Leggono, ritagliano e incollano. Spulciano i giornali alla ricerca di notizie sullo loro cara Italia. A Lovanio, vicino Bruxelles, per la famiglia Caprioli raccogliere informazioni sul Bel Paese è un tenue collegamento agli affetti, alle origini. Sono ristoratori e acquistano i giornali italiani che vengono pubblicati. E, ultimamente, restano colpiti dalle dieci domande di Repubblica al Premier. Decidono, con materiali raccolti anche da Repubblica.it, di fare un bel collage. Per qualche mese i Caprioli continuano: leggono, ritagliano e incollano. Ed espongono. Sì, perchè alla finestra della cucina di casa loro (non del ristorante), sulla strada principale di Lovanio, in Belgio, sono incollati, ben visibili ai passanti, le dieci domande di Repubblica.
Ma "c'è un problema". La famiglia Caprioli abita nello stesso stabile del Consolato Italiano a Lovanio. E, un bel giorno, l'esercizio filologico familiare viene notato da un non meglio specificato senatore del Pdl che passa lì per caso. Apriti cielo. Se "farabutti" e "sovversivi" possono essere tollerati in patria, all'estero no: fuori dai confini non hanno diritto di cittadinanza.
"Martedì ho ricevuto una telefonata dal console onorario, Fabrizio di Gianni" dice a Repubblica.it Giuseppe Caprioli, il pater familias. "Il console mi dice che c'è un problema con quel collage, con le domande di Repubblica, e mi chiede di toglierle". Ma Giuseppe Caprioli non ci sta. Già diverse volte ha esposto dalla finestra della sua cucina ritagli di giornale su altri argomenti legati al nostro Paese e "non c'è mai stato nessun problema".
La storia non finisce lì. Il giorno dopo a Caprioli arriva la telefonata del console italiano a Bruxelles. "Una telefonata abbastanza dura, nella quale mi dice che non può tollerare che ci siano offese allo Stato italiano proprio nel palazzo del consolato e che arrivano molte sollecitazioni dal ministero degli Esteri". Ma Caprioli non demorde. "Quali offese? Le dieci domande di Repubblica non sono offese allo Stato, sono, appunto, dieci domade rivolte a Berlusconi". Le domande restano in bella mostra, "é una questione di principio".
Per il Console onorario a Lovanio, Fabrizio Di Gianni, è invece una questione di contiguità: "Dopo molte lettere e segnalazioni ricevute da cittadini italiani di passaggio, ho fatto notare con gentilezza a Caprioli che data la vicinanza tra l'ufficio del consolato e la sua abitazione, forse era meglio spostare il collage. Ma la libertà d'espressione della persona è intangibile". Di Gianni non nega che tra le segnalazioni ci sia stata anche quella di un senatore e aggiunge di aver fatto aggiungere nell'atrio un cartello in cui il consolato prende le distanze da qualunque collage appeso alle finestre circostanti: "La libertà dell'amico Caprioli è comunque intangibile" conclude.
E, infatti, Caprioli non demorde. Ma non demordono nemmeno gli altri. Iniziano ad arrivare telefonate, "pressioni da tutte le parti, amici che mi dicono di essere stati chiamati per intercedere". Ma non se ne parla, "la mia famiglia resiste". Le domande restano.
Giuseppe Caprioli si arma di codice civile, carta e penna e scrive al Console italiano. "Mica possono fare qualcosa. Mica possono far togliere con la forza i ritagli di giornale che ho incollato", e ancora: "La cucina è mia, mica del consolato onorario di Lovanio". Una resistenza suffragata dalle consuetudini della città belga. "Quì è quasi un'usanza. Tutti mettono alle loro finestre ritagli di giornale, poster e quant'altro". Libera finestra in libera Lovanio. Per questo Giuseppe continua a scrivere e a difendere la propria posizione. E si avvale dell'informatica e dei social network, Facebook innanzitutto. Crea un gruppo dove mette le foto della finestra della sua cucina, "Finestra non a disposizione", e scrive ai giornali.
"La nostra è una famiglia di onesti lavoratori che amano l'Italia e che si vergognano di essere rappresentati dall'attuale primo ministro". Una questione di principio. E dopotutto "può un presidente del Consiglio che ha tutto chiedere anche la finestra della nostra cucina?". No, non può.
(24 ottobre 2009)
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