Un detenuto sta per uscire dal carcere ma nessuno lo avvisa e lui si uccide
di Giampiero Calapà
di Giampiero Calapà
Sarebbe potuto uscire dal carcere proprio oggi, se solo qualcuno lo avesse informato. Giovanni Lo Russo forse era ormai vinto dalla disperazione e si è ucciso. Non sopportava più quelle sbarre, che avrebbe dovuto lasciare per scontare il resto della pena in comunità, ai domiciliari. Solo che non lo sapeva. Un solo giorno, due morti: non è un bollettino di guerra ma la triste realtà dei suicidi nelle carceri italiane. “I suicidi ci possono essere in qualunque condizione carceraria, anche se i detenuti fossero in un hotel a 5 stelle: non è che se gli mettiamo il frigobar, otto ore di aria e la musica soffusa non ci sarebbe neanche un suicidio”: ha usato davvero queste parole il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Per commentare quanto avvenuto martedì a Firenze e a Palmi, dove si sono tolti la vita quasi nello stesso momento, entrambi intorno alle 18, un minorenne marocchino (la cui condizione era stata giudicata incompatibile con il carcere) e un barese di 41 anni, che avrebbe dovuto beneficiare di un provvedimento di scarcerazione già arrivato da ventiquattr’ore.
Giovanni Lo Russo, tossicodipendente, originario di Bari ma a Milano da tempo, era stato condannato a Rimini nell’agosto del 2008 per aver rubato uno zaino in spiaggia, violando i domiciliari, a cui era obbligato per reati commessi precedentemente. Una serie di aggravanti, tra cui la recidiva specifica, gli sono costati il verdetto di 4 anni e 5 mesi dietro le sbarre. Diversi tentativi per riottenere i domiciliari andarono a vuoto. Arrivata la disponibilità di una comunità di recupero, la Corte d’Appello di Bologna aveva finalmente accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dall’avvocato Martina Montanari. Il documento che gli avrebbe permesso di lasciare la cella, martedì scorso giaceva in un ufficio del carcere da più di un giorno. Non lo sapeva Giovanni e non lo sapeva l’avvocato Montanari. Ha così inalato il gas del fornellino della cella fino a perdere conoscenza. I tentativi di rianimazione all’ospedale di Gioia Tauro sono stati inutili.
Se ne è andato, per una sinistra coincidenza, alla stessa ora di Yassine El Baghdadi, il ragazzo detenuto a Firenze in attesa di giudizio da tre mesi per un tentato furto. Ora le famiglie chiedono giustizia. Quella di Giovanni non esclude neanche che si possa essere trattato di un delitto: in una lettera alla sorella, tra l’altro, l’uomo aveva denunciato di essere stato maltrattato in un precedente penitenziario. La procura di Palmi ha già aperto un fascicolo. Intanto, continua lo sciopero della fame dei Radicali: per Rita Bernardini quella di Lo Russo è un’altra morte dovuta a una “burocrazia malata”. Silvia Della Monica del Pd chiede al governo “di dare al più presto assicurazione del rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti”. Il guardasigilli Angelino Alfano nutre una speranza: “C’è la volontà di arrivare a una soluzione del problema. Speriamo di portare un piano carceri al Consiglio dei ministri”.
Giovanni Lo Russo, tossicodipendente, originario di Bari ma a Milano da tempo, era stato condannato a Rimini nell’agosto del 2008 per aver rubato uno zaino in spiaggia, violando i domiciliari, a cui era obbligato per reati commessi precedentemente. Una serie di aggravanti, tra cui la recidiva specifica, gli sono costati il verdetto di 4 anni e 5 mesi dietro le sbarre. Diversi tentativi per riottenere i domiciliari andarono a vuoto. Arrivata la disponibilità di una comunità di recupero, la Corte d’Appello di Bologna aveva finalmente accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dall’avvocato Martina Montanari. Il documento che gli avrebbe permesso di lasciare la cella, martedì scorso giaceva in un ufficio del carcere da più di un giorno. Non lo sapeva Giovanni e non lo sapeva l’avvocato Montanari. Ha così inalato il gas del fornellino della cella fino a perdere conoscenza. I tentativi di rianimazione all’ospedale di Gioia Tauro sono stati inutili.
Se ne è andato, per una sinistra coincidenza, alla stessa ora di Yassine El Baghdadi, il ragazzo detenuto a Firenze in attesa di giudizio da tre mesi per un tentato furto. Ora le famiglie chiedono giustizia. Quella di Giovanni non esclude neanche che si possa essere trattato di un delitto: in una lettera alla sorella, tra l’altro, l’uomo aveva denunciato di essere stato maltrattato in un precedente penitenziario. La procura di Palmi ha già aperto un fascicolo. Intanto, continua lo sciopero della fame dei Radicali: per Rita Bernardini quella di Lo Russo è un’altra morte dovuta a una “burocrazia malata”. Silvia Della Monica del Pd chiede al governo “di dare al più presto assicurazione del rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti”. Il guardasigilli Angelino Alfano nutre una speranza: “C’è la volontà di arrivare a una soluzione del problema. Speriamo di portare un piano carceri al Consiglio dei ministri”.
3 commenti:
L'ho sentito ieri sera sul TG regionale, che jella povero ragazzo, possibile che in quelle 24-ore nessuno ha avuto un attimo d'umanità nel dirgli che sarebbe andato via dal carcere?
Come funzionano queste cose, potresti spiegarmelo per favore?
Naturalmente auguro ad Ignazio la Russa di soggiornare in uno di questi carceri come prossimo inquilino, vedremo quanto sarà fatalista sulla sua pelle.
SULLE CARCERI MI SONO PRONUNCIATO PIU' VOLTE.
IL PROVERBIO DICE CHE IL PESCE PUZZA DALLA TESTA.
SULLE CARCERI MI SONO PRONUNCIATO PIU' VOLTE.
IL PROVERBIO DICE CHE IL PESCE PUZZA DALLA TESTA.
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