A PARTE la ricostruzione del primo dopoguerra e il boom degli anni '60, non si ricorda una "età dell'oro" della democrazia italiana. Ma stiamo precipitando davvero in un "tempo di ferro", se un capo dello Stato convoca i giornalisti per manifestare la sua "profonda preoccupazione" sulle condizioni del Paese.
L'irritualità dello strappo procedurale è direttamente proporzionato alla gravità del conflitto istituzionale. In molti, nel centrodestra, cercano ora di piegare secondo convenienza le parole di Giorgio Napolitano. Di dimostrare che quel suo appello a fermare "la spirale della drammatizzazione" sia rivolto esclusivamente ai magistrati. Che quel suo richiamo "all'autocontrollo nelle dichiarazioni pubbliche" indirizzato a "quanti appartengono all'istituzione preposta all'esercizio della giurisdizione" sia una messa in mora per l'intera categoria dei "giudici comunisti". Mentono, i corrivi esegeti del presidente della Repubblica. Accecati dall'odio che il premier continua copiosamente a produrre e a riversare non solo contro le "toghe eversive", ma contro tutte le istituzioni di garanzia, non vedono (o fingono di non vedere) una verità scomoda che nasce dalla pura e semplice logica politica.
L'inusuale "messaggio alla nazione" lanciato ieri da Napolitano attraverso la stampa è soprattutto una risposta alla farneticante "risoluzione strategica" lanciata l'altroieri da Berlusconi attraverso l'Ufficio di presidenza del Pdl. Coerenti con la fase, che se possibile esige l'ulteriore estremizzazione del "berlusconismo da combattimento", la riunione di quell'organismo di partito, e il comunicato che ne sintetizza i "lavori", rappresentano un atto da "consiglio di guerra".
Riflettono il passaggio dallo "stato di eccezione" (che richiede il varo immediato dell'ennesima legge ad personam sul processo breve) allo "stato di assedio" (che impone una reazione violenta e irriducibile contro tutti i "nemici", interni ed esterni). In quella riunione, e in quel comunicato, si lascia trapelare l'immagine di una "guerra civile" (salvo abbozzare una sedicente smentita, a danno ormai compiuto). Si parla di una magistratura che ha "sovvertito" l'ordine dei poteri costituzionali, ha intaccato "la natura stessa della democrazia", e ormai, forte di un "peso abnorme" che soverchia "la sovranità popolare", ha come obiettivo manifesto quello di "rovesciare il governo".
Con una drammatica escalation dei contenuti e dei toni, il presidente del Consiglio offre agli italiani la rappresentazione di Palazzo Chigi come il suo personale "Palazzo d'Inverno". Gli offre la narrazione, manipolata e artefatta, di un "assalto" che non c'è. Ma che gli serve per uscire dall'angolo, e per partire al contrattacco. Per il Quirinale si tratta di una "spirale pericolosa". Per questo, soprattutto, Napolitano sente il bisogno di spiegare ai cronisti la sua inquietudine. Lo fa chiedendo a tutti il recupero di una misura e di una responsabilità che sempre dovrebbero caratterizzare chi ha a cuore la tenuta delle istituzioni e la qualità della democrazia. Quindi, certo, anche a quei magistrati che devono evitare di ribattere colpo su colpo, attraverso tv e giornali, agli attacchi di Berlusconi.
È accaduto anche l'altroieri sera, subito dopo i lanci d'agenzia sulle conclusioni dell'ufficio di presidenza del Pdl. Ed è un errore, che non aiuta ma anzi danneggia la magistratura. Le toghe, secondo il Colle, devono rispondere attraverso le formule che la Costituzione gli offre (le istruttorie e le delibere, da discutere al plenum del Csm) e i canali che la giurisdizione gli apre (le indagini e i processi, da sveltire e da rendere più efficienti).
Ma qui siamo all'ovvio, e per molti versi al già detto. Quel che c'è di nuovo, nel discorso del Capo dello Stato, riguarda il premier. Il suo insostenibile "teorema". Afferma che i giudici vogliono far cadere il governo: come fa a dirlo? Quali elementi di prova può portare, a supporto di questa asserita intenzione "para-golpista"? E per smontare questa suggestione irresponsabilmente alimentata dal Cavaliere, Napolitano gli rovescia contro proprio lo stesso "assioma" sul quale poggia la sua visione populista e plebiscitaria della democrazia: nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia del Parlamento e della coalizione che ha ricevuto dagli elettori il consenso per governare. È il ribaltamento, concettuale e politico, dell'essenza più profonda dell'anomalia berlusconiana: se sei l'Unto del Signore, se sei il Prescelto dal Popolo, cosa hai da temere? Non sono i "rossi", asserragliati nella corporazione dell'Anm o trincerati nelle casematte del Pd, che possono abbatterti. Può farlo solo la tua stessa maggioranza.
Questo ha voluto dire, Napolitano. Nonostante le torsioni alle regole e gli strappi al tessuto costituzionale che il presidente del Consiglio ha azzardato in questi anni, in questi mesi, in questi giorni, in Italia la democrazia resiste, ancorché stressata e maltrattata. Come fa allora il Cavaliere a parlare di "guerra civile"? Certo, neanche il Capo dello Stato può sottovalutare i problemi che si aprirebbero, in presenza di una condanna per corruzione in atti giudiziari o di una nuova incriminazione per associazione mafiosa, per il capo del governo.
