lunedì 9 novembre 2009

DI BELLA: NON SONO L’UOMO DELLA DESTRA


L’EX DIRETTORE DEL TG3 E LA SOSTITUZIONE DI RUFFINI ALLA RETE
di Carlo Tecce


L’amicizia e la riconoscenza valgono qualcosa. Ancora. Nessuno sarà alla porta con una sedia in mano per occupare la scrivania, quando Paolo Ruffini sarà cacciato. Non ci sarà Antonio Di Bella, ex direttore del Tg3, adesso disoccupato e candidato per una corrispondenza dall’estero. Di Bella non vuole parlare, ma lascia un messaggio a un confidente per l’amico Ruffini: “Mi fa sorridere l’idea che abbiano individuato in me il censore. Ho un forte legame con l’attuale direttore di Raitre, anni di lavoro e successi condivisi. Non posso tradire un fratello. Non sarò l’uomo del centrodestra”.
La terza rete è l’ultima missione di Mauro Masi: deve smontare i palinsesti per esiliare i vari Fabio Fazio e Serena Dandini. Il mandante è chiaro, il piano pure, manca l’esecutore. Il direttore generale ha fretta perché pressato dall’alto, e ai capi non si comanda: nell’ansia di strafare, e per ridimensionare l’impatto, vuole cercare un compromesso con Ruffini. Altro tentativo vano. Restano le maniere dure, una forzatura in Cda: costringere i consiglieri a pronunciarsi e quindi schierarsi su Ruffini. Domandare per spaccare, provare per disperazione. Perché Di Bella non è immune al fascino della direzione; prima di bruciarsi, tra le fumate bianche e nere del conclave di viale Mazzini, pretende garanzie: che la sua nomina raccolga un consenso trasversale, il voto prevedibile della maggioranza e l’altro – distensivo – dell’opposizione.
Nino Rizzo Nervo è irremovibile: no, Ruffini merita la conferma, e niente trattativa.
Giorgio Van Straten è più elastico: vedere per valutare, non ci sono pregiudizi. L’alternativa Gianni Minoli è lontana dalla realtà, e non aiuta l’assalto finale di Masi. Serve l’annuncio: cercasi caterpillar per abbattere Raitre e rimuovere i progetti di Ruffini.
Tra repulisti e precari e un’atmosfera poco idilliaca, i conduttori della rete difendono compatti il direttore. Stima, affetto.
Serena Dandini è ironica: “È assurdo, il mondo sembra andare al contrario: lo si vuole punire perché è andato troppo bene? È vero che il presidente del Consiglio ha più volte fatto capire che Raitre è una rete che non gli piace, ma dal momento che ce ne sono altre, in tv non è mica obbligato a guardarla, può cambiare sempre canale”.
Il telefono di Giovanni Floris è ancora bollente, nell’ultima incursione a “Ballarò”, Berlusconi aveva criticato il programma e di riflesso chi, da sette anni, consente la messa in onda: “Penso che se il Cda si occupa di Raitre debba essere solo per confermare una volta per tutte Ruffini. È da evitare che si vada avanti ogni settimana chiedendosi se viene o no sostituito il direttore. Va protetto chi ha incrementato la qualità e gli ascolti”. Avanti con la lista.
Enrico Bertolino è caustico: “La scelta è in linea con quello che sta accadendo nel resto del paese: togli 800 milioni alla banda larga e togli Ruffini dalla Rai. È un paese che tende ad arretrare, dove la meritocrazia e i risultati non vanno più avanti”.
Articolo 21 misura l’umore di Raitre, poi il portavoce Giuseppe Giulietti, assieme al senatore Vincenzo Vita (Pd), svela un retroscena: “L’attuale maggioranza intende mettere sotto controllo la Sipra realizzando così il polo unico delle risorse. Vogliono travolgere e annientare l’attuale palinsesto di Raitre, dando esecuzione a una rappresaglia più volte annunciata dai fedelissimi del presidente del Consiglio. Come se non bastasse, vogliono licenziare il direttore di Rainews24, Corradino Mineo”.

Nessun commento: