Messinesi spaventati dalle ultime piogge Claudio Villari: infrastruttura inutile oggi e per il futuro
di Silvia D’Onghia
E’BASTATA una nuova ondata di maltempo per riportare la paura nelle zone del messinese distrutte dall’alluvione del primo ottobre. La pioggia che si è abbattuta l’altra notte sulla Sicilia, ed in particolare su Palermo e sulla costa di Messina, ha creato non pochi problemi alla popolazione. Tra Taormina e Santa Teresa di Riva alcuni torrenti sono straripati e si sono registrate frane e allagamenti. Alcune auto sono rimaste intrappolate nel fango e sull’autostrada Messina-Catania, nel tratto della galleria Giardini, a causa di uno smottamento, si circolava solo sulla corsia di sorpasso.
“Ma se non riusciamo a uscire dalla città perchè la situazione delle infrastrutture è già disastrosa, che ce ne facciamo di un Ponte che ci colleghi al continente?”. Non ha dubbi, nel bocciare la grande opera, Claudio Villari, ingegnere strutturista di Messina, ex docente della Facoltà di Architettura all’Università di Reggio Calabria, grande esperto di terremoti. “Perfettamente inutile, sia in un’immediata visione della realtà, sia in una prospettiva futura. Noi non abbiamo problemi a raggiungere l’altra sponda, ma abbiamo moltissimi problemi a raggiungere l’altra parte dell’isola. L’attuale sistema ferroviario e viario è fragilissimo”.
Sicilia e Calabria, secondo Villari, sono due terre che scontano decenni di abbandono, ma che hanno anche gravissimi problemi idrogeologici. “Si parla di territori che subiscono profonde modificazioni perchè di recente formazione”, spiega.
E il cuore della questione è proprio questo: “Non esiste un progetto definitivo per il Ponte sullo Stretto -prosegue Villari- nè esiste uno studio ufficiale di fattibilità. Un’opera di queste dimensioni e che richiede un tale impegno finanziario non può essere fatta se non si è assolutamente certi che non si siano situazioni di instabilità dovuta ai movimenti tellurici, al terreno e, in generale, al contesto idrogeologico. Come si fa a dire che si farà in piena sicurezza quando non esiste una progettazione definitiva, che abbia avuto un esame di fattibilità e di buona esecuzione formale? Tutto ciò finora non esiste, c’è solo un progetto di massima e una dichiarazione informale di fattibilità”.
C’è poi un discorso economico da fare, perchè, secondo l’ingegnere, non c’è la copertura finanziaria per un simile progetto, che deve comprendere anche tutte le opere connesse (come le infrastrutture). “Il primo finanziamento è di 2.100 miliardi di euro (sui 6.500 ritenuti necessari per il completamento dei lavori), effettuato dal Cipe con il denaro pubblico, mentre il resto viene subordinato ad un inesistente interesse privato”.
Eppure pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha annunciato in pompa magna che i cantieri partiranno a dicembre e dureranno 6 anni. Se volessimo fare l’avvocato del diavolo, si potrebbe dire: finalmente, dopo 40 anni, una data certa. “Ma quali cantieri? Hanno annunciato soltanto una modifica dell’asse ferroviario della stazione di Villa San Giovanni: faranno quella, poi si fermeranno perchè avranno finito i soldi. E a quel punto si metteranno nelle condizioni di farsi ricattare dall’impresa aggiudicataria dell’appalto. Tutto ciò è contrario ai princìpi fondamentali di chi appalta un’opera: non ci sono soldi e non c’è progetto. Eppure sono 40 anni che vengono elargiti fondi alle varie società che si sono susseguite. C’è tutta l’aria dell’imbroglio, o di una sottovalutazione ignobile delle urgenze e delle priorità che drammaticamente si impongono”.
Non tutti i siciliani la pensano come il professor Villari, però. “I cittadini non hanno la possibilità di farsi un’idea precisa di questa grande opera - risponde lui - la società ha costruito un bellissimo modellino di ponte (visibile al pubblico), con tanto di aria calma e mare cristallino; hanno raccontato che servirà anche ad incrementare il turismo. La gente si illude che l’opera possa realizzarsi subito e che tutto sia semplice e scontato. Ma si tratta di sensazioni sbagliate, fondate su un errore di fondo”.
Dunque una condanna senza appello: “Inutile, lo ripeto. Nessuno mi convincerà mai dell’utilità di un’opera simile, neanche se vi fossero un progetto definitivo e uno studio di fattibilità che tenga conto del dissesto del territorio. Abbiamo bisogno di strade, non di ponti”.
“Ma se non riusciamo a uscire dalla città perchè la situazione delle infrastrutture è già disastrosa, che ce ne facciamo di un Ponte che ci colleghi al continente?”. Non ha dubbi, nel bocciare la grande opera, Claudio Villari, ingegnere strutturista di Messina, ex docente della Facoltà di Architettura all’Università di Reggio Calabria, grande esperto di terremoti. “Perfettamente inutile, sia in un’immediata visione della realtà, sia in una prospettiva futura. Noi non abbiamo problemi a raggiungere l’altra sponda, ma abbiamo moltissimi problemi a raggiungere l’altra parte dell’isola. L’attuale sistema ferroviario e viario è fragilissimo”.
Sicilia e Calabria, secondo Villari, sono due terre che scontano decenni di abbandono, ma che hanno anche gravissimi problemi idrogeologici. “Si parla di territori che subiscono profonde modificazioni perchè di recente formazione”, spiega.
