mercoledì 18 novembre 2009

Istituzioni calpestate


di Antonio Padellaro


Non si era mai visto il presidente del Senato diventare il portavoce del presidente del Consiglio. Non si era mai visto neppure nei momenti più cupi della lunga anomalia italiana chiamata Berlusconi. Perfino quando a Palazzo Madama sedeva Marcello Pera, che pure di concessioni al capo ne ha fatte tante.
Non si era mai vista la seconda carica dello Stato farsi latore di un messaggio politico ricattatorio destinata alla terza carica dello Stato.
Perché la frase: “Se la maggioranza non è compatta è meglio andare al votoè un pizzino dal significato chiarissimo.
Schifani fa da postino ma chi parla è Berlusconi. Più o meno così: caro Fini piantala di contraddirmi su tutto, sottoscrivi il processo breve che mi assicura l’impunità, rientra nei ranghi, ubbidisci, altrimenti io butto il tavolo per aria, così la poltrona di Montecitorio te la scordi e di te resterà solo il ricordo del missino che ho miracolato.
Non è forse questo il cortese messaggio che viene indirizzato al povero Gianfranco dalle colonne padronali del Giornale di Feltri un giorno sì e l’altro pure?
L’uomo di Arcore ci ha abituati a tutto ma che facesse balenare attraverso un suo sottoposto lo scioglimento delle Camere, scavalcando e ignorando il presidente della Repubblica a cui la Costituzione affida esclusivamente questo potere, nessuno davvero poteva immaginarlo.
Troppa protervia? O troppa disperazione?

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