mercoledì 25 novembre 2009

PRONTA ANCHE UNA NORMA SALVA MILLS


Non sarà punibile la corruzione in atti giudiziari “susseguente”
di Antonella Mascali


Non si può salvare dai processi solo Silvio Berlusconi, deve essere garantita l’impunità anche a David Mills, l’avvocato inglese che per due volte, in primo grado e in appello, è stato condannato come il corrotto dal premier. È l’uomo, che secondo i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano, ha intascato 600 mila dollari per aver testimoniato il falso “nell’interesse di Silvio Berlusconi” nel novembre ’97, al processo Guardia di finanza-Fininvest e nel gennaio ’98 al processo All Iberian in cui era imputato l’attuale presidente del Consiglio. Secondo indiscrezioni, il Pdl, a quanto pare su suggerimento dei consiglieri giuridici del Ministro Alfano, sta pensando di presentare una legge ad hoc o un emendamento al ddl processi brevi-salva Berlusconi, per rendere non punibile la corruzione in atti giudiziari “susseguente”, che si ha quando la promessa e/o la “mazzetta” è successiva a un atto che favorisce o danneggia una parte processuale. Ed è per corruzione in atti giudiziari “ susseguente” che David Mills si è visto confermare in appello la condanna a 4 anni e mezzo emessa in primo grado. Secondo la Corte, a differenza del Tribunale, si è trattato di corruzione in atti giudiziari “susseguente” perché l’accordo c’è stato nell’autunno ‘99 (dopo le false testimonianze) e i soldi sono stati disponibili per l’avvocato nel febbraio 2000. Ed ecco spiegata la volontà del Pdl di non punire in questo caso l’imputato. Con questa norma si può salvare in extremis, in Cassazione, David Mills oltre al presunto corruttore, Berlusconi, nell’ipotesi fantapolitica che sarà processato. Anche se fallisse il tentativo “processi brevi” di far morire nella culla il dibattimento post-lodo Alfano, che comincerà venerdì a Milano, comunque, la prescrizione è molto vicina, marzo 2011, grazie alla ex Cirielli. Quindi al massimo potrebbe esserci un verdetto di primo grado, di certa assoluzione con questa ultima trovata, che sarebbe la risposta di Alfano all’avvocato Ghedini con cui i rapporti sono tesi. E poi il Cavaliere non può abbandonare “l’architetto” delle società off shore che gli hanno garantito fiumi di denaro nero esentasse. Lo stesso Mills glielo ha ricordato in un’intervista a Sky, l’8 ottobre scorso, alla vigilia del processo d’appello: ”Sarebbe assurdo e illogico se uno fosse condannato e l' altro assolto. O tutti e due colpevoli o innocenti, vista la natura dell' accusa di corruzione”. La legge o l’emendamento salva Mills nulla toglie al ddl processi brevi che affosserà, ha detto il Csm, fino al 40% dei procedimenti penali in corso e quasi il 50% di quelli civili. Vuol dire migliaia di processi a rischio estinzione, centinaia di imputati con ottime possibilità di farla franca e decine di vittime che non avranno giustizia. A Milano ci sono processi importanti che saranno cancellati o sono ad alto rischio prescrizione. Non solo quelli di Berlusconi, Mediaset e Mills, ma anche Telecom, Santa Rita, Parmalat 2 (già estinto prima di inziare) Bnl e Antonveneta. I dati forniti dal Csm, che ieri ha ascoltato le relazioni dei procuratori e i presidenti dei Tribunali dei più significativi uffici giudiziari (Roma, Milano, Torino, Firenze, Bologna, Napoli, Palermo e Reggio Calabria), sono in linea con i dati forniti dall’associazione nazionale magistrati secondo i quali sono a rischio fino al 50% dei processi. Numeri terrificanti che il ministro Alfano si ostina a smentire. Ieri ha ribadito che l’Anm ha dato “una cifra infondata e iperbolica”. Palamara, presidente del sindacato delle toghe, ha confermati i numeri e ha spiegato che sono a rischio soprattutto “i processi per truffa e falso in bilancio e in genere quelli con molti testimoni”. Sul ddl processi brevi ieri è tornato a prendere le distanze il presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Vedremo quale sarà l'esito. Credo si possa discutere sul fatto che i processi devono essere definiti in tempi ragionevoli, ma deve essere chiaro che questa non è la riforma della giustizia”.

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