di GOFFREDO DE MARCHIS
Orditura Villanti, terzisti del tessile, periferia di Prato: è il primo giorno di Pierluigi Bersani segretario del Pd. È anche la fotografia del partito che vuole questo ex comunista emiliano piantato con le radici nella storia. "Né liquido né gassoso. Si deve dire Partito democratico e basta. Un partito che sta vicino alla gente normale. A tutti da ieri mattina dico: andiamo nei posti dove stanno le persone vere. I vecchi socialisti dicevano ai loro dirigenti appena eletti: tornate ai vostri posti di lavoro". Quando c'è, il lavoro. Qui a Prato, travolti dalla crisi, dalla concorrenza cinese, dalla globalizzazione, il posto fisso si perde in un attimo. A volte anche la vita. "Abbiamo avuto decine di suicidi tra i terzisti", racconta una signora al neosegretario.
Un dramma nascosto, che il governo dimentica. Il peggio è passato, dicono a Palazzo Chigi. Fabbriche, artigiani, operai, piccoli imprenditori, il brodo di coltura di Bersani sta tutto sotto il cemento di questo capannone.
"Il Paese ci mangia con questa roba", dice in perfetto bersanese indicando i telai. "E anche oggi un grande partito si costruisce da qui, magari salendo su una sedia. Come si faceva una volta". Applausi, quasi liberatori. Attorno al neosegretario si affollano i lavoratori, i titolari dell'azienda, i dirigenti locali. Una ressa paurosa di gente che si aggrappa all'ennesimo leader del centrosinistra. "Faremo un partito nuovo, non vecchio. Veramente democratico, come dimostrano le primarie, realizzando il dettato costituzionale". Associazione libera di uomini e donne. Senza fronzoli, senza troppa televisione. Che va al cuore dei problemi e fisicamente vicino ai problemi. "Darà un ruolo alle donne? Non lo so, credo proprio di sì. Sicuramente non mi accontento di simboli".
Così cambia il Pd, assicura Bersani. "Forza concreta, senza gli eccessi di una certa simbologia. Questa è la mia pedagogia politica. Se stai accanto a questa gente trasmetti energia, ricevi energia. Non esiste un partito senza truppe, noi dobbiamo recuperarle tutte. Se ti stacchi da loro finisci disorientato tu e finiscono disorientati loro". La sedia di plastica traballante invece del predellino, questo è il messaggio.
"Le primarie sono la risposta straordinaria di gente cocciuta e resistente che vuole contare. È la vera reazione al populismo berlusconiano, quello fatto di un popolo plaudente che unge il principe ogni cinque anni. Il nostro invece è un popolo di cittadini". Il partito sarà organizzato secondo uno schema che a dirlo appare semplicissimo. "Un primo cerchio, quello dei militanti, degli iscritti, più attivo e che avrà tutta la mia attenzione. Un secondo cerchio serve a tenere in piedi tutto questo, è fatto di elettori, della rete di associazioni, di Internet. Li chiameremo ancora ad esprimersi, non solo sul segretario. Sono un popolo bellissimo".
Bersani è un fiume in piena, al microfono le sue parole hanno anche una grinta che raramente ha mostrato in passato, sempre velata dall'abito ministeriale, ingabbiata nella competenza tecnica. Forse non diventerà un tribuno, ma ha alzato il volume.
Ha scelto Prato perché "sono figlio di artigiani" e perché ha avuto un'idea per l'esordio. "Dove li porto i tre milioni di cittadini che hanno votato ieri? Ecco, ho scelto una piccola impresa, il cuore della crisi". Il titolare della MG 94, altra azienda tessile, racconta appoggiato a un telaio: "Questa macchina è costata 80 milioni, oggi vale seimila euro. Tre committenti sono falliti quest'estate e non mi pagheranno mai. E io quando potrò andare in pensione? Quando muoio". Ora l'imprenditore ha gli occhi lucidi, Bersani se ne accorge, gli cinge le spalle, gli abbassa la testa e lo nasconde alle telecamere. Con i giornalisti si sprecano le parole sul futuro del Pd. "Franceschini? Troveremo un mestiere a tutti". "Rutelli se ne va? Abbiamo avuto una spinta straordinaria, nessuno può sottrarsi a una sfida tanto affascinante". "Il dialogo con la maggioranza? E' una parola malata, c'è il Parlamento per il confronto". "Le alleanze del Pd? Guardiamo a tutte le forze dell'opposizione". I pratesi chiedono altro. Una risposta alla crisi. Bersani non si tira indietro. "Il governo è una rosa con le spine. Deve usare il consenso per fare delle scelte, non cercare altro consenso con le sue decisioni. Ci vuole coraggio sennò uno chiude baracca e va a casa". Ci vorrebbe ora, domani una manovra contro la recessione. "Dare fiato alle imprese, mettendo i soldi direttamente nelle loro tasche, non in quelle delle banche". Come? "Per esempio chi ha fatto investimenti nell'anno orribile 2008 e non nel 2006 o nel 2007 avrebbe diritto a un credito d'imposta". Di questo si occupa un partito, delle cose vere. "I 3 milioni di domenica devono servirci a buttare giù il muro tra sistema politica, informazione e realtà". È il suo programma. È un'impresa.
(27 ottobre 2009)
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