«È inutile che perdiamo tempo». Le utopie finiscono sempre male. Il calcio giudicato dalle donne era un’idea che piaceva. Siccome, per bieca definizione, non è uno sport per signorine, l’unica notizia che lo scorso gennaio scosse il torpore intorno all’avvio del processo a Luciano Moggi e ad altri 23 imputati fu questa. Un collegio tutto al femminile. Di più: tre magistrati che di pallone non sanno nulla, ma proprio nulla. Il presidente del Tribunale di Napoli Carlo Alemi non stava nella pelle per l’entusiasmo. «Come e più di ogni altra volta, difesa e accusa partono dallo 0-0. Il giudizio sarà sereno, senza sospetti di simpatie o antipatie sportive». Invece: «Inutile che perdiamo tempo ». La frase, pronunciata in aula lo scorso 10 luglio dalla presidente Teresa Casoria dovrà essere valutata dalla Corte d’Appello come eventuale prova della sua parzialità e del suo disinteresse per quella che venne chiamata Calciopoli. Dieci mesi e molto silenzio dopo, l’unica altra notizia emersa dal dibattimento che deve decidere sull’esistenza di una cupola in grado di condizionare i campionati è infatti una specie di Gronchi rosa del processo penale. Pochi giorni fa i magistrati dell’accusa hanno chiesto la ricusazione della dottoressa Casoria. In genere, queste sono cose da avvocati. Che lo faccia un pubblico ministero è cosa davvero rara. Anche perché il disconoscimento del valore fondante dell’imparzialità del tribunale non appartiene al Dna del magistrato. A Napoli, per dire, è accaduto solo due volte negli ultimi 40 anni. Leggendo le 8 pagine che compongono la richiesta fatta dai pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano pare di capire che il disinteresse per il calcio della presidente giochi un ruolo non secondario. «Ha manifestato indebitamente un orientamento che appare preconcetto e possiede inoltre il carattere del giudizio formatosi 'per partito preso', in assenza di verifiche serene ed obiettive». La faccenda può sembrare amena ma invece è terribilmente seria.
Si tratta del processo sullo scandalo che ha cambiato il mondo del calcio. Nella primavera del 2006 non si parlò d’altro, le sentenze sportive che decretarono la retrocessione della Juventus vennero seguite praticamente in diretta. L’episodio principale sarebbe accaduto durante l’udienza del 19 maggio 2009. Una specie di disvelamento, a parere dei pm. Teresa Casoria sta parlando con difesa e accusa per fissare le date del dibattimento. Ad un certo punto afferma: «Lo sapete che questo processo reca un intralcio alla sezione enorme. In effetti, ci sono anche delle cause serie che devono essere rinviate per dare spazio... più serie, dove ci sono gli imputati detenuti». Narducci e Capuano non hanno dubbi sul senso della frase. «Il Presidente del collegio ritiene che il cosiddetto calciopoli sia processo non 'serio' o comunque meno 'serio' di altri processi». E lo stesso, sostengono, vale per i reati oggetto dei dibattimento, ritenuti «poco seri o meno seri» di altri. Il 19 maggio l’accusa chiama a testimoniare Armando Carbone. Napoletano, 45 anni, già protagonista dello scandalo sul Totonero del 1986, è stato uno dei primi a indicare in Luciano Moggi il deus ex machina del calcio contemporaneo. Nel corso della sua deposizione, la dottoressa Casoria dice: «Più o meno abbiamo già inquadrato il personaggio». Secondo i pm, la frase «dal tenore letterale quasi dispregiativo », è un modo per sottolineare come il teste non sia ritenuto una persona «seria» e le sue dichiarazioni riferiscano «circostanze false, o non veritiere o non credibili». L’ultima nota dolente dei magistrati riguarda la querelle sulle parti civili. Lo scorso 24 marzo Casoria le escludeva dal processo. Il 10 luglio venivano riammesse dalla Cassazione. Quando Narducci esibisce il dispositivo della sentenza, il presidente del collegio taglia corto. «Va bene pubblico ministero, senza che ci dilunghiamo troppo... È inutile che perdiamo tempo».
