 200 mila euro ed eravamo disposti a salire ancora ma ci hanno detto che avrebbero venduto a un’altra persona a 1 milione e 320 mila euro. Eravamo nell’ultimo scorcio del 2006”.
Poco dopo, il 15 dicembre del 2006 Santocchio vende a una famiglia di gioiellieri salernitani, i Troncone. Nell’atto i contraenti indicano un prezzo più basso, molto più basso di quello trattato dal magistrato e da Onder. Addirittura più basso di quello d’acquisto. Santocchio vende a 850 mila più Iva quello che aveva comprato a 910 mila più Iva. “L’appartamento non era in ottime condizioni e accettai di vendere a un prezzo più basso”, dice Santocchio oggi, negando i ricordi di Onder e del pm: “Non hanno documenti per riscontrare le loro parole. Se avessi avuto un’offerta a 1,2 milioni avrei venduto. Il prezzo è quello dichiarato”. Passano ancora due anni e l’appartamento torna in vendita. Sul mercato vale almeno un milione e mezzo. Santocchio propone l’affare a Mara Carfagna, che conosce, essendo sua concittadina e compagna di partito.
Nel palazzo si dice che l’appartamento era in vendita a 1 milione e 700 mila euro, prima che lo comprasse il ministro. Se avesse davvero sborsato quella cifra, la mannaia dell’aliquota del venti per cento avrebbe portato via ai Troncone un quinto del guadagno: 150 mila euro di tasse. Ma non è andata così. La famiglia Troncone di Salerno si è accontentata di 930 mila euro. Molto meno di quello che avrebbero pagato volentieri il giornalista e il pm due anni prima. il 18 febbraio 2009 davanti al notaio D’Aquino, il padre del ministro, Salvatore Carfagna, e il padre della venditrice, Aniello Troncone, dichiarano che il prezzo di vendita è 930 mila. Circa 450 mila euro sono pagati accollandosi il mutuo a tasso fisso, (per una rata di circa 4 mila euro al mese) mentre il resto è versato mediante assegni tratti sulla Banca della Campana. Dove ha preso i soldi il ministro? Circa 200 mila euro vengono dalla vendita di un monolocale che aveva comprato a Roma quando era un’attrice alle prime armi. Escludendo i 450 mila euro del mutuo, e considerando i 200 mila euro che presumibilmente serviranno per la ristrutturazione, Mara Carfagna ha avuto a disposizione circa mezzo milione cash.
Non c’è da stupirsi troppo. Mara Carfagna è parlamentare dal 2006. Il suo stipendio lordo supera i 140 mila euro e quello netto ammonta a 90 mila euro circa. Mentre, quando era una stellina dello spettacolo, almeno stando alla dichiarazione presentata nel 2005, guadagnava poco di più. Il mezzo milione che sembra una cifra notevole ai comuni mortali, per lei non è una somma irraggiungibile. Cosa diversa sarebbe stata se avesse pagato davvero 1 milione e settecento mila euro. In quel caso, mancherebbe un milione di euro all’appello. Alla fine, insomma, la domanda che rimane sul tavolo è questa: il prezzo dichiarato nell’atto, 930 mila euro, è quello reale di acquisto? A “Il Fatto Quotidiano” il ministro replica: “Si è occupato di tutto mio padre. Non conosco i dettagli di quella compravendita. Ma certamente sarà stato fatto tutto nella legalità e nella trasparenza”.
Al termine di questa inchiesta si possono formulare tre ipotesi.
La prima è che il venditore non sopporta le toghe e i giornalisti e ha preferito vendere sotto costo a un ministro.
La seconda è che la crisi si sia abbattuta con forza solo sul quinto piano del palazzo in questione, risparmiando il resto del centro di Roma.
L’ultima spiegazione, che però riportiamo solo come ipotesi di scuola, quasi per assurdo, è che il ministro, o meglio il padre, abbia dichiarato un prezzo di vendita simile a quello di acquisto e diverso a quello reale solo per evitare al venditore di pagare le tasse sulla plusvalenza.