martedì 3 novembre 2009

Tremila euro per Natalì e la coca poi entrarono i carabinieri"


di CARLO BONINI


Piero Marrazzo torna di fronte ai pubblici ministeri, che lo avevano ascoltato il 21 ottobre, per una nuova deposizione che chi lo ascolta definisce a sera "ancora molto confusa". E che tuttavia - per quanto ne riferiscono fonti inquirenti della Procura - modifica in una parte cruciale il racconto dei fatti di via Gradoli 96. Dice: "L'elevato importo in contanti - 5 mila euro - che avevo con me la mattina del 3 luglio si giustifica perché nei miei incontri era previsto il consumo di cocaina. Cocaina di cui è capitato che anche io facessi uso".

"NESSUN RICATTO. SOLTANTO UNA RAPINA"
L'ex governatore rimane negli uffici giudiziari di Piazza Adriana per tre ore, ma il cuore della sua testimonianza non dura più di sessanta minuti. E ha il suo epitaffio in una dichiarazione che chiede di mettere a verbale. "Non sono stato vittima di nessun ricatto e ho sempre svolto il mio ruolo di Presidente della Regione Lazio nell'interesse esclusivo dei cittadini. Ho sempre considerato quanto mi era accaduto la mattina del 3 luglio soltanto una rapina".
Soltanto "una rapina". Di cui l'ex Governatore ora torna a precisare le circostanze e i protagonisti. A cominciare dalla figura di Natalì, il transessuale brasiliano. Il 21 ottobre, l'aveva descritto come un appuntamento poco più che occasionale ("Era una persona incontrata qualche tempo prima per strada, di cui avevo il numero di cellulare"). Che ora, al contrario, diventa "una frequentazione che risale nel tempo". Marrazzo spiega di aver frequentato via Gradoli "più volte". E di aver incontrato Natalì "anche nell'appartamento" in zona Cortina d'Ampezzo che il transessuale riteneva fosse "la casa" del Governatore. "La mattina del 3 luglio arrivai in via Gradoli con l'auto guidata dal mio autista, scendendo ad alcune centinaia di metri dal luogo dell'incontro con la scusa di fare una passeggiata". Il transessuale lo aspetta nell'appartamento, "dove - assicura Marrazzo - non notai la presenza di nessun altro". Tantomeno di Gianguarino Cafasso, il "pappone" di via Gradoli. Il pusher che riforniva trans e clienti della comunità. "Non so chi sia - spiega Marrazzo ai pm che insistono su questo punto - Non l'ho visto quel giorno, né ho mai avuto rapporti con lui".

TREMILA EURO SUL TAVOLINO E LA COCAINA
Il Governatore entra dunque in casa e - come già aveva spiegato nel suo primo interrogatorio - dice: "Mi spoglio parzialmente e deposito parte della somma concordata per l'incontro su un tavolinetto in una delle due stanze di cui era composto l'appartamento: 5000 euro. Mi sembra di aver lasciato sul tavolinetto 3000 euro, conservando il resto nel portafoglio". I pm, però, questa volta muovono un'obiezione. "Come giustifica una somma così alta per una prestazione sessuale?". Marrazzo si aspetta la domanda. Ha avuto modo di riflettere sulla risposta da dare per 12 giorni. E non è una risposta semplice, né emotivamente, né processualmente. "Il compenso pattuito con Natalì era in effetti di mille euro. L'elevato importo in contanti che avevo con me la mattina del 3 luglio si giustifica perché negli incontri era previsto il consumo di cocaina. Cocaina di cui è capitato che anche io facessi uso".

Il passaggio è tanto delicato, quanto cruciale. Marrazzo, infatti, pur dovendo riconoscere quel che aveva preferito tacere nella sua prima deposizione (il consumo di cocaina durante i suoi incontri), decide di provare a tenere comunque insieme le sue parole del 21 e quelle di oggi. Ribadisce, infatti, che, entrato nell'appartamento, non ebbe modo di notare cocaina. "Mi accorsi che era sul tavolo solo dopo l'irruzione dei carabinieri". Anche se, questa volta, evita - per quel che riferiscono fonti inquirenti - di accusarli direttamente o indirettamente di averla introdotta nell'appartamento (Il 21 ottobre aveva detto: "Posso avanzare l'ipotesi che siano stati loro a metterla sul tavolino"). Sono parole evidentemente pesate con grande attenzione, che lo devono mettere al riparo da una possibile accusa di calunnia, e che mettono però fuori gioco la testimonianza di Natalì. Che, nei suoi due verbali di interrogatorio, si era detta certa che tra lei e l'ex Governatore cocaina non ne fosse mai girata: "Mai Piero ne ha portata con lui. Mai io gliene ho data".

