Blocca i progetti del premier, consiglia a Fini la linea sulla giustizia. Così Giulia Bongiorno è diventata l'astro bipartisan Giulia Bongiorno con Michelle Hunziker alla conferenza stampa di 'Doppia Difesa'
Da tempo Giulia Bongiorno non è più l'avvocato ragazzina che saltellava felice davanti alle telecamere di mezzo mondo, esuberante, esagerata, eccessiva, chiunque fosse l'imputato eccellente da difendere, da Giulio Andreotti a Francesco Totti a Clementina Forleo, in prima pagina, sempre. Si è fatta silenziosa, prudente, con rare concessioni mondane. Quasi invisibile: scivola via come un'ombra nelle viuzze intorno a Montecitorio, il tailleur gessato, la borsa legale sempre aperta, lo sguardo vagamente inquieto. A piccoli passi, come se avesse i pattini sotto i piedi come il Divo Giulio, cammina tra le macerie del Palazzo.
Prima di essere eletta deputata era già ricca (un reddito da oltre un milione di euro), e famosa. Ora, senza mai comparire, è diventata anche, se non la più importante, di certo la donna più influente della politica italiana. Decisiva nel consigliare Fini nello scontro sulla giustizia che dilania il Pdl. Silvio Berlusconi non la sopporta: "Questa qua toglietemela di mezzo!", si infuriò una volta. Nell'ultimo incontro con Fini, all'ennesima obiezione, è esploso: "Gianfranco, cambia consigliere!".
E invece lei è sempre lì, donna tenace, con una certa convinzione di sé, un ego a prova di Cavaliere. È stata lei a cancellare dalla bozza dei berlusconiani il taglio della prescrizione che avrebbe mandato all'aria 600 mila processi. È stata lei a indicare i paletti di Fini sul processo breve, lasciando il successivo pasticcio alla responsabilità del collega berlusconiano Niccolò Ghedini. Era stata la Bongiorno, da presidente della Commissione Giustizia della Camera, a bloccare le manovre sulle intercettazioni, ben prima che arrivassero i rilievi del Quirinale, in sintonia con i suoi. E gli emendamenti sul testamento biologico in dissenso dal resto del Pdl? Li scrive ancora lei, la terribile Bongiorno. La Signorina No B.
Sempre in linea con il presidente della Camera: i due si sono conosciuti nel 2005 all'epoca dei referendum sulla fecondazione assistita, la Bongiorno faceva parte di un gruppo di donne che si batteva per abrogare la legge con Emma Bonino e Stefania Prestigiacomo, fu il solo caso in cui diede un dispiacere ad Andreotti. E dire che è cattolica, va a messa nella chiesa di San Lorenzo in Lucina accanto al suo studio, ha frequentato il liceo palermitano dell'Opus Dei, disciplina rigida, ricerca dell'eccellenza nelle professioni e classi solo femminili. Quando Paola Binetti l'ha saputo, si è disorientata: "Ma come, sono amica della tua preside".
Tendenzialmente single, al riparo dagli eterni gossip sui suoi fidanzati, anche politicamente si definisce "singolare": né di destra né di sinistra. Deputata del Pdl, ma in rapporti affettuosi con il vice-segretario del Pd Enrico Letta e con i colleghi dell'opposizione. Legge e ordine nell'organizzazione dello studio legale e in commissione, dove vorrebbe fare lavorare i deputati anche di venerdì e nelle pause pranzo, ma capofila di battaglie progressiste: come il sostegno alle donne vittime di violenza con l'associazione Doppia Difesa, insieme all'amica Michelle Hunziker. O come la proposta di legge per rendere obbligatorio ai nuovi nati il doppio cognome di mamma e papà, cui tiene tantissimo.
