Alla fine, più dei pm, poté Gianfranco Fini. E così la candidatura di Nicola Cosentino, coordinatore regionale del Pdl in Campania, sembra si sia infranta ieri su un muro invalicabile. Primo piano di Montecitorio, ufficio del presidente della Camera. Davanti a Fini siedono i tre coordinatori del partito, Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi, per discutere, appunto di candidature alle regionali. La partita infatti è ancora apertissima e i nomi che sembravano fatti - Berlusconi sabato scorso aveva dato il suo via libera a Cosentino dopo una lunga riunione con tutti i parlamentari campani - sono tornati a ballare.
È bastato infatti che Fini esprimesse le sue "serie perplessità" sul sottosegretario per i suoi presunti rapporti con il clan dei casalesi (quelli di Gomorra) perché i tre ufficiali del Pdl capissero che la sorte di Cosentino era segnata. Del resto, poche ore prima, un finiano come Fabio Granata, che è anche vicepresidente dell'Antimafia, aveva lanciato un altolà dal chiaro contenuto: Pdl e Pd "scelgano candidati al si sopra di ogni sospetto". Non proprio il profilo di Cosentino, il quale, vista l'aria che tira, ha capito che è giunto il momento di contrattaccare e ha denunciato "la campagna diffamatoria e violenta" che sarebbe in corso contro di lui. Cosentino si fa forte anche del sostegno del Cavaliere, il quale, dopo la riunione con i campani a palazzo Grazioli, avrebbe speso un argomento decisivo (ai suoi occhi) a favore del sottosegretario: "Ha il vantaggio di essere ricco di famiglia, è uno che si paga la campagna elettorale da solo".
Ma non c'è solo la Campania, visto che anche in Veneto resiste Galan contro il leghista Zaia. Si dice che Berlusconi abbia promesso a Bossi la regione, ma Ignazio La Russa, uscendo alla riunione con Fini, smentisce anche questa certezza: "Accordi non ce ne sono, altrimenti Berlusconi sarebbe andato da Fini dicendo di avere già chiuso un'intesa. Berlusconi tutto ci ha detto tranne di aver chiuso un accordo con Bossi per il Nord". E dunque torna tutto in ballo, con la novità che - a parte la Calabria e la Lombardia - sulle altre regioni si tornerà a delle "rose" di nomi, sulle quali "ai primi di novembre" dovrebbe esserci la selezione. E si parla di un incontro a tre - Berlusconi, Fini, Bossi - la prossima settimana per tentare di trovare un'intesa. Mentre il leghista Roberto Calderoli è salito ieri un'ora da Fini per parlare anche di "riforme costituzionali".
Intanto, intorno alla partita principale sulle regionali, si giocano altre battaglie e si sperimentano inedite alleanze trasversali. Come quella di La Russa e Bondi, che da qualche tempo (d'accordo con Frattini) avrebbero iniziato a prendere le distanze da Denis Verdini, rinfacciandogli di aver provato a piazzare alle regionali solo i suoi "amici".
Se ieri Fini ha posto il suo veto su Cosentino, è anche vero che dal presidente della Camera è arrivata un'apertura sul tema spinoso della riforma della par condicio televisiva, che tanto sta a cuore al Cavaliere. Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl (vicino a Claudio Scajola) è andato a discutere dell'operazione con Fini e non l'ha trovato contrario. Per far digerire al presidente della Camera la nuova par condicio, gli uomini del premier hanno alzato dal 10 al 20 per cento la quota di spazi riservati al "diritto di tribuna", inoltre resterebbe il divieto di spot a pagamento sulle emittenti nazionali. Ma Berlusconi guadagnerebbe la possibilità di spazi tv proporzionali al peso dei partiti.
L'area Fini non recede invece dalla battaglia culturale contro le posizioni del Carroccio in tema di immigrazione. Punta di lancia è la rivista Ffwebmagazine, emanazione della fondazione Farefuturo di Fini: "Concedere il voto agli immigrati regolari - si leggeva ieri sulla rivista - e rivedere la legge sulla cittadinanza non vuol dire "riempire l'Italia di clandestini". Le due cose sono tra loro semplicemente incomparabili, come sommare pere e mele".
(21 ottobre 2009)
Nessun commento:
Posta un commento