E il cuore della questione è proprio questo: “Non esiste un progetto definitivo per il Ponte sullo Stretto -prosegue Villari- nè esiste uno studio ufficiale di fattibilità. Un’opera di queste dimensioni e che richiede un tale impegno finanziario non può essere fatta se non si è assolutamente certi che non si siano situazioni di instabilità dovuta ai movimenti tellurici, al terreno e, in generale, al contesto idrogeologico. Come si fa a dire che si farà in piena sicurezza quando non esiste una progettazione definitiva, che abbia avuto un esame di fattibilità e di buona esecuzione formale? Tutto ciò finora non esiste, c’è solo un progetto di massima e una dichiarazione informale di fattibilità”.
C’è poi un discorso economico da fare, perchè, secondo l’ingegnere, non c’è la copertura finanziaria per un simile progetto, che deve comprendere anche tutte le opere connesse (come le infrastrutture). “Il primo finanziamento è di 2.100 miliardi di euro (sui 6.500 ritenuti necessari per il completamento dei lavori), effettuato dal Cipe con il denaro pubblico, mentre il resto viene subordinato ad un inesistente interesse privato”.
Eppure pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha annunciato in pompa magna che i cantieri partiranno a dicembre e dureranno 6 anni. Se volessimo fare l’avvocato del diavolo, si potrebbe dire: finalmente, dopo 40 anni, una data certa. “Ma quali cantieri? Hanno annunciato soltanto una modifica dell’asse ferroviario della stazione di Villa San Giovanni: faranno quella, poi si fermeranno perchè avranno finito i soldi. E a quel punto si metteranno nelle condizioni di farsi ricattare dall’impresa aggiudicataria dell’appalto. Tutto ciò è contrario ai princìpi fondamentali di chi appalta un’opera: non ci sono soldi e non c’è progetto. Eppure sono 40 anni che vengono elargiti fondi alle varie società che si sono susseguite. C’è tutta l’aria dell’imbroglio, o di una sottovalutazione ignobile delle urgenze e delle priorità che drammaticamente si impongono”.
Non tutti i siciliani la pensano come il professor Villari, però. “I cittadini non hanno la possibilità di farsi un’idea precisa di questa grande opera - risponde lui - la società ha costruito un bellissimo modellino di ponte (visibile al pubblico), con tanto di aria calma e mare cristallino; hanno raccontato che servirà anche ad incrementare il turismo. La gente si illude che l’opera possa realizzarsi subito e che tutto sia semplice e scontato. Ma si tratta di sensazioni sbagliate, fondate su un errore di fondo”.
Dunque una condanna senza appello: “Inutile, lo ripeto. Nessuno mi convincerà mai dell’utilità di un’opera simile, neanche se vi fossero un progetto definitivo e uno studio di fattibilità che tenga conto del dissesto del territorio. Abbiamo bisogno di strade, non di ponti”.
4 commenti:
Certo che è un imbroglio, l'idea di costruire un ponte sullo stretto risale all'epoca dei romani per volere del console Lucio Cecilio Metello.
L'idea fu poi ripresa nel 1866 e mai più abbandonata da vari governi a venire.Fu anche tentativo di Giulio Andreotti, di Romano Prodi allora presidente dell'IRI, e dell'ex Presidente Francesco Cossiga, ma ogni volta che si tentava nell'impresa i problemi per l'impossibilità di realizzare l'opera erano sempre gli stessi : le forti correnti, la pericolosità dei territori ad alto livello sismico, ed il rischio di frane degli stessi territori in caso di incessanti piogge. Insomma, ogni qual volta si è tentato il "sogno ardito" ai contribuenti italiani gli innumerevoli studi per l'impatto ambientale sono sempre costati parecchio. Naturalmente il moderno Lucio Cecilio Metello, forte della sua cara Impregilo, ha ripreso con caparbietà questa idea ma...è solo una questione di lucro. Purtroppo a rompergli le uova nel paniere durante il governo Prodi fu un certo Antonio Di Pietro, allora Ministro dei Trasporti,che gli impedì di intascare una penale per il ritiro dal contratto da parte dello stesso governo di ben 500 milioni di euro, con un escamotage che gli permise di accorpare la Società Stretto di Messina all'ANAS,si evitò così di pagare la penale, si salvarono i proggetti costati già molto e con l'impegno che tale penale verrebbe pagata nel caso in cui la Società così costituita chiudesse prima della realizzazione del ponte. Auguriamoci solo che l'ANAS non chiuda, a meno che non stiano studiando qualcosa per riscuotere quella famosa penale.
Cribbio come sei documentata!
Ormai dovresti saperlo che vado a sindacare ogni cavillo quando un argomento suscita la mia curiosità.Se ci hanno rinunciato i romani a costruire il ponte sullo stretto credo che nessun altro ce la farà mai, loro hanno costruito ponti in zone ben più impervie e di attuale utilità. Non dirmi che oggi si hanno più mezzi a disposizione per la realizzazione di simili opere,gli antichi romani avevano dalla loro la pragmaticità , ideavano, valutavano, costruivano, e là dove l'impatto ambientale diceva no non perdevano tempo a sognare e far sognare.Gli uomini di oggi peccano di megalomania ed i loro castelli li costruiscono affidandosi alla buona sorte che puntualmente li tradisce demolendoglieli, perchè figli del dio denaro.
Certo che ce lo sò!;.)
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