"In questo Paese c'è ancora chi crede nella funzione della politica. È la terza volta che il nostro popolo è generoso con noi. Cerchiamo di non sprecarla. È stata scelta una persona e una linea politica e intorno a quella si deve costruire l'unità con il contributo di tutti".
Rosy Bindi, cosa vi ha chiesto il popolo delle primarie?
"Ci chiedono un partito vero che possano incontrare non solo quando li chiamiamo a votare. C'è una grande voglia di avere un partito che ridiventa interlocutore della società italiana. Credo che in questi anni sia stata la nostra carenza più grave".
Vuole dire che Berlusconi dilagava e voi non eravate in campo?
"Siamo mancati noi. La maggioranza ha fatto male la sua parte e noi non ci siamo stati, prima di tutto come alternativa culturale ai valori di questa destra e poi come alternativa di governo".
Resta il problema delle vostre anime che non riescono a fondersi.
"Bisogna avere un progetto politico forte, non debole, né leggero. Anche perché quando le anime diverse si incontrano devono confrontarsi nei loro valori più profondi, non limitarsi a rimanere in superficie. Le contraddizioni si affrontano, si fanno emergere e poi si cerca insieme con pazienza il punto di incontro. Per stare insieme servono democrazia partecipata e risposte ai problemi del Paese".
Siete ancora un partito a "vocazione maggioritaria", come diceva Veltroni?
"Se vocazione maggioritaria significa un partito che ha l'ambizione di parlare a tutti gli italiani e di non selezionare il target elettorale, noi siamo d'accordo. Ma la vocazione maggioritaria vuole dire solitudine? C'è il rischio di vocazione minoritaria, perché con il 26 per cento non riusciamo a diventare un'alternativa a Berlusconi. La maggioranza degli italiani non ha votato il Cavaliere e quindi un grande partito - proprio perché è a vocazione maggioritaria - deve fare a quella maggioranza una proposta e intorno a quella ritrovare altre formazioni politiche. Quindi mai più le alleanze eterogenee ma anche mai più la solitudine".
Quindi parlerete con Casini e anche con Di Pietro?
"Non possiamo non farlo, anche con la sinistra democratica: un'alternativa al centrodestra deve mettere insieme uno schieramento molto ampio, un centrosinistra di stampo ulivista, cioè sempre e comunque dentro il bipolarismo".
Il primo problema del Pd di Bersani sarà la tentazione di Rutelli di andarsene con Casini.
"In questi giorni Rutelli ci fa capire che sarebbe pronto a lasciare il Pd per andare a creare un polo moderato di centro che poi si dovrebbe alleare con il Pd. Voglio dire con chiarezza che noi non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare a parlare con quei ceti moderati dei quali Rutelli vorrebbe diventare interlocutore. Io penso che Rutelli potrebbe aiutarci a creare un partito ancora più plurale, ma semmai dovesse consumare il suo progetto sappia che non appalteremo a lui e a quella formazione il dialogo con i moderati e i ceti produttivi, men che meno con il mondo cattolico. Per intenderci io a Buttiglione non intendo consegnare il rapporto con il mondo cattolico".
Rinnovamento, questione morale. Per fare nomi: Bassolino, Loiero?
"Bersani può costruire un partito che affronti il rinnovamento e la questione morale, disponibile a fare un esame di coscienza e una verifica, magari a porte chiuse. La moralità della politica è un tema da cui non possiamo scappare".
Lei quale ruolo avrà nel nuovo Pd? Presidente, capogruppo?
"Se si ritiene giusto che io ricopra un ruolo, non mi tirerò indietro. Finora non se è parlato. La sede sarà l'assemblea del 7 novembre e comunque non farò mancare il mio contributo".
(27 ottobre 2009)
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