A Catania c’è un’inchiesta aperta sull’utilizzo dei fondi governativi stanziati per ripianare il deficit: i 140 milioni che arrivarono per espressa volontà di Berlusconi. Per l’attuale sindaco Raffaele Stancanelli è stata richiesta l’archiviazione. Ma da un’intercettazione telefonica che l’Unità è in grado di rivelare emerge come il premier abbia avuto un ruolo di “super-consulente” nella partita che ha destinato il denaro pubblico ad una città guidata, all’epoca del buco, da Scapagnini, caro amico e medico personale del Premier. Berlusconi, in sostanza, avrebbe consigliato quali voci mettere in elenco per evitare il fallimento del Comune: una lista fittizia di opere da finanziare e da vendere (beni invendibili) così da giustificare l’esborso straordinario di 140 milioni di euro a fronte di nessuna realizzazione concreta. Del caso si è occupata ieri sera anche la trasmissione di Milena Gabanelli, Report.
È il 18 settembre 2008. Il ragioniere del comune di Catania, Francesco Bruno, chiama il sindaco Raffaele Stancanelli. Dice il primo cittadino: «Rimanga tra me e lei. Mi ha telefonato Berlusconi in questo momento. Siamo in condizione di avere il valore del patrimonio che possiamo vendere?». Bruno risponde affermativamente. Il sindaco continua: «Quello che si può vendere, che loro acquistano subito, immediatamente e mi danno i soldi». «Ma loro acquistano?», chiede incredulo il ragioniere Bruno. «Non lo sappiamo chi. Vuole la scusa, sta aspettando la mia telefonata». Bruno non crede alle sue orecchie. «Il 90% sono dei beni indisponibili» – dice a Stancanelli. Che ribatte, perché ha avuto l’assicurazione del Premier: «Lui mi dice “tu mi devi dire in linea di massima”...». A quel punto Bruno si lascia andare: «Eh avvocato Stancanelli, un valore di massima ce lo inventiamo eh?...». Ecco, questa storia è un gioco di prestigio. I soldi di cui si parla però sono veri, sono tanti e sono pubblici. La vicenda è quella dei fondi per le aree sottoutilizzate elargiti lo scorsoanno alla città di Catania senza garanzie e solo per coprire i buchi di bilancio, in barba alla legge. Una storia a cui Report nel marzo scorso aveva già dedicato una lunga inchiesta condotta da Sigfrido Ranucci e Antonio Conderelli. Ieri la seconda parte del caso Catania.
LO SCANDALO
Un vero e proprio scandalo che, stando a quanto dice Stancanelli, nasce da un accordo tra il premier e il sindaco etneo. Con un preciso obiettivo: evitare il fallimento del comune per il dissesto finanziario creato dal precedente primo cittadino, Umberto Scapagnini, medico di fiducia di Berlusconi. Insomma una questione di immagine personale risolta con i soldi dello Stato. Da qui l’avvio di due inchieste, una per abuso d’ufficio e l’altra per il buco di bilancio. Per quest’ultima è stato chiesto il rinvio a giudizio dell’ex-sindaco Scapagnini e di diciotto tra assessori e burocrati. Tra le intercettazioni depositate nell’inchiesta c’è appunto quella che riportiamo: spiega in che modo nasce la cifra di 140 milioni. Tutto ha inizio proprio con la denuncia di Report dello scorso marzo. Si scopre infatti che per evitare la dichiarazione di fallimento il governo “consiglia” al comune di accedere ai fondi Fas, buttando giù una lista di opere che andrebbero finanziate. È una procedura che va contro il testo unico della legislazione degli enti locali, ma poco importa. La cifra da richiedere nasce da una stima dei beni del comune che però sono invendibili, una cifra quindi basata sul nulla. Pura finanza creativa. Ma il Cipe, comitato interministeriale per la programmazione economica, dieci giorni dopo la telefonata tra Berlusconi e Stancanelli vara con la delibera numero 92 il finanziamento di 140 milioni di euro. Sulla base di cosa? Di una lista di opere, dice il sindaco. Solo che - denuncia Report – quella lista è «una rappresentazione virtuale», la delibera numero 92 non la conosce nessuno, sul sito del Cipe si passa dalla 91 alla 93. Stanacanelli lo aveva “confessato” davanti le telecamere: «Abbiamo inventato un elenco di cose per avere 140 milioni... c’è stato un accordo». Appunto, quello che si evince dalla telefonata. La cifra che consente il finanziamento di 140 milioni sarebbe stata quindi “concordata” con il Presidente del consiglio che smette i suoi panni istituzionali per vestire quelli di superconsulente della città del suo medico personale. E compare dalla telefonata tra il sindaco e il ragioniere. Che dice: «Gli può sparare 100 milioni… sa qual è il patrimonio disponibile? E c’avemu? Quattru cose? Spari se vuole 100 milioni...». Ribatte Stancanelli: «Allora c’è un valore di 140 milioni ». È la cifra che viene riportata al governo, che con un decreto ad hoc li destina alla copertura dei disavanzi. Rimane ovviamente un mistero quali opere il Cipe avesse deciso di finanziare con questa montagna di denaro. Quella lista non è disponibile.
COMUNE FALLITO
Successivamente all’accordo il Premier consente che questi 140 milioni di euro possano essere usati a copertura delle spese correnti. A distanza di un anno i soldi non sono arrivati ma sono stati usati come garanzia per coprire i buchi del bilancio dell’amministrazione Scapagnini. Alle telecamere di Report l’attuale sindaco Stancanelli dice che va tutto bene, che la Corte dei Conti ha approvato l’operazione. Ma non è vero: l’organo di controllo economico ha sentenziato come questo tipo di operazione sia contraria al Tuel (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). I buchi di bilancio vanno coperti entro due anni, pena la dichiarazione del dissesto e le deroghe devono essere espressamente previste dalla legge. «Il governo – denuncia Report - non lo ha fatto e con quei soldi sono stati coperti i disavanzi del biennio 2003 – 2004». Il comune di Catania secondo la legge è già fallito ma nessuno lo dice. D’altronde in quella telefonata il sindaco lo aveva confidato al ragionier Bruno: «Rimanga tra di noi».
19 ottobre 2009
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