venerdì 20 novembre 2009

Acqua: manca l’authority


Parte la liberalizzazione, ora si deve decidere chi controlla i prezzi


Il giorno dopo il voto di fiducia sul decreto che introduce una parziale liberalizzazione nel settore idrico, come richiesto dall’Unione europea, la Camera ratifica la conversione in legge. Ci sono state manifestazioni di protesta intorno alla Camera, l’Italia dei valori parla di “leggi schifezza”, il Pd dice che “adesso ci toglieranno anche l’aria”, nonostante la riforma non sia molto diversa da quella sostenuta nel precendente governo Prodi dal ministro Linda Lanzillotta. Le associazioni dei consumatori promettono un referendum. Visto che però ormai è legge, il primo problema da risolvere è quello che pone il ministro delle Regioni Raffaele Fitto, Pdl: chi controllerà che i privati a cui potrà essere affidata la gestione della rete con gara d’appalto rispettino gli impegni presi, negli investimenti e nella qualità del servizio?Allo studio abbiamo tre soluzioni: una sezione aggiuntiva dell’authority del gas, il rafforzamento del Copri (comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche) presso il ministero dell’Ambiente e la terza ipotesi é la creazione di una nuova authority in questo settore, cosa che mi sembra la soluzione più auspicata”.
La questione è delicata, perché la privatizzazione della gestione (non dell’acqua in sé) rischia di portare alla “sostituzione delle società pubbliche con un ristretto oligopolio di multinazionali”, come ha detto Roberto Della Seta, del Pd. Ha spiegato ieri il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi, entro il 2010 verranno approvati i regolamenti per definire le regole delle gare d’appalto, “a cui potranno partecipare soggetti pubblici e privati”, in concorrenza tra loro. Il 31 dicembre del prossimo anno decadranno tutti gli appalti assegnati “in house”, cioè senza gara d’appalto (ci sono però alcune eccezioni, resta da capire quanto ampie). Le grandi ex municipalizzate – private da un punto di vista societario ma pubbliche nel controllo – si troveranno in competizione con i grandi gruppi internazionali o con società di infrastrutture attive in altre settori che potrebbero tentare l’espansione in quello idrico.
Nei prossimi 30 anni sono già previsti investimenti per la manutenzione della rete investimenti per 60 miliardi. Una somma che, come succede in atri settori tipo le autostrade, i concessionari della gestione reperiranno in parte da fondi statali (perché la rete resta di proprietà pubblica) in parte dalle tariffe applicate agli utenti. La questione, sostiene l’economista Carlo Scarpa sulla www.voce.info, “prescinde dalla proprietà pubblica o privata”. Perché a costi maggiori corrispondono prezzi maggiori, qualunque sia il gestore: “Ma questo resta vero anche se il gestore è pubblico ed è cosa nota da almeno 15 anni, la legge Galli è del 1994, quando al governo c’era Carlo Azeglio Ciampi, il provvedimento per l’adeguamento dei prezzi data al 1996, firmato da Antonio Di Pietro nel primo governo Prodi”, nota il professor Scarpa. Per questo serve l’autorithy: per verificare che all’aumento dei prezzi corrisponda un aumento degli investimenti e per concordare le tariffe. Ma il ministro Fitto rovescia il problema: “I rischi sulla tariffa non sono un rischio futuro, ma la fotografia dell’esistente, se è vero che esistono differenze tra regione e regione e spesso si paga di più dove il servizio è più carente”. Questo, però, non esclude rialzi futuri.
(Ste.Fel.)

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