L’ultima frase pare sia un intercalare frequente. E nell’udienza del 13 ottobre, mentre discute con il difensore di una parte civile, si sentono queste parole: «Non possiamo non rispettare, obtorto collo, la sentenza della Cassazione ». La locuzione latina fa traboccare il vaso. Per i magistrati quell’obtorto collo è ulteriore e definitivo segno del pregiudizio che il giudice nutre nei confronti dell’accusa. «Non appare più imparziale». Narducci e Capuano si convincono che non vi sia più margine. Ricusano. Se la Corte d’Appello darà loro ragione, si riparte da zero con un nuovo collegio ma la prescrizione che incombe per molti reati. In caso contrario, le prossime udienze si terranno in un clima surreale, dove magistrati convinti dell’inutilità dei loro sforzi stenteranno a salutare i giudici. Uomini contro donne. Così muore Calciopoli.
Marco Imarisio
25 ottobre 2009
Si tratta del processo sullo scandalo che ha cambiato il mondo del calcio. Nella primavera del 2006 non si parlò d’altro, le sentenze sportive che decretarono la retrocessione della Juventus vennero seguite praticamente in diretta. L’episodio principale sarebbe accaduto durante l’udienza del 19 maggio 2009. Una specie di disvelamento, a parere dei pm. Teresa Casoria sta parlando con difesa e accusa per fissare le date del dibattimento. Ad un certo punto afferma: «Lo sapete che questo processo reca un intralcio alla sezione enorme. In effetti, ci sono anche delle cause serie che devono essere rinviate per dare spazio... più serie, dove ci sono gli imputati detenuti». Narducci e Capuano non hanno dubbi sul senso della frase. «Il Presidente del collegio ritiene che il cosiddetto calciopoli sia processo non 'serio' o comunque meno 'serio' di altri processi». E lo stesso, sostengono, vale per i reati oggetto dei dibattimento, ritenuti «poco seri o meno seri» di altri. Il 19 maggio l’accusa chiama a testimoniare Armando Carbone. Napoletano, 45 anni, già protagonista dello scandalo sul Totonero del 1986, è stato uno dei primi a indicare in Luciano Moggi il deus ex machina del calcio contemporaneo. Nel corso della sua deposizione, la dottoressa Casoria dice: «Più o meno abbiamo già inquadrato il personaggio». Secondo i pm, la frase «dal tenore letterale quasi dispregiativo », è un modo per sottolineare come il teste non sia ritenuto una persona «seria» e le sue dichiarazioni riferiscano «circostanze false, o non veritiere o non credibili». L’ultima nota dolente dei magistrati riguarda la querelle sulle parti civili. Lo scorso 24 marzo Casoria le escludeva dal processo. Il 10 luglio venivano riammesse dalla Cassazione. Quando Narducci esibisce il dispositivo della sentenza, il presidente del collegio taglia corto. «Va bene pubblico ministero, senza che ci dilunghiamo troppo... È inutile che perdiamo tempo».
L’ultima frase pare sia un intercalare frequente. E nell’udienza del 13 ottobre, mentre discute con il difensore di una parte civile, si sentono queste parole: «Non possiamo non rispettare, obtorto collo, la sentenza della Cassazione ». La locuzione latina fa traboccare il vaso. Per i magistrati quell’obtorto collo è ulteriore e definitivo segno del pregiudizio che il giudice nutre nei confronti dell’accusa. «Non appare più imparziale». Narducci e Capuano si convincono che non vi sia più margine. Ricusano. Se la Corte d’Appello darà loro ragione, si riparte da zero con un nuovo collegio ma la prescrizione che incombe per molti reati. In caso contrario, le prossime udienze si terranno in un clima surreale, dove magistrati convinti dell’inutilità dei loro sforzi stenteranno a salutare i giudici. Uomini contro donne. Così muore Calciopoli.
Marco Imarisio
25 ottobre 2009
1 commento:
SARA' VERO CHE CIO' ACCADE PERCHE' NON NE CAPISCE DI CALCIO?
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