I reggenti del Pd modenese, con le mani nei capelli per l'autogol regalato al centrodestra, non lo hanno cacciato dal partito solo perché il ragazzo-dirigente è stato molto veloce a togliersi di mezzo, facendo harakiri politico, via da ogni carica. Matteo Mezzadri, ventitreenne dal curriculum biografico apparentemente rassicurante (laureando in ingegneria, coordinatore del Pd di Vignola, componente della segreteria provinciale dei giovani democratici), forse scambiando la militanza per un war games o forse, più banalmente, pensando di essere spiritoso, ha scritto sulla sua pagina di Facebook una di quelle frasi che non solo affondano carriere politiche ben più navigate della sua, ma rischiano di ammorbare clima e coscienze. «Ma santo cielo — ha tuonato il buon Matteo, imbufalito per la vicenda del Lodo Alfano con annessi veleni istituzionali —: possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi?».
Pum-pum: il tutto affidato a una delle vetrine online più viste al mondo. Pochi minuti e, sulla schermata di Facebook, compare un commento scandalizzato. È quello di Bruno Rinaldi, consigliere provinciale del Pdl, quindi rivale politico di Mezzadri, ma pure suo amico. «Matteo, che scrivi? — chiede incredulo Rinaldi —: le pallottole non si tirano a nessuno! Queste cose non rendono giustizia alla tua intelligenza». La risposta di Mezzadri? Nulla. Il silenzio. E allora Rinaldi, amico sì, ma non in politica, solleva pubblicamente il caso, spalleggiato dal consigliere regionale del Pdl, il penalista Enrico Aimi: «Mezzadri, aspirante Che Guevara, si vergogni e si dimetta! — tuonano i due berlusconiani —. Così si rischia davvero di trovare un volontario pronto a conficcare una pallottola in testa al premier». Ai capi del Pd modenese basta un attimo per capire che il loro dirigente è indifendibile. Il segretario provinciale Stefano Bonaccini, candidato alla leadership regionale in quota Bersani, licenzia su due piedi il ragazzo: «L'età e l'inesperienza non giustificano una cosa di tale gravità. Se non si fosse dimesso, avremmo provveduto noi a sospenderlo. La nostra solidarietà ai dirigenti del Pdl: ogni forma di violenza, anche verbale, è inaccettabile». Resta Mezzadri. Stravolto, quasi piangente, finalmente consapevole del pasticcio compiuto. «Chiedo scusa a tutti, amici e meno amici, a partire da Berlusconi» dice al telefono con l'Ansa. È pentito, confuso: «Certe cose non si devono nemmeno pensare, soprattutto da chi riveste un ruolo pubblico, di riferimento per i giovani ». Si dice pronto a chiudere con la politica attiva, «accettando i provvedimenti che il partito vorrà assumere». Quindi riaccende il computer, torna su Facebook e fa pubblica ammenda: «L'ho fatta fuori dal water, come si dice in gergo... » .
Francesco Alberti
15 ottobre 2009
Pum-pum: il tutto affidato a una delle vetrine online più viste al mondo. Pochi minuti e, sulla schermata di Facebook, compare un commento scandalizzato. È quello di Bruno Rinaldi, consigliere provinciale del Pdl, quindi rivale politico di Mezzadri, ma pure suo amico. «Matteo, che scrivi? — chiede incredulo Rinaldi —: le pallottole non si tirano a nessuno! Queste cose non rendono giustizia alla tua intelligenza». La risposta di Mezzadri? Nulla. Il silenzio. E allora Rinaldi, amico sì, ma non in politica, solleva pubblicamente il caso, spalleggiato dal consigliere regionale del Pdl, il penalista Enrico Aimi: «Mezzadri, aspirante Che Guevara, si vergogni e si dimetta! — tuonano i due berlusconiani —. Così si rischia davvero di trovare un volontario pronto a conficcare una pallottola in testa al premier». Ai capi del Pd modenese basta un attimo per capire che il loro dirigente è indifendibile. Il segretario provinciale Stefano Bonaccini, candidato alla leadership regionale in quota Bersani, licenzia su due piedi il ragazzo: «L'età e l'inesperienza non giustificano una cosa di tale gravità. Se non si fosse dimesso, avremmo provveduto noi a sospenderlo. La nostra solidarietà ai dirigenti del Pdl: ogni forma di violenza, anche verbale, è inaccettabile». Resta Mezzadri. Stravolto, quasi piangente, finalmente consapevole del pasticcio compiuto. «Chiedo scusa a tutti, amici e meno amici, a partire da Berlusconi» dice al telefono con l'Ansa. È pentito, confuso: «Certe cose non si devono nemmeno pensare, soprattutto da chi riveste un ruolo pubblico, di riferimento per i giovani ». Si dice pronto a chiudere con la politica attiva, «accettando i provvedimenti che il partito vorrà assumere». Quindi riaccende il computer, torna su Facebook e fa pubblica ammenda: «L'ho fatta fuori dal water, come si dice in gergo... » .
Francesco Alberti
15 ottobre 2009
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