venerdì 6 novembre 2009

Pd, L'ultimatum della Bresso. "Io mi candido comunque"


di MARCO TRABUCCO


Il Pd rischia di avere il suo caso Galan in Piemonte, dove la presidente uscente Mercedes Bresso potrebbe decidere di ripresentarsi comunque, con una lista civica "alla catalana", alle elezioni regionali se i Democratici non dovessero confermarla. Non le è piaciuta infatti la richiesta fatta l'altro ieri a Bersani da Pier Ferdinando Casini, di un suo "accantonamento" come condizione per l'alleanza tra Udc e Pd in Piemonte. E ancor meno le sono piaciuti i tentennamenti nel suo partito. Così ieri, appena letti i giornali, la "zarina" ha preso il telefono e ha chiesto ai vertici nazionali del Pd un segnale chiaro per la sua riconferma.

La risposta è arrivata, ma solo da Torino, dal segretario piemontese dei Democratici Gianfranco Morgando: "Per quanto riguarda la candidatura alla presidenza della Regione il Pd si è già espresso unanimemente, confermando la proposta di Mercedes Bresso come candidata alla presidenza. La costruzione di un'alleanza di governo non potrà che partire dalla condivisione di questa nostra proposta". Toni molto più sfumati sono stati invece quelli di Filippo Penati (uno degli uomini più vicini a Bersani, di cui è stato coordinatore nazionale della mozione): "L'esperienza di governo della Bresso è stata molto positiva, una valutazione che lo stesso partito piemontese ha già avuto modo di esprimere chiaramente. Per quanto ci riguarda, la Bresso rimane la nostra candidata alla presidenza della regione Piemonte".

Proprio quel distinguo, quel "per quanto ci riguarda", non ha convinto del tutto Bresso. Che ha scelto di non replicare in prima persona ed ha affidato la risposta al più fidato assessore della sua giunta, Andrea Bairati, l'uomo che da due mesi sta lavorando alla costruzione di una lista del presidente: "Anche noi abbiamo sentito i gossip che circolano, ma non prendiamo in considerazione l'ipotesi che il Pd possa pensare a un'altra candidatura. È chiaro che la lista Bresso che stiamo costruendo sarà al suo fianco in ogni caso. Se il Pd non dovesse appoggiarla si potrebbe pensare a un modello come la Catalogna, una lista dai forti connotati autonomisti e federalisti, attenta alla green economy, al mondo dei giovani e di chi oggi si è disamorato della politica e dei partiti. O al modello della lista Dellai a Trento" aggiunge polemico Bairati, visto che proprio Dellai l'altro giorno, ha chiesto per primo, per i "rutelliani", la testa della zarina.

D'altronde la minaccia di una candidatura ad ogni costo è l'unica arma oggi nelle mani di Bresso per cercare di scoraggiare eventuali alternative: in particolare quella di Sergio Chiamparino, che da mesi le voci interne al Pd (voci che il sindaco di Torino ha sempre smentito seccamente) danno in corsa per la presidenza della Regione. Chiamparino sarebbe anche il nome preferito da Casini e da Rutelli. Dall'Udc (oggi Casini vedrà Berlusconi per parlare proprio di possibili alleanze) non arrivano però segnali di rottura: "Bresso dice che si candiderà comunque? È comprensibile - dice Michele Vietti, presidente vicario del gruppo parlamentare e leader piemontese del partito, l'uomo che sta conducendo con Ghedini le trattative sulla riforma delle giustizia - lo è meno il discorso di Morgando che ci chiede di prendere o lasciare: Casini infatti ha chiesto a Bersani la disponibilità a ridiscutere lo status quo. Il che non vuol dire Bresso sì, Bresso no o Vendola sì, Vendola no. Significa invece sedersi attorno a un tavolo disposti a discutere di tutto: programmi, alleanze e candidature. Non ci stiamo ad essere la semplice aggiunta a una coalizione dove tutto è già deciso. Se così è, in Piemonte come altrove potremmo anche correre da soli".

(6 novembre 2009)

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