Il premier può restare ancora al suo posto? La risposta a una domanda del genere non spetta al Quirinale, né ai presidenti delle Camere, né ad altri poteri. In questi casi ci si attiene alle ordinarie garanzie costituzionali: la presunzione di innocenza, l'attesa di tre gradi di giudizio e della sentenza definitiva, passata in giudicato. Ma ci si appella anche alle sensibilità morali e politiche dei singoli: si può governare un Paese, in presenza di una condanna per aver pagato il silenzio di un testimone o in pendenza di un'eventuale coinvolgimento nell'inchiesta riaperta sulle stragi del '93? Tutto dipende dalla stabilità del leader. E soprattutto, ancora una volta, dalla tenuta della maggioranza che lo sostiene. Se l'una o l'altra non reggono, il presidente della Repubblica non può far altro che verificare cosa accade in Parlamento.
A leggerlo bene, il messaggio che arriva dal Colle è chiarissimo. Il presidente della Repubblica vigila, e non arretra. Per usare la formula di Hans Kelsen, mai come oggi è e resta "custode e arbitro delle regole del gioco", in un intreccio di mediazione/competizione con le altre istituzioni e nel rispetto del principio di maggioranza. È bene che Berlusconi ne tenga conto. Ed è bene che gli italiani guardino al Quirinale con fiducia e speranza. Dal "tempo di ferro" si può uscire, prima o poi.
(28 novembre 2009)
4 commenti:
Finalmente si cominciano a mettere i cancelli.. dopo che i buoi sono scappati!
Mi piacerebbe che Napolitano fosse più chiaro quando parla alla Nazione, questi discorsi fatti sul "capisci a mme", non vanno bene, non tutti i cittadini sono bene informati e sa benissimo che le sue parole possono essere distorte proprio da coloro contro per cui le pronuncia.
Le frasi pronunciate da SB. in TV sono gravi, gravissime, questa volta sta affondando come non mai, perchè sa che l'unica via d'uscita che gli rimarrebbe, se non passasse la legge "salvami-Alafno", è una rivolta civile che sta già debitamente addossando alla magistratura, Ha le capacità per incitare quei quattro fanatici scalmanati ad una rivoluzione e di conseguenza a trascinarvici la parte opposta. Quest'uomo è stato ampiamente sottovalutato da tutti, tranne dalla magistratura che ne conosce il giusto calibro.
Ma poi mi chiedo, come mai tanto putiferio se dovesse cadere il Governo Berlusconi? L'Italia ci ha campato con la caduta dei vari Governi e non si era mai sentito tanto schiamazzo!
Occorre osservare che il Presidente della Repubblica, quelli del Senato e della Camera, assieme alla Corte Costituzionale, sono organi di garanzia privi di una funzione politica formale.
Piacerebbe anche a me un linguaggio più esplicito e diretto, ma io sono un cittadino qualsiasi, non sono il Capo dello Stato.
Io credo che solo ora comincia a delinearsi la strategia di Giorgio Napolitano, prova ne è che anche Di Pietro lancia segnali di rappacificazione.
Per capire qual è occorre richiamare alla memoria una sua frase (di Napolitano), detta in risposta a domande poste da una scolaresca in visita al Quirinale, che gli chiedeva di tener duro.
Egli disse: "Certo che sì, ma ho bisogno anche del vostro appoggio, dell'aiuto di tutti, perchè io da solo non ce la posso fare".
All'epoca questa frase mi provocò inquietudine, non mi capacitavo di questa richiesta di aiuto.
Adesso capisco che per contrastare lo strapotere della maggioranza di governo (maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento) il percorso istituzionale del Capo dello Stato è stretto ed impervio e disseminato di trappole.
Soprattutto perchè questo Capo dello Stato è stato eletto con i soli voti di maggioranza dell'epoca (governo Prodi), quindi non a larga maggioranza.
Ha commesso qualche errore di percorso, per difetto però, non per eccesso.
Ha avuto una pazienza ed una capacità di sopportazione tale da non legittimare uno strappo istituzione da poter addebitare a lui (sarebbe stato un indubbio vantaggio per Silvio), ha atteso pazientemente che i tempi maturassero, che quella che sembrava una corazzata invincibile iniziasse ad imbarcare acqua, che emergessero le contraddizioni nella maggioranza, che venissero a galla gli scandali sessuali certamente noti, eccetto che al grande pubblico, poi la sponda di Fini che si è ribellato alla marginalizzazione e all'abbandono dei suoi colonnelli costruendo una nuova classe politica colta e raffinata.
Per ultimo il più grande nemico di S.B. si rivelato essere proprio S.B.
Adesso siamo, credo, alla stretta finale, appena un anno fa, anzi a maggio di quest'anno sembrava inimmaginabile: sta accadendo in questi giorni se non in queste ore, non resta che aspettare gli eventi, corazzati però contro una eventuale e disastrosa delusione.
Grazie, la Tua conoscenza delle strategie politiche mi delucida sempre e mi placa...un pò, solo un pò. Riuscirai a farmi simpatizzare per coloro che ritengo "placidi" :DD...
Mi scopro d'essere una vera dipietrista, impulsiva e decisa o forse meglio dire una de-macistra? :D
Premetto, corazzarmi ad un'eventuale delusione mi sarà difficile, faccio il tifo per Napolitano e Fini e che il Cielo ce la mandi buona questa volta.
Incrocia le dita, tu che ci credi!
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