Ognuno di noi ha il suo incubo, il sogno che si ripete uguale a se stesso per tutta la vita. Silvio Berlusconi di incubi ne ha due. Il primo lo chiameremo l'incubo 1994, il secondo l'incubo 2004. Il primo si presenta sempre vestito della toga di un magistrato, il secondo ha sempre il volto di Giulio Tremonti.
L'incubo 1994 è una condanna penale. Ma mentre allora, agli albori della carriera politica di Berlusconi, a colpirlo fu soltanto un avviso di garanzia, stavolta è vicino a una condanna come non mai.
La sentenza del processo di appello che ha confermato la pena a quattro anni e mezzo di reclusione per l'avvocato inglese con l'imputazione di corruzione in atti giudiziari è infatti un antipasto logico della condanna che aspetta Berlusconi quando il «suo» processo Mills arriverà a sentenza. I giudici hanno infatti deciso, ormai già due volte, che Mills ha ricevuto 600mila dollari da Berlusconi per essere un testimone reticente.
Logica vorrebbe infatti che, condannato il corrotto, si condanni anche il corruttore. Ma il collegio giudicante sarà un altro e il processo ricomincerà daccapo. Berlusconi combatterà come un leone per evitare la condanna o almeno per far scattare i termini di prescrizione. Una nuova leggina per aiutarlo è possibile. In ogni caso, il 3 novembre riprende anche un altro processo contro il premier, sbloccato dalla caduta del Lodo Alfano, in cui è accusato di appropriazione indebita per una storia di diritti televisivi. Quest'ultimo dovrebbe arrivare a sentenza in ogni caso prima della scadenza dei termini, nuove leggi ad personam permettendo. Nel caso del processo Mills poi i giudici, se mai arrivassero a sentenza, potrebbero comminare anche la pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici.
Lasciamo stare chi ha ragione, se Berlusconi che accusa le toghe rosse o i magistrati che lo processano: i processi si fanno nelle aule e non sui giornali. Ma il fatto politico rilevante è che entro questa legislatura il premier potrebbe avere una condanna in un processo penale, ed è esattamente per questo che non è affatto detto che questa legislatura giunga fino alla fine.
L'incubo 2004 è invece il rischio di ripetere sotto forma di farsa la tragedia politica che funestò la precedente legislatura di Silvio Berlusconi, quella che cominciò nel 2001 e si concluse nel 2006 con la sua sconfitta elettorale, seppur di misura. I paralleli tra quella tempesta, che vide Tremonti nell'occhio del ciclone, e questa, sono impressionanti. Anche lì si era alla vigilia di elezioni regionali, anche lì si trattava di decidere se spendere oppure no e soprattutto dove, se tagliare le tasse o pensare al bilancio, anche lì Fini era contro Tremonti e Bossi dalla parte di Tremonti. E, quel che è peggio, allora, nel 2004, non bastarono nemmeno le dimissioni del ministro, o meglio il suo licenziamento per incompatibilità ambientale, per mettere fine alla disgregazione progressiva ma inarrestabile del centrodestra. Le dimissioni di Tremonti furono precedute e seguite da una crisi politica strisciante ma infinita, una verifica continua, una paralisi dell'azione del governo che ne esaurì la spinta propulsiva e la portò in condizioni agonizzanti al voto.
Stavolta, invece che con le dimissioni di Tremonti pare finisca alla democristiana. Indovinate un po'? Con una cabina di regia. Una specie di patto di consultazione tra il premier e un suo ministro che non ha precedenti nemmeno nei bizantismi più arditi della Prima Repubblica. Faranno un pre-consiglio loro due, prima del Consiglio dei ministri? Chiameranno Bossi al telefono per sapere che fare dell'economia del Paese?
Mah. In ogni caso, tutti questi accorgimenti diplomatici, non risolvendo nessuno dei problemi politici aperti nel governo, non riusciranno nemmeno ad evitare che la crisi, anche stavolta strisciante, continui. Più che curare gli interessi personali e gli ego ipertrofici suoi e di molti dei suoi ministri, Berlusconi dovrebbe decidere che fare per rimettere in moto l'economia. Tagliare le tasse? Spendere per investimenti? Tenere i cordoni della borsa chiusi per salvare i conti? Questo dovrebbe fare un premier. La cabina di regia è l'anticamera del 2004. Se aggiungete anche il riproporsi giudiziario dello scenario 1994, capirete perché a Berlusconi è venuta la scarlattina.
