Prima di saperne di più sul video di Marrazzo e sul ricatto ordito ai suoi danni dalle cosiddette 'mele marce' dell'Arma, prima di chiedersi se il presidente della Regione Lazio farebbe bene a dimettersi una constatazione va fatta. Nel paese delle informative anonime che distruggono la vita delle persone (caso Boffo), nel paese dei dossier avvelenati (caso Augias), nel paese della politica intossicata e degradata a rissa, non può certo sorprendere l'emergere di questa storiaccia che può riservare imprevedibili retroscena. Compreso quello del complotto per mettere fuori gioco un esponente del Pd, intenzionato a ricandidarsi al vertice del regione e proprio alla vigilia delle primarie del suo partito.
Conosciamo la replica: chi ha cominciato per primo a speculare sulle abitudini private di politici e giornalisti? Ovvero: oggi a me domani a te. Tesi già illustrata con esemplare chiarezza dal direttore del Giornale Vittorio Feltri nel famoso articolo con cui attenzionò il direttore dell'Avvenire. Contro-replicare che, per esempio, i comportamenti del presidente del Consiglio con plotoni di ragazze a pagamento rivestono, di per sé, una particolare gravita può a questo punto servire a poco. Tanto più se le rivelazioni sui costumi sessuali di questo o di quello si manifestano come una vera e propria ritorsione preventiva o vendetta successiva. Che poi ad estorcere denaro siano alcune guardie diventate ladri, fa parte del quadro completamente capovolto dell'Italia odierna dove quasi nulla è più al suo posto.
Infine Marrazzo. Ci auguriamo sinceramente che il suo negare tutto, il video con il trans e il denaro versato per tacitare i ricattatori, sia la legittima difesa di fronte a un'aggressione vigliacca contro lui e la sua famiglia. Se poi le cose fossero andate diversamente resterebbe sacrosanta la tutela della vita privata di un uomo e dei suoi cari. Non però la protezione di una poltrona e di una candidatura.
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