di Giuseppe Giustolisi
L’avvocato Beppe Arnone non ci sta e rilancia. Due mesi fa Arnone, consigliere comunale del Pd ad Agrigento e una delle figure storiche del centrosinistra siciliano, protagonista di tante battaglie antimafia, è stato messo fuori dal partito per decisione della Commissione regionale di garanzia e s’è rivolto al Tribunale civile di Agrigento per chiedere un provvedimento d’urgenza contro l’espulsione. Cosa che la dice lunga sullo stato del Pd siciliano, dove, se ci si vuole impegnare su certi fronti e contemporaneamente tener stretta la tessera, bisogna fare ricorso alle carte bollate. La vicenda ha inizio il 30 luglio 2009, quando la Commissione regionale di garanzia “straccia” la tessera di Beppe Arnone, accusandolo di aver violato la norma dello Statuto che non consente l’iscrizione ad un altro partito. “Ma quando mai?”, obietta il povero Arnone, “Io mi sono solo presentato con una mia lista alle elezioni per il Presidente della Provincia di Agrigento del 2008, in contrapposizione al candidato ufficiale e specificando che per il Consiglio gli elettori avrebbero dovuto votare Pd”. S’è trattato dunque di un fatto episodico che nulla c’entra con l’iscrizione ad un altro partito. Ma lo stato maggiore del Pd non ha voluto sentire ragioni e lo ha cacciato via. Prima di rivolgersi ai giudici, Arnone ha tentato la strada del ricorso interno, contestando al partito l’anomalia di un provvedimento preso in assenza di contraddittorio. Ma tra un rinvio e l’altro, dovuto all’assenza ora di uno, ora di un altro dei componenti, la Commissione di garanzia non s’è finora riunita per esaminare il caso. E intanto s’avvicina il 12 ottobre, termine ultimo per la presentazione delle liste per le primarie Pd, alle quali Arnone vorrebbe partecipare, a sostegno di Dario Franceschini. Se poi qualcuno sospettasse che tutta la querelle potrebbe anche essere legata all’attivismo antimafia dell’avvocato agrigentino, non farebbe peccato. Del resto è lo stesso legale di Arnone che non manca di sottolinearlo nel ricorso presentato in Tribunale, scrivendo di lui: “Da un lato ha mostrato una notevolissima e comprovata capacità di consenso e dall’altro si è intestato all’interno del Partito battaglie assai incisive, sollecitando lo scorso anno l’estromissione dalle liste elettorali del Partito per il Parlamento nazionale degli onorevoli Vladimiro Crisafulli e Angelo Capodicasa”. Ma perché? Secondo il ricorso, il primo era responsabile dello scandaloso rapporto con il capomafia di Enna Bevilacqua, intercettato da una videocamera della Polizia mentre era a colloquio con il Crisafulli in un albergo di Enna a discutere di appalti e assunzioni. L’Autorità Giudiziaria archiviò la posizione di Crisafulli ritenendo che lo scandaloso colloquio fosse ancora troppo embrionale per integrare gli “atti univoci diretti a…” che nel nostro Codice configurano il tentativo del delitto anche di concorso in associazione mafiosa. Ma, si legge ancora nel ricorso, “detta archiviazione, non toglieva una virgola alla gravità etica e politica dell’operato del Crisafulli che, per tali ragioni, non andava ricandidato. Al Capodicasa veniva invece attribuita la solare responsabilità nella sfacciata copertura politica fornita dal medesimo e dagli altri esponenti della sua corrente ai sindaci diessini arrestati per mafia in provincia di Agrigento”. Nell’atto viene citato in primo luogo l’onorevole Calogero Gueli, sindaco di Campobello di Licata, sodale di lungo corso dell’onorevole Capodicasa, “le cui attività di natura paramafiosa erano note già da tempo, ben prima dell’arresto suo, del figlio e del genero, avvenuti nel 2005” (i tre sono già stati condannati in primo grado, per 416 bis, a vent’anni complessivi di reclusione)”. Ce n’è abbastanza per considerare Arnone un tipo scomodo. O no?
2 commenti:
Le attività di natura paramafiosa dell'onorevole Calogero Gueli, ex sindaco di Campobello di Licata, erano talemnte note da tempo, che la quarta sezione della Corte d'Appello di Palermo ha assolto Calogero Gueli per non aver commesso il fatto (in ogni caso egli era stato condannato, in primo grado, per il reato di concorso esterno in associazione delinquenziale di stampo mafioso, e non per il reato citato 416bis che si riferisce all'associazione mafiosa). Il figlio ed il genero di Gueli sono stati invece condannati per estorsione. In sentenza sono rimasti, non più come esecutori, ma come mandanti
dell’estorsione senza che siano venuti alla luce, con assoluta chiarezza,
chi siano stati gli esecutori materiali del reato ascritto.
Le attività di natura paramafiosa dell'onorevole Calogero Gueli, ex sindaco di Campobello di Licata, erano talmente note da tempo che, il 25 novembre 2009, la quarta sezione della Corte d'Appello di Palermo ha assolto Calogero Gueli dal reato di concorso esterno in associazione delinquenziale di stampo mafioso, per non aver commesso il fatto. Inoltre, tanto per correggere le solite imprecisoni di Giuseppe Arnone, Calogero Gueli era stato processato, in primo grado, per associazione delinquenziale di stampo mafioso di cui all’articolo 416 bis e quale mandante di una estorsione ai danni dell’impresa Ventura Vincenzo. Nella sentenza emessa dal Giudice per le udienze preliminari egli è stato condannato per concorso esterno in associazione delinquenziale di stampo mafioso, venendo a cadere, dunque, sia l’accusa di associazione che quella di estorsione. Estorsione che vedeva, nell’accusa, Calogero Gueli come mandante e suo figlio e suo genero come esecutori materiali. In sentenza sono rimasti, non più come esecutori, ma come mandanti dell’estorsione il figlio ed il genero senza che siano venuti alla luce, con assoluta chiarezza, chi siano stati gli esecutori materiali. Io non so se Arnone sia un tipo scomodo; so solo che egli ha da più di un decennio intentato una guerra giudiziaria e mediatica contro Gueli. Sempre per restare ai fatti: Arnone ha sempre subito disfatte in tutti i processi nei quali è stato, a vario titolo, contrapposto a Gueli. Citiamo, siamo nel 2008, l’assoluzione perchè “il fatto non sussiste” pronunziata dalla Corte di Appello di Palermo, per il presunto abuso edilizio che Gueli avrebbe commesso per avere costruito, a detta di Arnone, una villa con piscina abusiva. Tutto quanto solo per rimanere ai fatti e non alle opinioni o ai desiderata.
Posta un commento