sabato 5 dicembre 2009

IL CASO DI STEFANO CUCCHI LE PAROLE DI GIOVANARDI



di Luigi Morsello
Due giovani lettori del Corriere della sera hanno scritto a Sergio Romano un messaggio di indignazione per la parole di Carlo Giovanardi relativamente alla morte del giovane Stefano Cucchi nelle circostanze drammatiche già in quella data note all’opinione pubblica.
Vediamo chi
sono questi due signori.

Sergio Romano, classe 1929, nato a Vicenza il 7 luglio, è uno storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano, Cresce tra Milano e Genova in una famiglia della borghesia imprenditoriale. Terminato il liceo classico "Beccaria" di Milano, comincia gli studi di giurisprudenza all'Università statale di Milano e contemporaneamente inizia la collaborazione a testate giornalistiche. Viaggia nelle capitali europee (Parigi, Londra, Vienna) da poco uscite dalla guerra. La frequentazione prolungata dell'Europa lo indirizzano verso la carriera diplomatica.
Conclude nel 1989 la sua carriera diplomatica, dopo essere stato direttore generale delle relazioni culturali, ambasciatore alla NATO e successivamente a Mosca, nell'allora Unione Sovietica. Di questa sua lunga esperienza è possibile farsi un'idea attraverso le Memorie di un conservatore (2002), ritratto conciso della classe burocratica e diplomatica italiana (e non solo) nell'epoca della guerra fredda.
Divenuto commentatore per alcune testate italiane (la Stampa, il Corriere della Sera, Limes, Il Mulino), curatore di una collana storica per la casa editrice Corbaccio, ha altresì insegnato all'Università della California, ad Harvard, a Pavia, a Sassari e all'Università Bocconi di Milano. È inoltre presidente del Comitato generale premi della Fondazione Balzan.
Nel 1993 ha vinto il Premio Nazionale Letterario Pisa nella Sezione Saggistica.
Oggi ha 80anni, è su posizioni conservatrice, indubbiamente un uomo di successo. Più di una volta si è distinto per analisi controcorrente, è opinionista del Corriere della Sera, dove ha una rubrica con i lettori di quel quotidiano