"NON MI SONO MAI ACCORTO CHE QUALCUNO FILMASSE"
Nella nuova deposizione di Marrazzo, la dinamica dell'irruzione dei carabinieri e la rapina che ne sarebbe seguita, è il calco del verbale del 21 ottobre. Dal furto del denaro contante sul tavolino a quello nel portafogli, ai tre assegni in bianco per un importo di 20 mila euro. E, come quel giorno, l'ex Governatore torna a ripetere: "Non ho avuto nessuna percezione che qualcuno mi filmasse". Né quel 3 luglio, né nei mesi precedenti, quando compagni dei suoi appuntamenti erano i transessuali Brenda e Michelle. Ai pubblici ministeri che, su questa circostanza, gli chiedono se abbia avuto la consapevolezza di essere stato filmato o fotografato (come Brenda ha ribadito a verbale, sostenendo che Marrazzo era "consenziente"), Marrazzo risponde di conoscere entrambi, ma insiste: "No. Non ho mai saputo di essere stato né fotografato, né filmato".

LA NUOVA VERITA' DEI CARABINIERI
Marrazzo - spiegano fonti inquirenti - tornerà ad essere sentito. E' un fatto che la sua deposizione di ieri, pur conservando elementi di contrasto cruciali, cominci ad avvicinarsi e in qualche modo a modellarsi sulla nuova verità che il maresciallo Nicola Testini e i carabinieri Carlo Tagliente e Luciano Simeone hanno consegnato il 24 ottobre al gip Sante Spinaci che ne ha convalidato il fermo. Con tre verbali ora depositati agli atti del tribunale del Riesame.

"Intendiamo modificare quanto riferito con le nostre dichiarazioni spontanee del 20 ottobre scorso (giorno in cui vennero perquisiti i loro alloggi ndr.)", dicono i carabinieri. E la loro storia prende un'altra strada. "Il 3 luglio - spiegano Tagliente e Simeone - il nostro confidente Cafasso ci indicò l'appartamento di via Gradoli, segnalandoci telefonicamente un festino di trans e cocaina. Eravamo in macchina e raggiungemmo il condominio in pochi minuti". E qui, la scena che si apre ai due carabinieri e un po' diversa da quella che ricorda Marrazzo. Nell'appartamento, sarebbero in tre. "Riconoscemmo la presenza di Cafasso, che ci aveva preceduto, del transessuale Natalì e del Presidente Piero Marrazzo". "Sul tavolo - aggiungono i due militari - notammo due strisce di cocaina e, appoggiati in un piatto, una cannuccia, un portafoglio e un tesserino plastificato". Quello che accade dopo - raccontano ancora a verbale Tagliente e Simeone - è uno scambio di battute con il Governatore. "Dicemmo a Marrazzo: "Ma che sta facendo?". E lui: "Nulla di male". E noi: "Ma le sembra normale?". A quel punto, lui disse: "Vi prego, non mi rovinate" e offrì di aiutarci con l'Arma". Alla scena, a dire dei due carabinieri, assiste anche Natalì (lei, al contrario smentisce, sostenendo di essere stata "chiusa sul balcone"). Quindi, spiegano al gip: "In quel momento, non ci accorgemmo che Cafasso stava girando delle immagini. Noi, verificammo che la quantità di cocaina era modica e la gettammo nel water. Quindi, ci scambiammo dei numeri di telefono. Marrazzo prese il numero di uno dei nostri cellulari e ci diede quello della sua segreteria". Poi, "dopo circa 15 minuti, ci allontanammo dalla casa". Il maresciallo Testini (quel giorno e nei giorni successivi in ferie a Bari) conferma a verbale la versione di Tagliente e Simeone e aggiunge di aver saputo quanto è accaduto soltanto l'8 luglio, al suo rientro a Roma. Quando Cafasso informa Tagliente e Simeone, di aver girato un video quella mattina del 3 luglio e di aver voglia di farci sopra del grano. I tre ammettono con il gip di "aver sbagliato" a mettersi a quel punto nel gioco. Di aver "commesso una grave leggerezza". Ma, giurano, di "non aver mai ricattato o voluto ricattare nessuno". Di non aver rapinato nessuno. Di non aver accettato assegni in bianco. E offrono una prova. Il numero di cellulare consegnato a Marrazzo al momento dell'irruzione verrà disattivato quattro giorni dopo. Dice l'avvocato Marina Lo Faro, difensore dei tre carabinieri: "Si è mai visto un ricattatore che volontariamente si disfa dell'unico contatto telefonico su cui può essere rintracciato dal ricattato?".

(3 novembre 2009)

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