mercoledì 28 ottobre 2009

Bersani. Al Corsera non piace, il Secolo lo invidia




L'invidia del Secolo, l'ostile freddezza del Corsera, la simpatia del Manifesto. La rassegna stampa dell'elezione di Pier Luigi Bersani alla segreteria del Partito democratico vale un trattatello di attualità politica. Suggerisce una volta di più che a destra sarà Gianfranco Fini il principale interlocutore del Pd bersaniano, specie sulle riforme. Racconta l'esultanza dei quotidiani della sinistra radicale, un'area che si sente di nuovo in partita dopo mesi di ostracismo e batoste. Conferma che a via Solferino non si crede più al rilancio dello scontro tra i poli degli ultimi quindici anni, neo-Ulivo da una parte e centrodestra berlusconiano dall'altra: non a caso il quotidiano di Ferruccio de Bortoli apre e garantisce massima copertura sui piani di scissione rutelliana e di riarticolazione del sistema dei partiti intorno a un nuovo e trasversale nucleo centrista. C'è poi la scissione di Europa da Rutelli e la prudenza di Repubblica, che esalta i tre milioni ai seggi delle primarie con una come al solito puntuale analisi di Ilvo Diamanti ma non si sbilancia troppo nel sostegno al neosegretario.

L'opa ostile del Corsera. Al Corriere, che sotto la direzione Mieli ha guardato con simpatia alla «nuova stagione» di Walter Veltroni (poi scaricato nella sua ultima fase dipietrista), non piace il nuovo corso democrat: lunedì il titolo del reportage di Maria Laura Rodotà presenta le file ai seggi delle primarie come un'adunata di pensionati (i celebrati tre milioni di votanti per Veltroni devono essere invecchiati di colpo).

«Bersani conquista il Pd», è invece il titolo d'apertura, lasciando intendere con la scelta del verbo che la vittoria dell'ex ministro abbia portato a compimento una sorta di opa ostile sul partito. Il cui azionista di riferimento è indicato in Massimo D'Alema, presentato ieri - grazie anche alle dichiarazioni di Parisi e Fassino - come il vero padrone del nuovo Pd e una zavorra per lo stesso Bersani. La scissione di Rutelli è narrata come l'embrione di un nuovo gruppo parlamentare («La squadra dei 25»), sebbene al momento non siano più di due o tre i deputati e senatori democrat certi di seguire la strada dell'ex sindaco di Roma.

È nato o non è nato? Nemmeno Europa, già organo ufficiale della Margherita, segue Rutelli. Il direttore Stefano Menichini si smarca così dall'ex leader di riferimento. «Appare difficile sostenere che rispetto alle primarie del 2007 ci sia stato un esodo di elettori causato dallo snaturamento del progetto originario. Quantomeno, occorrerà aspettare a vedere se di tale snaturamento si dovesse rendere responsabile la nuova leadership: per ora gli elettori sembrano continuare a credere che il Pd sia nato». A differenza, intende Menichini, di quanto suggerisce il sottotitolo del libro di Rutelli La svolta, ovvero Lettera a un partito mai nato.

Il Secolo «operaio». «Confessiamo di aver provato un po' di invidia, domenica sera, vedendo le code ai seggi», scrive il direttore Flavia Perina nell'editoriale del Secolo di ieri («Proviamoci anche noi...», è il titolo d'apertura), spiegando che il 25 ottobre segna «il punto zero di una seconda fase dell'opposizione che può contaminare positivamente anche le dinamiche del Pdl». Sarebbe folle - conclude Perina dopo aver bacchettato la sufficienza e il sarcasmo con cui parte del suo partito ha commentato la mobilitazione degli elettori democratici - «se non capissimo che l'asimmetria Pdl-Pd, fino a ieri a nostro esclusivo vantaggio, domani potrebbe non essere più così e il gap legato alla popolarità di Berlusconi compensato da una maggiore efficienza del partito». Copiose le dichiarazioni di esponenti ex An che vorrebbero importare il metodo gazebo per la scelta del leader. Celebrato anche l'esordio da segretario di Bersani, ovvero lo «stile operaio» del suo comizio «in piedi su una sedia in un'azienda tessile di Prato».

PierLenin. Non c'è solo la bonaria vignetta di Vauro ad aprire l'edizione del manifesto di ieri, ma anche la cauta apertura di credito di una firma storica come Loris Campetti: «Ora il Pd ha un segretario, un politico navigato a cui non fa schifo il riferimento alla socialdemocrazia e questa è una buona notizia. Chissà che il Pd e il suo leader non riescano finalmente a darsi una linea politica d'opposizione». Anche Dino Greco, su Liberazione, mostra qualche speranza ma con un fondo di maggiore scetticismo: «Bersani dovrà chiarire come si concilia la ribadita vocazione interclassista con l'auspicato radicamento sociale nel mondo del lavoro».

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