domenica 25 ottobre 2009

Il ministro al premier «Non chiedo nulla ma difendo il rigore: non ha alternative»


Su una cosa si sono deci­samente trovati d’accordo: non è sta­to l’incontro della pace, quello decisi­vo in cui con una stretta di mano si chiudono le polemiche del passato e d’amore e d’accordo si apre una nuo­va fase. E non lo è stato, il faccia a fac­cia tra Giulio Tremonti e Silvio Berlu­sconi di oltre due ore che ha precedu­to un incontro a quattro tra il pre­mier, il ministro e i colleghi leghisti Bossi e Calderoli, perché ad oggi le po­sizioni dei due divergono su più pun­ti. E se saranno divergenze conciliabi­li, lo dirà solo il tempo, anche se per il momento sono escluse clamorose di­missioni del ministro. Anche perché — come lui stesso ama ripetere — le dimissioni «non si annunciano, si danno». Il fatto è che Tremonti, nel suo in­contro con Berlusconi, si è presentato con una linea molto chiara e altrettan­to indigesta a Berlusconi. Perché ha detto chiaro e tondo che la sua politi­ca economica fatta di rigore «non ha alternative», e non si cambia. E per­ché, a quanto raccontano nel Pdl, ma lui smentisce categoricamente di aver chiesto alcunché, si sarebbe parlato di una sua nomina a vice premier con delega all’Economia.

Un’ipotesi che cambierebbe completamente la strut­tura e l’equilibrio del governo sulla quale Berlusconi starebbe comunque sondando partito e alleati. In ogni caso il ministro è stato tetra­gono nella difesa del proprio operato e per niente disponibile ad aprirsi ai «suggerimenti» che arrivano — gli ha fatto presente il premier — da molti ministri, ma anche da gruppi di parla­mentari, dal Pdl intero, e «qualche ri­sposta dobbiamo darla, Giulio, non si può solo dire no, così non si può an­dare avanti, bisogna confrontarsi, ser­ve collegialità». Ma Tremonti conti­nua a non voler deflettere dalla sua li­nea di rigore perché, ha ribadito a mu­so duro al premier, l’Italia ha il primo debito pubblico in Europa e il terzo al mondo, la crisi è sì in via di conteni­mento e l’economia va meglio, ma il peso si è scaricato tutto sui bilanci pubblici, che hanno fatto da cassa di compensazione ma che ora sono in concorrenza tra loro.

Per questo, ha insistito il ministro, non ha senso che certi «dottor Strana­more » come l’ex ministro di An Ma­rio Baldassarri, in compagnia del «partito della spesa», compilino piani alternativi alla Finanziaria che preve­dono sgravi fiscali, e questo con il be­neplacito di Fini arrivato di fatto nel­l’intervista al Corriere della Sera : per Tremonti le tasse non si possono ab­bassare, e infatti — ha spiegato — non le abbassa nemmeno la Germa­nia che i 5 miliardi di sgravi li com­penserebbe con un aggravio della tas­sa di successione, o la Francia che sul taglio dall’ impôt professionnel avreb­be fatto marcia indietro. Insomma, pensare di diminuire l’Irap oggi non avrebbe senso per Tre­monti, non solo perché l’intera spesa sanitaria viene finanziata con quel bal­zello alle imprese, ma perché è basta­to evocare la possibilità di una ridu­zione dell’imposta per ricevere, ha ri­velato al premier, una lettera con ri­chiesta di chiarimenti dall’agenzia di rating Fitch. E quanto contino le valu­tazioni internazionali Tremonti lo ha ricordato a Berlusconi facendo­gli notare che la prossima settima­na c’è un’asta da 46 miliardi di Btp, e se lo spread sui nostri titoli aumente­rà, l’indebitamento salirà e di parec­chio. Dunque, stop a chi vuole spendere e spandere senza sapere che — si è sfogato il ministro — per una politica diversa l’Italia, che nella Ue è già stata messa in mora per sforamento del de­ficit, dovrebbe accordarsi con gli altri partner europei. La linea — è stata la sua conclusione — è obbligata. Per questo nessuno può permettersi di mettere ogni giorno in discussione in tivù o sui giornali l’operato del mini­stro che la porta avanti. E che chiede al suo premier una copertura visibile, se si crede in lui, se si conta su di lui.

Paola Di Caro
25 ottobre 2009

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