giovedì 15 ottobre 2009

Bindi: "Berlusconi lo deve capire. L'Italia non è a sua disposizione"


di ANNALISA CUZZOCREA


"Il presidente del Consiglio deve capire che l’Italia non è a sua disposizione". Rosy Bindi, ospite del videoforum di RepubblicaTv, è confortata dalle migliaia di firme arrivate sul sito Repubblica.it in sua difesa dopo le parole di Silvio Berlusconi a Porta a Porta. "Quest'appello -dice - dimostra che l’ indignazione delle donne si sta trasformando nella difesa non solo della loro dignità, ma della dignità della democrazia italiana".

Sul caso Binetti (la deputata che ha votato contro la legge sull'omofobia), la vicepresidente della Camera è chiara: "Non è il momento di espellere nessuno". E sulle regole delle primarie del Pd, nonostante il sì alla proposta Scalfari arrivato dal suo candidato, Pierluigi Bersani, sorprende: "Sono d’accordo con Marino, le regole non si cambiamo in corsa, ma non sarebbe possibile un accordo tra i due perdenti".

Cosa pensa di tutta questa solidarietà nei suoi confronti?
"Finalmente Berlusconi capirà che non solo le donne non sono a sua disposizione, ma che anche l’Italia - in qualche modo donna - non è a disposizione di chi vorrebbe che tutto lo fosse. Penso che quella nata con quest'appello sia una battaglia importante, e mi auguro che non si fermi qui. Le parole del presidente del Consiglio, che ha rifiutato di interloquire nel merito con la vicepresidente della Camera, con un esponente dell'opposizione, con una donna pensante, hanno chiaramente rivelato la sua idea di donna, riconducibile a un corpo desiderabile o meno. Noi quest'estate abbiamo scoperto che mentre una volta si corrompeva con il denaro, adesso si corrompe o si cerca di ingraziarsi il potere con il corpo delle donne. E a questo dobbiamo ribellarci".

E cosa pensa della mancata solidarietà delle donne del centrodestra?
"Mi ha sorpresa la motivazione che hanno offerto. Per loro non esiste una questione femminile, e questo dimostra la loro arretratezza culturale. Continuano a ignorare che la donna paga i prezzi più alti in una società dove aumentano le diseguaglianze, dove sono negate pari opportunità a tante persone. 'Nessuno ci ha difese quando siamo state offese dai giornali', dicono. Ma mettendo sullo stesso piano le parole del premier e quelle dei giornali sono loro che mancano di rispetto al presidente del Consiglio. Chi è al potere non può considerare la critica, e perfino l'offesa, qualcosa da respingere. Quando contro di noi hanno convocato una piazza, quando il direttore di Avvenire ha invitato ad andare in piazza San Giovanni per il Family Day contro il governo Prodi, noi avevamo organizzato una conferenza nazionale sulla famiglia. E in quel contesto abbiamo interloquito con quella piazza. Chi sta al governo considera il diritto di critica della società un aiuto fondamentale a svolgere la sua funzione".

Perché non si è candidata alla guida del Pd? Pare che anche a sinistra le donne non trovino spazio.
"Una volta ci ho provato, ho preso il 13 per cento. Stavolta voglio cercare di vincere il congresso. Chi vuole esprimermi consenso lo fa votando per Bersani. Indubbiamente il problema tra le donne e la politica e le donne e i partiti è vero, è reale. Noi abbiamo candidato ed eletto tante donne, le liste al congresso seguono l'alternanza uomo-donna, ma appena si arriva alle figure apicali, agli organi di vero governo, incominciamo a incontrare problemi. Invece credo che se ci fosse una grande alleanza tra politica e donne ci guadagnerebbe la vita democratica del Paese. Sono convinta che sia arrivato il momento per le donne di riappropriarsi della loro parola anche in politica".

Chi critica l'incontro tra Berlusconi e D'Alema teme che si vada in soccorso del premier in difficoltà...
"Non è certo D'Alema che legittima Berlusconi. Mi permetto di ricordare che il punto più basso di consenso di Berlusconi nel nostro Paese si è avuto nel discorso del predellino quando, nel lanciare il Popolo della Libertà, era stato lasciato solo da Fini e da Bossi. E chi è andato in suo soccorso in quel momento? E’ stato Walter Veltroni, scegliendolo come interlocutore per una riforma elettorale volta a rafforzare i due grandi partiti degli schieramenti avversi, magari a spese degli alleati. Per me quello è stato un grande errore. Non vedo invece nessuna legittimazione da parte di D'Alema. Che maggioranza e opposizione possano avere delle condizioni per un dialogo lo abbiamo sempre sostenuto noi. Se si dovesse aprire una stagione di riforme istituzionali noi dobbiamo pretendere di essere degli interlocutori del governo, altrimenti ci ritroveremo una modifica della carta costituzionale a colpi di maggioranza".

Aprire una stagione di confronto sulle riforme, non rischia di ridare ossigeno alla maggioranza?
"Non si tratta di una disponibilità a parlare con il centrodestra. Si tratta della nostra funzione di opposizione. La Costituzione è anche nostra, subiamo una violenza se la cambiano da soli. E se creeranno le condizioni per non farci collaborare, vinceremo il referendum un'altra volta, sarà il popolo italiano a vincerlo".

Paola Binetti deve essere espulsa?
"Paola Binetti ha sbagliato a votare una pregiudiziale di incostituzionalità che era a sua volta incostituzionale. Secondo quella pregiudiziale dovremmo negare che il razzismo deve essere perseguito. Sulle conseguenze di questo errore bisogna aprire una fase di riflessione seria in questo partito. Il Pd deve darsi delle regole che ancora non ha. Quello che ho visto scatenarsi ieri contro la Binetti però non l'ho visto quando ha votato contro il governo Prodi, che dal punto di vista della disciplina del partito è stato anche peggio. Perciò calma, ora siamo in fase congressuale, in questo momento non bisogna buttar fuori nessuno. Non ci sono neanche le regole per farlo".

Non sarà perché la Binetti ora dice di voler votare, come lei, per Bersani?
"Bersani è stato chiaro: 'Paola Binetti ha detto che mi vota, ma sappia che io voglio un partito che abbia delle regole. E quelle regole la Binetti le dovrà rispettare'".

Mancano regole, e anche disciplina. Le assenze sullo scudo fiscale, il pasticcio della commissione sulla Ru486, ora quello sull’omofobia. Che succede?
"Alla votazione sullo scudo fiscale mancavano venti di noi, ma nessuno poteva pensare che ne mancassero ottanta del centrodestra. Tengo a dire che noi stiamo registrando delle presenze nel nostro gruppo superiori a quelle del partito comunista. Poi è vero, la tattica parlamentare doveva accorgersene, il gruppo doveva lavorare meglio, non si mandano in missione parlamentari in Spagna quando si vota lo scudo fiscale. E la legge sull'omofobia dovevamo rimandarla in commissione, anche se la richiesta del Pdl era sospetta. E poi ricordiamolo: loro hanno votato la pregiudiziale dell'Udc, è stato il centrodestra ad affossare la legge. E si è spaccato molto più di noi su questo".

Veniamo alle regole delle primarie. La proposta Scalfari è stata accolta da Bersani e Franceschini, ma non da Marino.
"Abbiamo uno statuto che più complicato di così non si può. Nessuno lo capisce il nostro procedimento congressuale, ma a questo punto le regole ci sono e penso che Marino abbia ragione quando dice che non si cambiano in corsa. E’ evidente però che chi prende più di tutti, anche se non raggiunge la maggioranza più uno, sarà il segretario. Lo statuto non lo prevede, ma non è pensabile un accordo che capovolga in assemblea il risultato delle primarie. E alla fine chiunque sarà il segretario dovrà essere il segretario di tutti, e fare il segretario di tutti. Il partito deve restare unito, ma qualcuno vince, e si resta uniti intorno alla linea che vince".

E se il primo che arriva facesse il segretario, e il secondo il presidente?
"Se posso dire la mia, no. Il presidente deve essere una figura di garanzia. O rappresenta la maggioranza del partito, o è una figura terza, non può essere chi perde".

Romano Prodi?
"Romano Prodi lo vorrei ovunque ma per rispetto non lo candido a niente. Glielo abbiamo chiesto e richiesto, sarà lui a decidere".

Secondo lei, Francesco Rutelli cerca un pretesto per uscire dal Pd?
"Io mi auguro di no. Qualcuno ha detto: 'la Bindi lo vorrebbe fuori'. Non è vero. Lo vorrei dentro, lo avrei voluto dentro a questa campagna e non a presentare un libro e dire: 'Io sono pronto ad andarmene'. Francesco Rutelli è un combattente, l'ho sempre stimato, è stato il segretario del mio partito anche con il mio voto, penso che sia una di quelle persone che ha la cifra del democratico. Ma la politica non è un fatto di collocazione personale, è la condivisone di un progetto nel quale qualcuno porta il proprio pezzo. E’ faticoso qualche volta, ma io non ho mai cambiato casa perché credo al progetto".

C’è uno spazio al centro per un'area cattolica?
"No. Una funzione provvisoria la sta già esercitando l’Udc, ma non può che essere provvisoria. Casini vuole competere per la leadership del centrodestra, legittimamente, ma per farlo deve liberarsi di Berlusconi, e per farlo ha bisogno, provvisoriamente, di noi".

Nel futuro del Pd c’è l'Udc?
"Io sono convinta che si possa fare un 'comitato di liberazione nazionale' con l'Udc. Se Casini non fa un po' di alleanze con noi, Berlusconi a casa non ci va. Bisogna cominciare con le regionali là dove è possibile. Ma se l'Udc sta con noi in qualche regione, nelle altre dovrebbe decidere di andare da sola".

Perché secondo lei alle primarie del Pd bisogna votare Bersani?
"Perché noi dobbiamo costruire un grande partito di opposizione che abbia il profilo di un partito di governo, e Bersani alla Convenzione ha fatto il discorso più maturo, più inclusivo, più rassicurante e più ascoltato. Credo invece che Franceschini stia sbagliando a impostare la campagna congressuale in modo così duro, fronte contro fronte, con continue critiche e attacchi. Quando ci si candida a fare il segretario di un grande partito, non ci si candida contrapponendosi in maniera così forte. Ci si candida cercando di includere tutti".

(15 ottobre 2009)

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