Dopo Shooting Silvio, Berardo Carboni ha realizzato un film sul potere rivoluzionario della Rete. Per il regista, che ieri alla Casa del Cinema di Roma ha presentato il primo lungometraggio di finzione su Second life, VolaVola, sarà ancora più difficile slegare il rapporto tra il suo cine-omicidio di Berlusconi e i gruppi che sulla Rete coagulano contro il Cavaliere un odio che potrebbe non restare solo virtuale.
In treno verso sud, il regista chiarisce alcuni punti politici al Riformista: oggi non rifarebbe Shooting Silvio, perché la situazione è peggiorata, la Rete è una grande opportunità di libertà ma rischia di finire imbrigliata in un nuovo populismo; per questo più che il Di Pietro “grillino”, è Bersani l'alternativa possibile a Berlusconi.
«Oggi non rifarei Shooting Silvio. Era un'opera molto legata alla realtà presente allora, tra il precedente governo Berlusconi e l'ultimo Prodi. C'era, all'epoca, un po' di speranza, volontà di cambiare... oggi la situazione è più cupa… è normale rifugiarsi in un altro mondo, virtuale».
VolaVola è il primo lungometraggio assoluto su Second life, mentre sul piano della narrazione letteraria, in Italia, ci sono già il libro di Gianluca Nicoletti, Le vostre miserie, il mio splendore (Mondadori), un bestiario narrativo su SL, e il reportage romanzesco di Francesco Longo Vita di Isaia Carter. Avater (Laterza). Il lungometraggio di Carboni è realizzato con la “machinema”, una telecamera interna al mondo di SL. Il risultato - frutto di 130mila euro di capitale privato - è un'animazione 3D, di fatto lo storyboard del film che sarà prodotto, a primavera, da Isabelle Arnaud e Cinesicilia, che gestisce aiuti europei per l'audiovisivo, mescolando la parte girata su SL e set normali. Tra gli attori, Alessandro Haber (già presente in Shooting Silvio) nei panni di un vecchio sporcaccione “redento” da una prostituta.
Il film è un'opera tecnologicamente pionieristica, per l'uso della “machinema”, la telecamera che si usa per filmare realtà virtuali come videogames e simulazioni varie. La première di VolaVola si terrà a Parigi il 2 novembre nell'ambito del festival Atopic e potrà contare su finanziamenti stranieri, tra cui l'americana Katell production, grazie all'originalità del progetto e alla notorietà “maledetta” di Carboni, autore di Shooting Silvio.
Il titolo del film ha ispirato, infatti, un infausto gruppo di Facebook che si chiama “Uccidiamo Berlusconi”. Ha migliaia di iscritti e ha suscitato clamore in patria e all'estero. Su Le Figaro del 22 ottobre, ad esempio, viene raccontato il fenomeno FB e messo in relazione al film di Carboni. Il quale ammette di aver goduto del clamore mediatico di quel primo titolo, vuole chiarire: «Mi hanno sorpreso davvero. Questa iniziativa su Facebook gioca su una assonanza linguistica, con Shooting Silvio, ma davvero non c'entrano nulla. Ci sono gruppi su Internet che sviluppano un odio verbale che non è condivisibile, sono preoccupanti soprattutto alcuni commenti che vengono inseriti, sono sorpreso che ci siano così tante persone che possono essere legate all’odio e alla violenza. Come è possibile che persone che dovrebbero essere aperte al futuro, grazie alla Rete, poi cadano in sentimenti così deleteri? Questo è un aspetto deleterio della Rete, e non riguarda solo Berlusconi, ma anche altri personaggi, altri temi. Penso alla pornografia libera che non ha alcun filtro reale per i minori».
Proprio in VolaVola, però, il personaggio più efficace, ambiguo, è quello del puttaniere interpretato da Haber. A fare i moralisti non si rischiano contraddizioni narrative? «Ma Haber piange sempre quando va a prostitute - risponde Carboni - e poi non escludo che da una vicenda anche depravata si possa ricavare qualcosa di buono... ma se ci riferiamo a scandali sessuali di persone pubbliche, di politici, non ci deve essere la stessa indulgenza, loro fanno da modello per le generazioni future... e poi la prostituzione sarà anche il mestiere più antico del mondo, ma non era mai stata così istituzionalizzata».
Il regista non arretra di un millimetro sulla scelta di un titolo, Shooting Silvio, che ha sovraeccitato gli animi. «“Shooting Silvio”, come espressione, è volutamente ambigua - sostiene - non si può perdere il senso strettamente filmico, “shooting” significa “girare”, non solo “sparare”. Shooting Silvio è un titolo volutamente provocatorio...». Carboni ammette che è stata una scelta mediatica: «Un regista al primo film deve esser forte, ha tempo per poi affinarsi. Aver fatto Shooting mi ha aiutato moltissimo, inutile negarlo, ma penso che all’estero e anche in Italia devono valutare la qualità artistica del film e non il suo contenuto ideologico». Qual è il suo contenuto ideologico? «Non penso che sia un film ideologico… penso sia un film che esprime uno sfogo d’animo, un senso d'impotenza, e in questo senso c'è la sua ideologia, nella difficoltà di trovare punti di riferimento solidi per chi non sta dalla parte di Berlusconi… non condivide il suo sistema di valori… c'è una parte importante dell'Italia, la mia generazione di trentenni ma non solo, che non si riconosce in questo leader, ed è rimasta orfana di un altro leader, di una alternativa».
Se gli si chiede quale sia, oggi, per i giovani orfani di Prodi l'alternativa anti-Silvio, Carboni boccia Di Pietro e punta su Bersani. «No, Di Pietro non lo considererei, politicamente… io non sono mai stato vicino a un partito, ma devo dire che le prime parole con cui si è insediato Bersani a capo del Pd mi sono piaciute. Quando ha detto che siamo un'alternativa, penso che esprima un pensiero trasversale, a sinistra, non solo per il Pd; quello di cui c’è bisogno è una alternativa, questo era il senso di Shooting, un senso di spaesamento per chi si trova di fronte a un pensiero unico che non condivide».
Peccato che Carboni si trovi a non condividere un sentimento di odio per Berlusconi che pure il suo film - tradito subito dalla pistola nella locandina - ha suscitato. E a proposito di affinamenti registici, il titolo Tirez sur le pianiste - Tirate sul pianista - di François Truffaut rimanda alla scritta sui pianoforte dei saloon del far west: «Don't shoot the piano player». I proprietari dei locali volevano difendere il musicista. Il riferimento era alle pallottole. Anche perché il cinema è arrivato dopo, anche se ha raccontato molto del far west. Tirate sul pianista - Shoot the pianist, in inglese - non è, semplicemente, un film su un pianista. Ma un gangster movie.
28 ottobre 2009
mercoledì 28 ottobre 2009
«Non rifarei “Shooting Silvio”»
di Luca Mastrantonio
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