Berlusconi stretto tra processi e alleati riottosi, Bersani appena insediato alla guida del Pd nel nome di nuove alleanze e incalzato dalla minoranza interna. Condizioni migliori non potrebbero esserci per la partita al centro di Pierferdinando Casini, che ha un’agenda affollatissima di incontri. Dopo Fini e il premier vedrà ancora il segretario democratico per parlare di riforme e regionali.
Ma il faccia a faccia di venerdì con Berlusconi ha chiarito la distanza tra la tattica e la strategia del leader dell’Udc. Per il premier i centristi sono l’antidoto alle pretese della Lega al tavolo delle candidature per le regionali e il contrappeso parlamentare ai distinguo dei finiani sulla giustizia. Per Casini, invece, Berlusconi è la ragione stessa del suo stare al centro, del suo “ fuori mi chiamo” dal centrodestra, e nello stesso tempo il leader cui spera di succedere in un quadro nuovo, non più bipolarista.
Così oggi l’Udc non può che essere moderata e dialogante sulla giustizia e sulle riforme e correre da sola alle elezioni, ma deve anche coltivare le eccezioni, gli accordi con il centrodestra o il centrosinistra regione per regione, cercando di scomporre le coalizioni dove possibile, per accrescere domani il suo potere contrattuale, le sue credenziali per rappresentare i moderati.
Le offerte di Casini sono quasi sempre imbarazzanti per chi le riceve. A Bersani il leader dell’Udc offre sostegno in Puglia purché non sia confermato Vendola, proprio mentre il neosegretario del Pd tratta con lui per riportare nel centrosinistra una parte della sinistra radicale. Un’operazione in cui i democratici avrebbero più da perdere che da guadagnare.
A Berlusconi, Casini, propone invece l’alleanza anti-Bresso in Piemonte – dove può essere decisivo – in cambio della candidatura alla guida dalla regione al posto del leghista Cota. Uno scenario che comporterebbe un terremoto nel centrodestra del nord, con la Lega che pretenderebbe a quel punto il candidato governatore della Lombardia, con accantonamento di Formigoni e conseguenze imprevedibili.
Bossi lo ripete un giorno sì e uno no: alla Lega spettano le presidenze di Piemonte e Veneto. Il leader del Carroccio sa che se con le regionali si aprisse un varco per i centristi il suo potere contrattuale diminuirebbe, e si metterebbe il primo mattone per costruire magari nuove alleanze politiche.
Ma il gioco a due sponde di Casini desta diffidenza anche nel centrosinistra. La critica della minoranza del Pd a Bersani è quella di aver sguarnito il centro, nel nome di alleanze tutte da costruire: per franceschiniani e veltroniani se l’Udc corresse insieme ai democratici solo in Liguria e nelle Marche sarebbe la riprova che il Pd del nuovo corso ha sbagliato strada. E al Nazzareno cominciano a interrogarsi sulle reali intenzioni di Casini dopo le elezioni regionali.
Domande sulla strategia di Casini se ne fa anche Francesco Rutelli, che ha dato il suo addio ai democrat. L’attivismo del leader dell’Udc gli toglie la visibilità guadagnata con lo strappo e rischia di metterlo in difficoltà dove Casini correrà con il centrodestra.
Per questo, in attesa del centro che verrà, pensa di correre alle regionali con il suo nuovo movimento alleato del centrosinistra, confidando nei tanti scontenti del Partito democratico quando si discuterà di posti in lista.
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