sabato 31 ottobre 2009

Il diritto alla verità dopo la pietà negata


di ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI


A 31 anni si è un uomo, è vero, ma ciò non toglie che si resti figlio. Essendo malato, a maggior ragione Stefano Cucchi era figlio. E se anche fosse stato uno spacciatore, un criminale, dunque, sempre figlio rimaneva.

Perciò ai suoi genitori non si può venire a dire — come fosse­ro estranei terzi, soltanto vaga­mente interessati alla sorte di quel ragazzo — che gli orribili li­vidi sul suo volto e sul suo cor­po erano stati provocati da una caduta dalle scale. Aveva diritto, la sua famiglia, qualunque cosa Stefano avesse fatto, di essere avvisata per poterlo visitare, per almeno vederlo, salutarlo, carez­zarlo prima che morisse. Aveva diritto che un figlio non venisse trattato come una qualsiasi pratica dimenticata.

Sono metodi da incivile e arre­trata dittatura questi, di cui non raramente leggiamo nelle crona­che internazionali, costernati e orripilati per il fatto che in qual­che Paese capita che un giovane sparisca un bel giorno in prigio­ne e venga tempo dopo restitui­to cadavere ai genitori. Ma subi­to dopo ci sentiamo sollevati e grati che questo succeda soltan­to altrove, a migliaia di chilome­tri di distanza, non nel nostro bel Paese civile.

E invece succe­de, è successo uguale, identico. L’unica differenza è, forse, che da noi i genitori di un ragazzo ar­restato, sparito e ricomparso co­me corpo orribilmente tumefat­to e senza vita, possono protesta­re e processare, chiedere giusti­zia e sperare di ottenerla.

Se pietà per la famiglia pri­ma non c’è stata, che ci sia alme­no adesso. Che la si rispetti, che la si compianga e che, soprattut­to, non la si riempia di bugie, perché, si sa, al dolore si ag­giungerebbe il dolore, oltre al­l’amarissima, infinita rabbia di chi ha patito un sopruso e un'in­giustizia in soprappiù. Che le si risparmino le storie di cadute accidentali giù per le scale, sen­tite già troppe volte da mariti maneschi, da mogli piegate, da mamme che hanno perso la ra­gione. Che si trovi il coraggio, insomma, di dirle cosa è succes­so a quel povero corpo da ecce homo.


31 ottobre 2009

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