Carlo Giovanardi è un senatore del PdL, nato a Modena il 15.1.1950, il prossimo 15 gennaio compie 59anni.
Laureato in giurisprudenza, ha prestato servizio militare presso l'Arma dei Carabinieri.
È il Presidente nazionale dell' Associazione Insigniti Onorificenze Cavalleresche A.I.O.C..
La sua esperienza politica comincia nel 1969, quando si iscrive alla Democrazia Cristiana. In questi anni, è consigliere comunale a Modena, consigliere regionale e capogruppo della DC nel Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna. Viene eletto deputato alla Camera dal 1992 e confermato nelle successive legislature. Dopo la diaspora democristiana, nella Seconda Repubblica aderisce al Centro Cristiano Democratico (CCD) guidato da Pier Ferdinando Casini e membro della coalizione di centrodestra.
Sulla vicenda di Mani Pulite, nel 1997 ha scritto il libro Storie di straordinaria ingiustizia.
Eletto nuovamente deputato nella XII e XIII legislatura, è stato presidente del gruppo parlamentare del CCD e vicepresidente della Camera dei deputati.
Alle elezioni politiche del 2001 viene eletto deputato nel collegio uninominale di Lecco per la coalizione della Casa delle Libertà e confluisce, insieme a tutto il partito, nell'Unione dei Democratici Cristiani e di Centro (UDC). In questa fase ricopre l'incarico di Ministro per i Rapporti con il Parlamento, nei due governi presieduti da Silvio Berlusconi (II e III) nel quinquennio 2001-2006.
Nel 2004 stende un ddl, finalizzato ad imporre una chiusura anticipata dei locali notturni, che viene bocciato però dal Parlamento.
Nel dicembre 2005, durante un'intervista a Radio24, Giovanardi afferma di non essere dipendente di nessuno se non dei suoi elettori. Questa dichiarazione gli è valsa una richiesta di dimissioni da parte del comico Beppe Grillo in quanto, secondo l'articolo 67 della Costituzione Italiana, "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione", non soltanto la parte dei propri elettori.
Nel febbraio 2006 riesce ad inserire la nuova legge sulle droghe (cosiddetta Legge Fini-Giovanardi) all'interno del pacchetto sicurezza per i XX Giochi olimpici invernali che si svolgono in Italia. Con tale legge le droghe leggere, come la cannabis, vengono equiparate a droghe pesanti quali eroina o cocaina, ed introdotte sanzioni penali anche per i consumatori, sanzioni che erano state cancellate dal Referendum popolare del 18-19 aprile 1993 in cui si sancì la non punibilità dei consumatori.
Alle elezioni politiche del 2006 viene rieletto deputato per l'UDC, nella circoscrizione Veneto-2, divenendo presidente della Giunta per le autorizzazioni e presidente del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa. Componente della I Commissione Affari Istituzionali, ha presentato proposte di legge circa:
-il riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri;
-disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali;
-disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale;
-indulto.
Nell'aprile 2007 è il protagonista della mozione che sfida la maggioranza di Pier Ferdinando Casini e Cesa nel III Congresso dell'UDC. Giovanardi, a dispetto della linea seguita dal partito di dichiararsi autonomo dalla Casa delle Libertà e di intraprendere iniziative indipendenti nell'opposizione al centrosinistra, chiede una riapertura al dialogo con la CdL (e in primo luogo con Forza Italia e Alleanza Nazionale), in nome del comune essere alternativi alla sinistra, e di avviare un percorso di collaborazione con tutti i soggetti che aderiscono al Partito Popolare Europeo e si richiamano all'area politica di centro. La candidatura di Giovanardi alla segreteria del partito ottiene il 14% dei consensi.
A novembre 2007, in seguito all'annuncio della nascita del Popolo della Libertà lanciato da Berlusconi, Giovanardi afferma di mostrare interesse verso il nuovo progetto e l'area da lui sostenuta vota, nel consiglio nazionale dell'UDC, per l'adesione al nuovo partito. La posizione si rivela minoritaria e il 4 febbraio 2008 Giovanardi decide di lasciare l'UDC fondando il movimento dei Popolari Liberali per aderire al PDL perché, dice, «con la nostra storia vogliamo essere una componente della costola del PPE che nascerà in Italia».
Alle elezioni politiche italiane del 2008 è eletto Senatore nelle liste del PDL in Emilia Romagna.
Da maggio 2008 è Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, al contrasto delle tossicodipendenze e al servizio civile.
Il proibizionismo in tema di droghe.
A maggio 2008, in un'intervista al sito dei Circoli della Libertà, Giovanardi afferma l'intenzione di introdurre una legge che proibisca tout court qualsiasi manifestazione antiproibizionista: "Vogliamo dire basta alla cultura della droga. E per farlo vogliamo introdurre nell'ordinamento una norma che impedisca di fare propaganda, anche indiretta, a tutte le droghe, comprese quelle cosiddette leggere [...] Oltre a insistere su prevenzione e formazione, e ad avere invitato prefetti e questori a vigilare e attivarsi con determinazione per contrastare queste irresponsabili iniziative, ci impegneremo a trovare gli strumenti normativi più idonei per non permettere più che manifestazioni propagandistiche come la tre giorni sulla canapa a Bologna possano svolgersi liberamente."
La vicenda di Stefano Cucchi.
Il 9 novembre 2009 Giovanardi afferma a Radio 24 che la morte di Stefano Cucchi, giovane deceduto in carcere a seguito di un arresto per possesso di 20 grammi di cannabis, le foto del cui cadavere dopo l'autopsia, diffuse dai genitori, ne mostrano il corpo segnato da evidenti lesioni, traumi e fratture, sia avvenuta a causa "della droga", in quanto "anoressico, drogato e sieropositivo". L'11 novembre Giovanardi si è scusato in una intervista a RadioDue con la famiglia del giovane. Queste notizie sono reperibili su Wikipedia.
Sabato 14 Novembre 2009 il Corriere della Sera pubblica nella nicchia di Sergio Romano, la sua rubrica delle lettere, due mail di due lettori.
“Il sottosegretario Carlo Giovanardi ha affermato: «Stefano Cucchi è morto perché anoressico, drogato e sieropositivo». Nessuna meraviglia: in passato ha già dato più volte un saggio della sua intelligenza, profonda cultura e cristiana sensibilità. Nel 2006, alla trasmissione «Ottoemezzo» — dedicata al tema della eutanasia infantile e al caso di un neonato affetto da malattia inguaribile e in preda a dolori insopportabili — lui uscì con questa frase: «Finché c’è vita c’è speranza»; e in una trasmissione di Bruno Vespa ha affermato che un medico aveva il dovere di tenere in vita Piergiorgio Welby, così come ogni medico ha il dovere di salvare un suicida che si getta dalla finestra e resta vivo.


