La notizia era stato lo stesso Gian Carlo Caselli a raccontarla: “L’allora questore di Palermo Arnaldo La Barbera – grande poliziotto, al quale resto profondamente grato – venne a sapere, da fonti evidentemente attendibili, di un attentato in preparazione – scrive oggi il procuratore a Torino nel suo ‘Le due guerre. Perché l’Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia’, Melampo editore –: un missile o un bazooka a lunga gittata per colpire il mio appartamento dal monte Pellegrino, proprio davanti al parco della Favorita (armi del genere Cosa Nostra ne aveva in abbondanza: sequestreremo, nei loro arsenali, anche moltissimi Rpg 18 di produzione sovietica, i micidiali ‘martelli di Allah’ impiegati dai mujaheddin afghani per abbattere gli elicotteri di Mosca”. “Quella volta – prosegue ancora Caselli – venni allontanato dalla città in gran fretta. Senza neanche avere il tempo di fare le valigie, fui spedito dal questore all’aeroporto militare di Boccadifalco. Ero l’unico civile ad abitarci, circondato da esercito, polizia e carabinieri. Per la mia sicurezza ero costretto all’isolamento più totale”.
Ora la conferma di quel piano omicida di 15 anni fa arriva da Gaspare Spatuzza, il superpentito del processo Dell’Utri. “Tramite la ‘ndrangheta, la cosca dei Nirta, abbiamo acquistato delle armi, due mitra, due macchine-pistole e un lanciamissili. Era un carico d’armi per fare un attentato a Caselli che sapevamo si muoveva con un elicottero dell’elisoccorso che partiva dall’ospedale Cervello” ha raccontato nelle centinaia di pagine di verbali riempiti dai magistrati di Firenze, Palermo e Caltanissetta.
Siamo nel ‘94, l’anno dell’arresto dei Graviano, l’anno in cui Spatuzza diventa capo mandamento. “Avevo la reggenza del mandamento di Brancaccio e tramite Pietro Tagliavia mi dicono che devo ‘curarmi’. Questo lanciamissili – dice Spatuzza ai magistrati – era custodito in un magazzino della nostra famiglia che venne poi perquisito dalla Dia. Era nascosto nell’intercapedine di un divano e non fu trovato”.
Al giudice in quel periodo arrivarono in procura a Palermo diverse lettere anonime di minaccia di morte. Non solo per il procuratore ma anche per tre imprenditori, politici e per l’allora presidente della regione, Giuseppe Campione. Ma in particolare quella per Caselli – alla luce delle ultime dichiarazioni di Spatuzza – si rivela esattissima e inquietante per i riferimenti: “Ti facciamo saltare con un missile terra-aria che ci è arrivato dalla Jugoslavia. Spariamo contro l’elicottero che ti porta da Punta Raisi a Boccadifalco”.
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