“Siamo alla soluzione finale, alla demolizione sistematica non dello Stato di Diritto, ma dello Stato. Punto”. Il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, il magistrato che indaga sui segreti delle trattative tra mafia e stato (quello con la s minuscola), dice cose drammatiche con voce pacata. È la seconda e ultima giornata di lavori del convegno su “Questione morale e Istituzioni” organizzato dall’europarlamentare dipietrista Luigi de Magistris al Maschio Angioino. E dalla kermesse napoletana, organizzata non a caso nella terra dove da giorni si rincorrono le voci di un provvedimento giudiziario contro il Governatore in pectore del Pdl Nicola Cosentino, si esce con la consapevolezza dell’esistenza di un’emergenza democratica in Italia. Un’emergenza evidente agli occhi dell’Europa, come testimonia l’intervento di Juan Fernando Lopez Aguilar, presidente della commissione Libertà Pubblica al Parlamento Europeo, che si occupa anche di cooperazione giudiziaria tra gli stati membri dell’Ue e tiene sotto osservazione la ‘democrazia mediatica’ imposta da Silvio Berlusconi e dai suoi corifei. “La legittimazione del potere giudiziario – ricorda Lopez Aguilar – dovrebbe essere l’uguaglianza davanti alla legge, la proibizione del privilegio. Ma sappiamo bene che questi principi sono sempre sotto minaccia e mai realizzati pienamente. Colpa del divorzio tra le leggi e i valori che dovrebbero sostenerle”. Una perfetta fotografia dell’Italia berlusconizzata. Lopez Aguilar ricorda il “passionale” dibattito in commissione, “non soltanto in lingua italiana”, sul pluralismo informativo e sulla libertà d’espressione: “Passionale perché il problema solo a prima vista è un problema italiano. In realtà il retroterra della discussione è molto più profondo e riguarda la tenuta della democrazia, il rischio della sostituzione della democrazia rappresentativa con la democrazia mediatica, la definizione più efficace sotto il profilo politologico delle attuali democrazie avanzate”.
Ma sono le parole di Ingroia a rotolare come macigni in platea: “In Italia siamo governati da decenni secondo il principio di autoconservazione della classe dirigente, che fa affari con la mafia e ha gli stessi obiettivi della mafia: l’impunità”. Da conquistare anche depotenziando gli strumenti di indagine del pubblico ministero. Cominciando, sottolinea Ingroia, che sul tema ha scritto un libro, dal disegno di legge che di fatto eliminerà le intercettazioni. “Non è più il tempo della neutralità – afferma Ingroia – non si può fare la lotta alla mafia solo con la magistratura, bisogna dare maggiore spazio alla società civile”. Accende un riflettore su Napoli e sul Sud Rosario Crocetta, già sindaco di Gela ed europarlamentare del Pd: “È possibile che nella Napoli afflitta dall’emergenza rifiuti e governata da una classe dirigente dedita ai peggiori affari e ai peggiori intrecci con la criminalità organizzata, la questione morale è stata a lungo ridotta a un dibattito sull’evasione scolastica e sulla devianza criminale minorile”? Crocetta è stato condannato a morte dalla mafia per averla osteggiata e per aver combattuto le imprese edili colluse che si arricchivano grazie alle creste ricavate dall’uso del ‘calcestruzzo depotenziato’, un trucco spiegato durante il convegno.
A Bruxelles e Strasburgo vive senza scorta e la circostanza lo preoccupa non poco. “Lo trovo singolare in un’Europa che evidentemente ha deciso di non combattere la guerra alle mafie”. Marco Cappato (radicali) ha sottolineato “il tentativo perpetuo di smembrare la Costituzione” e Alberto Lucarelli, professore di Diritto Pubblico ed esponente di Idv, ha posto l’accento sull’esistenza di “una mafia economica che si è impossessata del controllo delle società pubbliche per governarle senza trasparenza e secondo principi lottizzatori”. Conclude Antonio Padellaro, direttore de Il Fatto Quotidiano, che a proposito di valori dice: “Fare un giornalismo che racconta le cose che accadono, e non quelle che non accadono, è diventato un atto anomalo. Tra i valori che dovrebbe reggere la nostra società, c’è quello che la menzogna non può essere elevata a verità. Ma nel giornalismo italiano la macchina delle bugie è sempre in moto”.
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