giovedì 15 ottobre 2009

E il premier incontra D'Alema. "Dialoghiamo sul futuro del Paese"


di FRANCESCO BEI


In questo "tempo di ferro", come dice Giulio Tremonti, di scontri mortali, qualunque gesto che vada nella direzione opposta diventa significativo. Specie se a compierlo sono i rispettivi "campioni" del proprio schieramento: Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema, che da 15 anni continuano a combattersi e a studiarsi a fasi alterne. Ieri a villa Madama, dopo mesi di attacchi reciproci, i due si sono scambiati un gesto di pace e forse qualcosa di più.

La cornice è offerta dalla presentazione dell'alleanza fra Malpensa e Fiumicino, due aeroporti da sempre rivali che ora si accordano "per il bene dell'Italia". Tanto più che il presidente di Adr, Fabrizio Palenzona, dal palco ha confessato il suo "sogno nel cassetto", ovvero che "il governo, con l'aiuto della minoranza, almeno di quella responsabile, possa sbloccare questo benedetto paese". La metafora prende vita all'ora del buffet, quando il rompete le righe porta sia D'Alema che Berlusconi a passeggiare nei giardini disegnati da Raffaello, lontano da occhi indiscreti. Gianni Letta capisce che l'occasione è ghiotta e non se la lascia sfuggire. Si avvicina a D'Alema, confabulano pochi secondi, quindi prende l'esponente del Pd sottobraccio e lo porta dal Cavaliere.

Così, davanti agli occhi increduli dello stesso Palenzona, di Vito Riggio, Ugo Sposetti e Alessio Gorla, va in scena un cordialissimo scambio di battute fra i due nemici. "Sono qui - quasi si giustifica D'Alema - perché sulle cose importanti che riguardano il futuro del Paese, io ci sono". Il premier si mette subito sulla stessa lunghezza d'onda: "Ci vorrebbero più occasioni di trovarsi insieme nell'interesse del paese. Io lo dico sempre". Tocca quindi a D'Alema, con tono di scherzo: "Presidente, io però mi sento offeso. Perché il qui presente Palenzona ha detto, guardando me, che c'è una parte della minoranza "responsabile", lasciando intendere che il resto non lo sia. Invece non è così... siamo tutti responsabili". Berlusconi: "Il più felice sarei io, spero che di occasioni come questa ce ne siano altre". D'Alema non si tira indietro: "Io sono sempre pronto". Non è uno scambio di battute scontato tra due che se ne sono dette anche recentemente di tutti i colori.

E visto che, dal palco, Palenzona aveva omaggiato Gianni Letta paragonandolo all'acqua, "che ti accorgi di quanto vale solo quando viene a mancare", D'Alema ne approfitta per un riconoscimento al braccio destro del Cavaliere: "Se non sbaglio è Baudelaire a dire lo stesso dell'amore, però nel caso di Letta, anche se bravo, mi sembra un tantino esagerato". Berlusconi sta al gioco: "Ma lo sa, presidente D'Alema, la ragione per la quale io non ho mai imparato a usare Internet? Perché non ne ho bisogno, visto che qualunque cosa mi venga in mente la chiedo a Letta. Che, oltretutto, è anche più veloce". D'Alema guarda l'orologio e si congeda, tirandosi via anche il tesoriere dei Ds Ugo Sposetti: "Bene, se volete scusarmi... vado a prendermi un bicchiere di questa famosa acqua di Letta". L'incontro termina con una stretta di mano tra i due leader sotto gli occhi del sottosegretario, compiaciuto per l'operazione.

Berlusconi infatti, nel momento di massima difficoltà e isolamento politico, ha trovato una prima sponda nello schieramento avverso
. Anticipando anche il rivale Gianfranco Fini, che domani ha organizzato proprio con D'Alema, ad Asolo, un convegno delle fondazioni Farefuturo e Italianieuropei dedicato all'immigrazione. Proprio contro il presidente della Camera è montata ieri la rabbia del Cavaliere per "l'ennesimo distinguo" sul tema della giustizia. Berlusconi ha infatti preso come un affronto la difesa fatta da Fini dei pm indipendenti dall'esecutivo. "Quando mai - si è sfogato - io ho detto una cosa simile? Ho solo ricordato che in altri paesi sono sottoposti al governo, mentre noi vogliamo semplicemente separare le loro carriere da quelle dei giudici". Insomma, nell'incontro che avrà martedì con Fini, Berlusconi intende mettere in chiaro che, sulla giustizia, non ammetterà più distinguo. Anche perché, ricordano nell'entourage del premier, "le riforme che stiamo proponendo sono contenute nel programma del Pdl, che anche Fini ha sottoscritto". E se non dovesse essere d'accordo, "vorrà dire che voteremo negli organi di partito e poi ognuno dovrà adeguarsi".

(15 ottobre 2009)

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