Silvio Berlusconi dice: “Pierluigi Bersani parte con il piede sbagliato” (il che, se non altro, lascia ben sperare per il futuro della sinistra). L’interessato risponde a stretto giro di posta: “Ognuno si guarda la camminata sua”. Benissimo. Eppure, una una volta esauriti gli auspici e gli esorcismi, al termine di una giornata di intensa diplomazia, è il caso di chiedersi cosa sta comunicando il nuovo leader del partito democratico, e come.
Petting con l’Udc. Ieri per Bersani è stata una giornata di incontri bilaterali. Per la seconda volta il segretario ha intavolato una carrellata di vis-a-vis di vago sapore quirinalizio, dedicandosi a delle vere e proprie “consultazioni”. Un giro di orizzonte, dicono i suoi, un atto dovuto. L’altra volta era toccato a Rifondazione e Sinistra e libertà, questa volta si è passato dai radicali (la mattina) all’Udc di Casini (la sera). Il segretario, insomma, lavora a una nuova coalizione, fa sul serio, prima di muovere passi importanti si documenta e si applica ai problemi, come è nel suo stile. Non si serve di consulenti per la comunicazione, giura Filippo Penati (uno dei dirigenti più vicini) fa tutto da solo. In alcuni momenti viene da dire che si vede, se è vero che il titolo regalato alle agenzie, ieri sera era (letteralmente) questo: “Bersani, con l’Udc siamo ai preliminari”. Doppio senso erotico dal sen fuggito? Consapevole evocazione del petting? La frase successiva era non meno equivoca: “abbiamo dato uno sguardo alle varie situazioni” (chissà quali). Certo, il “bersanese” (il parlare schietto e figurato) è un punto di forza del nuovo leader, ma anche (talvolta) una lingua che rischia di apparire troppo rigida, e produrre qualche boomerang. Allo stesso tempo, se il punto su cui Bersani ha battuto Franceschini è stato il rifiuto del nuovismo (post o para veltroniano), è possibile che il primo messaggio politico forte sia la ripetizione di un rituale antichissimo della prima repubblica? Può Bersani permettersi di “forlaneggiare”, trastullandosi con gli alleati come il leader della Dc ai tempi del buon vecchio pentapartito? “Pierluigi sta studiando” assicurano i suoi. E di sicuro, per il nuovo leader del Pd, una delle priorità è ricostruire una immagine corale. Ma cosa gli impedisce di fare forti operazioni comunicative, anche mentre tesse il filo delle alleanze a sinistra (e al centro?). Anche la possibile scelta di un gemello omozigote alla Vasco Errani come vice (voce insistente) non comunica un messaggio di novità. Forse esagerava il vecchio Giancarlo Pajetta, quando ammoniva: “Tenete lontani gli emiliani da Botteghe Oscure”,ribadendo l'antico pregiudizio del gruppo dirigente comunista per cui l'Emilia poteva partorire ottimi organizzatori, ma non buoni quadri nazionali. Sta di fatto che ieri Dario Franceschini ha giocato sulle voci apostrofando il presidente della regione Emilia così: “Ti lascio libera la mia stanza”. E ricevendo una risposta a tono: “Dario, non prendermi per il culo!”. Errani assicura di puntare alla ricandidatura in regione, e dice che le voci sul suo arrivo Nazzareno “Sono tutte balle”.
Passi timidi. Insomma: alla prima epifania del bersanismo mancano ancora il pathos, il senso della scena, l’attitudine a costruire eventi. Anche perchè, fra pochi giorni (il 12) si celebra l’anniversario della Bolognina, la Svolta che diede vita al Pci. Berlusconi ci avrebbe costruito un kolossal, il Pd per ora non ha annunciato nulla (forse preoccupato di sovrastare l’anima cattolica). E che dire del caso Marrazzo? Mentre i propagandisti del Pdl (ad esempio Alessandra Mussolini a Matrix) accreditano l’idea grossolana che “la sinistra va a trans”, nessun leader (esclusa Rosy Bindi) del Pd ha saputo dire parole importanti per sanare il trauma. Nel Lazio si parla della candidatura (fortissima) di Renata Polverini, mentre il centrosinistra fa melina. Sul crocifisso il neosegretario (forse per indole, forse per timore di essere bollato come laicista) è stato timidissimo. Fa bene Bersani a “studiare”. Ma gli esami sono già in corso.
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