giovedì 10 dicembre 2009

ANTIBERLUSCONISMO? NON È UNA PAROLACCIA


Sergio Cofferati spiazza: “Il popolo viola, energia interessante
Il premier incarna un modello culturale a cui ci opponiamo”
di Luca Telese


La notizia che ti spiazza arriva quando l’intervista è quasi finita, e la domanda sul congresso della Cgil spinge Sergio Cofferati a ricordarsi di due vite fa: “Certo che partecipo... Sono iscritto al sindacato pensionati, se il congresso della mia Lega si terrà quando non sono impegnato a Strasburgo voterò”.
Silenzio. Chiedo: per quale documento?
Cofferati fa un’altra delle sue pause leggendarie: “...Che il congresso sia per tesi contrapposte non è una novità e non deve stupire. Per quel che mi riguarda trovo molto interessanti i ragionamenti e le tesi contenute nella mozione di... presunta minoranza”.
Ovvero: l’ex segretario se va a votare non vota per il suo erede, Guglielmo Epifani, e simpatizza per i suoi avversari.
Ma le sorprese non finiscono: nell’intervista il riformista Cofferati (“Gli altri si definiscano come vogliono, io penso di potermi fregiare di questo titolo”) apre al popolo viola, rilancia la necessità di un’opposizione senza complessi, e spiega perchè per lui “antiberlusocnismo” non è una parolaccia.
Cofferati, lei non era contrario al No-B-Day?
Assolutamente no. Non ho capito tutti i timori di alcuni miei compagni di partito.
C’era il rischio di essere appiattiti sulla protesta?
Noi dobbiamo essere un grande partito di alternativa riformista. Se siamo sicuri della nostra identità quale può essere il rischio di sfilare al fianco del popolo viola?”.
C’era paura di parole d’ordine massimaliste
Invece il ritorno che ho avuto io è molto positivo. Per carità, non c’è solo lo spontaneismo, c’erano anche spezzoni organizzati, però la novità di una manifestazione nata nella rete c’è stata.
Quali novità vede?
Avverto energia interessante. Il Pd è sembrato geloso della sua autonomia politica. (Sorride) Mi pare che i partiti tradizionali siano gelosi della capacità di mobilitazione, piuttosto.
C’è chi si sente scavalcato.
Io credo che sia giusto stare un passo indietro quando a organizzarsi sono i cittadini.
Ma lei condivideva quelle parole d’ordine radicali?
Allora: ‘Berlusconi dimettiti’ non è il mio slogan. Ma non c’era solo quello: condivido l’idea di cambiamento che quei ragazzi hanno espresso anche con quello slogan.
Ci sono state critiche al Pd per le aperture sulla giustizia al centrodestra.
Nemmeno a me piace la proposta di Letta sul diritto di Berlusconi a difendersi dal processo. Credo che la posizione di Bersani, molto netta, sia un’altra. Il Pd adesso deve farla vivere in Parlamento.
Altra obiezione al popolo viola: c’è troppo antiberlusconismo.
(Sorride ancora). Mi piacerebbe fare chiarezza anche su questo. Se antiberlusconismo è opporsi in modo ossessivo e pregiudiziale a una persona non condivido....
Invece...
Se devo oppormi a un governo presieduto da Berlusconi faccio fatica a prendermela con Alfano o la Carfagna.
L’antialfanismo....
Capisco che alla destra sia utile. Ma Berlusconi non è solo una persona. E’ una responsabilità politica, un modello culturale, un’idea dei rapporti istituzionali che a me non piace per nulla. Se ci si riferisce a questo, l’antiberlusconismo è un sentimento non legittimo.
Anche lei giacobino?
Beh, non da solo. Ci sarà un motivo se Fini difende il parlamento da questa concezione un giorno sì e l’altro pure.
Non lo metta nei guai.
Per carità. Solo che la crepa che si è aperta nel Pdl, l’idea di una destra più europea e rispettosa delle regole che prefigura, dovrebbe far riflettere anche noi.
In Europa cosa le dicono di noi?
A Strasburgo le battute su Berlusconi fioccano. E non solo per pregiudizio politico. Molti conservatori, ad esempio inglesi, non hanno nulla a che vedere con quel modello. Ma c’è anche chi è affascinato dal leaderismo di Berlusconi.
Come giudica la risposta del governo alla crisi?
Andrebbe spiegato, magari, che il governo non ha affatto risposto.
E’ così duro?
Ha soltanto spostato i problemi più avanti, senza trovare soluzioni.
Mi faccia un esempio.
Gli strumenti adoperati sono vecchissimi. Gli ammortizzatori sociali? Sono quelli predisposti per la crisi del 1971!
Ci sono gli incentivi industriali
Archeologia industriale. Non puntano a premiare ricerca e qualità, ma solo la produttività.
E i prepensionamenti?
Li conosco bene. Sono nati, in questa stessa forma, per la crisi della Pirelli del 1973!.
Cosa dovrebbero dire, di più, oggi, i dirigenti del Pd?
Che l’Europa deve difendere la sua capacità industriale.
Si dice: gli operai sulle gru sono anacronistici.
Sono un grido che segnala un problema. Ma hanno più ragioni gli operai dell’Innse che difendono il loro lavoro, quelli di Porto Torres che difendono la chimica, e quelli di Termini che non vogliono far scappare la Fiat, dei liberisti che vorrebbero lasciar decidere al mercato delocalizzando tutto!
E’ ingiusto dislocare la produzione dove costa meno?
Spostare le nostre industrie nel sud del mondo non è intelligente e non è utile. Bisogna fare la chimica in Italia, e farla pulita. Bisogna tenere Termini imerese, e investire nella ricerca.
La crisi è finita?
Quella finanziaria sì. Quella economica e quella sociale no. Arriviamo a 2 milioni di disoccupati. Ma il numero crescerà quando verranno meno gli ammortizzatori sociali.
Ma la sinistra ha cose da dire?
Sulla crisi sociale siamo gli unici attrezzati. Su quella finanziaria gli unici a parlare delle regole che servono ad impedire al mercato di ricaderci. Il fatto che sia finita, non vuol dire che non possa ripetersi.

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