La crisi della politica non è, non può essere, la crisi delle istituzioni e delle autorità di garanzia, e tra queste la presidenza della Repubblica, verso le quali occorre il necessario rispetto». Ecco ciò che diceva Giorgio Napolitano il 25 giugno scorso, tra un sussulto e l’altro dello scontro tra governo e opposizione.
Scontro le cui scosse minacciavano ormai anche il Quirinale. Esortava, insomma, a tenere ben distinti il piano della politica e quello delle istituzioni. Da sabato sta sperimentando di persona come l’argine che chiedeva di preservare, «per la tutela della stessa democrazia », sia stato sfondato. E scopre con amarezza che, davanti alla campagna d’insulti e di «mistificazione costituzionale» — così la definiscono sul Colle — lanciata da Di Pietro, il maggiore partito del centrosinistra, il Pd, affronta la nuova rincorsa di veleni con atteggiamenti impacciati, esitanti e deboli. Con il pericolo di far prevalere una tendenza movimentista e di consegnare alla piazza (una piazza per molti aspetti disinformata) qualsiasi tipo di protesta e, al limite, persino ogni futura iniziativa politica. Per tutto questo, più che irritato — e lo è, molto — è preoccupato, preoccupatissimo, il presidente della Repubblica. Dopo intermittenti provocazioni, quasi sempre lasciate cadere, da parte di Di Pietro, del blogger e attore di satira Grillo o del giornalista Travaglio o dell’ex magistrato (ora europarlamentare) De Magistris, la firma allo scudo fiscale ha rinfocolato le polemiche. Portandole su livelli di intimidazione inaccettabili, per Napolitano. Il quale, anche in un’analisi retrospettiva che gli è facile fare grazie al suo lungo cursus honorum nella politica e nelle istituzioni, stenta a trovare precedenti paragonabili a quanto gli capita. Caso Cossiga a parte, per troppi aspetti comunque diverso.
Stavolta, infatti, c’è un partito, l’Italia dei valori, che ha scelto il capo dello Stato come bersaglio, accusandolo di aver compiuto un «atto di viltà e di abdicazione» ai propri doveri (senza contare le folcloristiche ingiurie escogitate per infiammare le platee, ad esempio la battuta su «Ponzio pelato»). Un partito che può già agitare alla stregua di una clava politica le oltre 80 mila firme contro la promulgazione raccolte da Il fatto quotidiano . Un partito che forse agisce in questo modo secondo la strategia di allargarsi così nell’area antigovernativa e domani, chissà, egemonizzarla. Un partito che fa leva sulla visceralità di una certa opinione pubblica, pronta a appellarsi ogni mattina al Quirinale, ma con poca voglia di capire. E c’è poi, nelle allarmate valutazioni del Presidente, un altro partito dello stesso versante, il Pd, che sembra essersi mosso più all’attacco di Di Pietro che in difesa del capo dello Stato. Non per nulla, tranne qualche condanna più esplicita (come quelle di Enrico Letta e Rutelli), in questa battaglia si è attivato un po’ in ritardo. Quasi con timidezza e disagio. Mostrando le proprie divisioni. Mentre invece, come dimostra la contabilità del voto alla Camera, avrebbe magari potuto aggiudicarsi la partita sullo scudo fiscale semplicemente assicurando la presenza di tutti i suoi deputati in Aula. Un atteggiamento che, per quanto giustificabile con il trapasso interno, rischia di appiattirsi su certe astratte speranze che circolano nell’opposizione. Cioè che il governo cada con una manifestazione di piazza (come succedeva nella Prima Repubblica).
O per un crollo nervoso del premier, incalzato da gossip che hanno fatto il giro del mondo. O, ancora, con un generico appello all’Europa. Com’è ovvio, non è questa la strada per mandare a casa un esecutivo. Come non lo è quella di chiedere al capo dello Stato di violare l’articolo 74 della Costituzione, che gli impone di promulgare le leggi dopo averle attentamente valutate. Cosa che Napolitano ha fatto. Verificando che la legge non riassumeva amnistie mascherate (il condono vi era già contenuto), che non avrebbe inciso sui processi in corso e che contemplava anzi una serie di migliorie suggerite con il metodo della moral suasion.
5 ottobre 2009
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