Garantista, ma ostile all'idea di servirsi del ruolo di parlamentare per vincere un processo. Quando votò contro l'indulto nel 2006, tra i suoi clienti ci fu una mezza rivolta: "Avvocato, ma così lei vota contro di noi!". Ha imparato una volta per tutte che si gioca nei tribunali e non manipolando le regole il 17 novembre di sette anni fa. Era una gelida domenica e a Perugia Andreotti fu condannato in appello come mandante dell'omicidio Pecorelli. A lei per lo stress venne la celiachia e da allora è costretta a un ferreo regime alimentare, lui, il sette volte premier presunto assassino, si mostrò meno agitato: "Credo nella giustizia", dichiarò. E in Cassazione fu assolto. "L'uomo delle istituzioni le rispetta anche quando lo condannano a 24 anni", commentò lei.
Con questa filosofia, inevitabile finire nel mirino del falchi di Palazzo Grazioli. Troppo amica delle toghe. Troppo sensibile all'Associazione nazionale magistrati. E pure "con i vestiti male assortiti", hanno scritto quelli del 'Giornale', noti maestri di eleganza. L'attaccano quando si oppone con i suoi puntigli, ma alla fine ha ragione lei: le intercettazioni? Bloccate al Senato. Il lodo Alfano? Bocciato dalla Corte. Il processo breve? "Demagogico e populista", anche per Gaetano Pecorella. La Signorina No B. l'aveva già detto. E per sapere cosa pensi della strategia difensiva del Berlusconi imputato basta sfogliare la sua autobiografia: "Gli imputati più pericolosi sono gli aggressivi-scatenati: vogliono denunciare le persone che li hanno accusati, i pm, i giudici. Quando li ascolto penso solo a come rimettere il mandato, certa che un giorno vorranno denunciare anche me". Parole scritte quattro anni fa, tornate di strepitosa attualità.
Ora siamo al round finale, sulla giustizia e sui rapporti tra il Cavaliere e Fini. E dunque tra la Bongiorno e Ghedini, l'uomo incaricato di spingere Giulia ad accettare lodi, prescrizioni brevi, impunità lunghe. Per raggiungere l'obiettivo il povero Ghedini le prova tutte. Telefonate. Sms. Bigliettini. Complimenti. Regali. L'ultimo è un costoso telefonino di ultima generazione, ma non funziona, sembra che si sia lamentata perfida la corteggiata, una vera iena. Come tutte le trovate ghedinesche, insomma. Testi che arrivano all'ultimo momento, incompleti del dettaglio che regge tutto, trappole da disinnescare con cura. La Bongiorno procede con ordine: consulta una ristretta cerchia di persone di fiducia, tra i primi il maestro di diritto Franco Coppi. E al termine sale al primo piano di Montecitorio da Fini con il testo ricoperto di appunti, con l'analisi delle conseguenze di una o dell'altra soluzione. La scelta finale spetta al leader. Ma è lei a fornirgli gli argomenti con cui tenere testa a Silvio. Sconcertato dal latinorum sfoggiato dal presidente della Camera. "Ha capito di aver scelto l'avvocato sbagliato", si beffa una malalingua di Montecitorio: "Un giorno scaricherà Ghedini e prenderà lei".
Ma Fini se la tiene stretta. Il rapporto tra Giulia e Gianfranco non è solo politico. La Bongiorno è il legale che l'ha seguito nella separazione dalla moglie Daniela Di Sotto, da allora in poi rimasta taciturna, non manca mai in prima fila accanto alla compagna del leader Elisabetta Tulliani nelle occasioni che contano, spesso le riunioni si fanno a cena a casa della coppia, con le bambine Carolina e l'ultima arrivata Martina. Il personaggio fondamentale per completare la definitiva trasformazione dell'ex capo del Msi in un politico sorprendente. Per questo i Gasparri e i La Russa la detestano. Ma nel tema natale di Giulia Bongiorno non manca l'ambizione. Avvocato, ieri. Donna delle istituzioni, oggi. Ministro della Giustizia, domani, forse nella Terza Repubblica. Quando la guerra sulle toghe finirà e i cellulari torneranno a funzionare. Perfino quelli di Ghedini.
(20 novembre 2009)
(20 novembre 2009)
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