L'incubo 1994 è una condanna penale. Ma mentre allora, agli albori della carriera politica di Berlusconi, a colpirlo fu soltanto un avviso di garanzia, stavolta è vicino a una condanna come non mai.
La sentenza del processo di appello che ha confermato la pena a quattro anni e mezzo di reclusione per l'avvocato inglese con l'imputazione di corruzione in atti giudiziari è infatti un antipasto logico della condanna che aspetta Berlusconi quando il «suo» processo Mills arriverà a sentenza. I giudici hanno infatti deciso, ormai già due volte, che Mills ha ricevuto 600mila dollari da Berlusconi per essere un testimone reticente.
Logica vorrebbe infatti che, condannato il corrotto, si condanni anche il corruttore. Ma il collegio giudicante sarà un altro e il processo ricomincerà daccapo. Berlusconi combatterà come un leone per evitare la condanna o almeno per far scattare i termini di prescrizione. Una nuova leggina per aiutarlo è possibile. In ogni caso, il 3 novembre riprende anche un altro processo contro il premier, sbloccato dalla caduta del Lodo Alfano, in cui è accusato di appropriazione indebita per una storia di diritti televisivi. Quest'ultimo dovrebbe arrivare a sentenza in ogni caso prima della scadenza dei termini, nuove leggi ad personam permettendo. Nel caso del processo Mills poi i giudici, se mai arrivassero a sentenza, potrebbero comminare anche la pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici.
Lasciamo stare chi ha ragione, se Berlusconi che accusa le toghe rosse o i magistrati che lo processano: i processi si fanno nelle aule e non sui giornali. Ma il fatto politico rilevante è che entro questa legislatura il premier potrebbe avere una condanna in un processo penale, ed è esattamente per questo che non è affatto detto che questa legislatura giunga fino alla fine.
L'incubo 2004 è invece il rischio di ripetere sotto forma di farsa la tragedia politica che funestò la precedente legislatura di Silvio Berlusconi, quella che cominciò nel 2001 e si concluse nel 2006 con la sua sconfitta elettorale, seppur di misura. I paralleli tra quella tempesta, che vide Tremonti nell'occhio del ciclone, e questa, sono impressionanti. Anche lì si era alla vigilia di elezioni regionali, anche lì si trattava di decidere se spendere oppure no e soprattutto dove, se tagliare le tasse o pensare al bilancio, anche lì Fini era contro Tremonti e Bossi dalla parte di Tremonti. E, quel che è peggio, allora, nel 2004, non bastarono nemmeno le dimissioni del ministro, o meglio il suo licenziamento per incompatibilità ambientale, per mettere fine alla disgregazione progressiva ma inarrestabile del centrodestra. Le dimissioni di Tremonti furono precedute e seguite da una crisi politica strisciante ma infinita, una verifica continua, una paralisi dell'azione del governo che ne esaurì la spinta propulsiva e la portò in condizioni agonizzanti al voto.
Stavolta, invece che con le dimissioni di Tremonti pare finisca alla democristiana. Indovinate un po'? Con una cabina di regia. Una specie di patto di consultazione tra il premier e un suo ministro che non ha precedenti nemmeno nei bizantismi più arditi della Prima Repubblica. Faranno un pre-consiglio loro due, prima del Consiglio dei ministri? Chiameranno Bossi al telefono per sapere che fare dell'economia del Paese?
Mah. In ogni caso, tutti questi accorgimenti diplomatici, non risolvendo nessuno dei problemi politici aperti nel governo, non riusciranno nemmeno ad evitare che la crisi, anche stavolta strisciante, continui. Più che curare gli interessi personali e gli ego ipertrofici suoi e di molti dei suoi ministri, Berlusconi dovrebbe decidere che fare per rimettere in moto l'economia. Tagliare le tasse? Spendere per investimenti? Tenere i cordoni della borsa chiusi per salvare i conti? Questo dovrebbe fare un premier. La cabina di regia è l'anticamera del 2004. Se aggiungete anche il riproporsi giudiziario dello scenario 1994, capirete perché a Berlusconi è venuta la scarlattina.
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