La nuova mappa del Partito democratico, quando i dati non sono ancora ufficiali, assegna le bandierine di 13 segreterie regionali al leader Pierluigi Bersani. Al rivale Dario Franceschini una soltanto, quella del Friuli, dove trionfa Debora Serracchiani. Ma i giochi restano aperti almeno in sei regioni, alcune delle quali strategiche, nelle quali si andrà al ballottaggio perché nessuno dei candidati ha superato il 50 per cento delle preferenze: Lazio, Veneto, Sicilia, Trentino, Basilicata e Umbria.
Lì, la partita si chiuderà nelle assemblee regionali, dove i delegati di ciascuna mozione eleggeranno i rispettivi segretari. Su scala nazionale, tanto Bersani quanto Franceschini si sono impegnati a sottoscrivere il "lodo Scalfari", a rispettare cioè la volontà degli elettori emersa dalle primarie di domenica. Ma a livello regionale, precisa il responsabile organizzazione Maurizio Migliavacca "deciderà il territorio". Vuol dire che in quelle regioni saranno possibili accordi per eleggere un candidato piuttosto che un altro. E infatti, nel Lazio e in Sicilia, le grandi manovre sono già cominciate.
Nei pallottolieri locali non sono mancate le sorprese. Spicca l'insuccesso di Sergio Cofferati. L'ex sindaco di Bologna e segretario della Cgil, oggi eurodeputato, era in corsa in Liguria per Franceschini, ma si è fermato al 34,6 per cento, sconfitto dal bersaniano Lorenzo Basso (al 51). In compenso, Dario Franceschini la spunta in Friuli, dove strappa l'unica segreteria al "primo turno" grazie alla Serracchiani. La trentanovenne ormai ex avvocato di Udine si afferma col 51,6% si mette "fin da ora a disposizione del segretario nazionale" e depone una prima pietra sulla candidatura (ancora molto in là nel tempo, nel 2013) alla presidenza della Regione oggi in mano a Renzo Tondo (Pdl). Va anche detto che tra le tredici segreterie ascrivibili a Bersani, tre risultano candidati unitari, sostenuti cioè anche da Franceschini: Palmiro Ucchielli nelle Marche, Silvio Paolucci in Abruzzo e Raimondo Donzel in Valle d'Aosta.
Tra le regioni in cui si andrà al ballottaggio se i candidati non accetteranno il "lodo Scalfari", solo in Sicilia l'ha spuntata un franceschiniano. È Giuseppe Lupo, area Cisl, ha ottenuto il 40 per cento e già ieri ha incassato il sostegno per i ballottaggio del bersaniano Bernardo Mattarella (29 per cento). Lupo dovrà vedersela col senatore indipendente Giuseppe Lumia (al 31), che non intende rinunciare al "secondo turno". Ballottaggio anche nel Lazio, dove la partita però è complicata. Alessandro Mazzoli (Bersani) ha il 43 per cento, Roberto Morassut il 38 (Franceschini) e Ileana Argentin al 17 (Marino). Ma già ieri sera si profilava un accordo tra il secondo e il terzo in favore di Morassut. Ignazio Marino, forte del risultato nazionale, non ha intenzione di cedere e farà pesare i suoi delegati laddove saranno determinanti.
In Puglia, il bersaniano Sergio Blasi si è proclamato segretario, ma in serata gli avversari interni della commissione congresso contestavano il superamento della soglia del 50 (secondo è il sindaco di Bari Michele Emiliano al 30). Bersani la spunta in tutte le altre regioni, dalla sua Emilia (Stefano Bonaccini) alla Lombardia (Maurizio Martina), dal Piemonte (Gianfranco Morgando) alla Sardegna (Silvio Lai). Con picchi al Sud. In Calabria Carlo Guccione raggiunge il 75 per cento, in Campania Enzo Amendola al 70.
(27 ottobre 2009)
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