Miriam Della Croce
miriamdellacroce@tiscali.it


Sono esterrefatto per le dichiarazioni di Giovanardi.
Come si permette di fare gravissime affermazioni? Il ragazzo è stato ammazzato.
È inutile girare attorno alle parole: non gli hanno neppure concesso un legale di fiducia perché temevano che parlasse. Solo ora i giudici cominciano a inviare avvisi di garanzia. Alla povera Eluana Englaro era stato somministrato sino all’ultimo del cibo; a Cucchi i medici non hanno fatto nemmeno la flebo. Tanti sono i colpevoli per questa tragedia, ma dovranno pagarla perché l’opinione pubblica è scossa dall’episodio.


Aurelio Romanoni
romanoni.aurelio@tiscali.it


Questa la risposta dell’ambasciatore Sergio Romano:
“Cari lettori,
Il caso del giovane Cucchi ha suscitato gravi sospetti sul comportamento delle forze di polizia e dei medici. È giusto che l’opinione pubblica ne sia preoccupata e che la ma­gistratura indaghi. Ed è giusto che i giornali abbiano dato spazio alle voci di quanti sono indignati dalla possibilità di atteggiamenti repressivi o negligenti. Ma questo coro di proteste e accuse ha avuto l’effetto di oscurare un aspetto della vicenda non meno im­portante. Commossi dalla morte di Stefano Cucchi, abbiamo dimenticato che ogni persona è responsabile della propria vita ed è inevitabilmente destinata a raccogliere i frutti delle proprie scelte. Non ne sono sorpreso. La reazione al caso Cucchi è quella che si è progressivamente diffusa ormai da parecchi anni sino a diventare, col passare del tempo, «corretta». La morte della vittima ne cancella le responsabilità; e tanto meglio se la colpa può essere imputata allo Stato e alle sue istituzioni. Il caso del ragazzo Giuliani ucciso a Genova durante la manifestazione del G8 nell’estate del 2001 è probabil­mente l’esempio più clamoro­so di questa nuova regola sociale.
A me sembra che tale regola — la vittima è sempre innocente — renda un pessimo servizio ai nostri figli e nipoti. Se continueremo su questa strada li convinceremo che non sono responsabili di se stessi, che non hanno il dovere morale di pesare attentamente le loro azioni. Educheremo genera­zioni di ragazzi che oscillano fra l’autocompatimento e la frustrazione. Non avrei usato le parole di Carlo Giovanardi, ma credo che il suo intervento «scorretto» abbia avuto il merito di ricordare ciò che troppi hanno dimenticato.”.
Immagino che i “cari lettori” si siano pentiti di avere indirizzato il proprio grido di protesta proprio a Sergio Romano, il quale sicuramente avrà perso due lettori, come anche, credo, il Corriere della Sera.
Il “cursus honorum” di entrambi non depongono favorevolmente per lo svolgimento di considerazioni e riflessioni di solidarietà umana.
Non mi sembra di notare nella risposta di Sergio Romano traccia alcuna di pietà per la vittima, né nel senso teologico del termine (due cattolici come loro dovrebbero conoscerlo bene), alla stregua del quale la Pietà è un concetto teologico che descrive l'affetto, il rispetto e l'obbedienza che il credente ha per Dio e per le cose sacre. Secondo la teologia cattolica e quella anglicana questi sentimenti non sono dovuti alla paura del credente per la potenza della divinità ma quale esigenza interiore dovuta alla gratitudine per l'amore che il fedele sente di ricevere dal suo Dio, né nel significato attuale del termine (il sentimento che induce l'uomo ad amare e rispettare il prossimo, nel significato attuale della parola pietà, sinonimo di misericordia).
Sono due vecchi conservatori, due uomini di successo, che a mio giudizio hanno perso il contatto con la realtà del mondo d’oggi, realtà che guardano con occhio severo al limite della spietatezza.
Personalmente, non sono mai stato di destra, non ho mai avuto sentimenti di stima per Carlo Giovanardi e ho da tempo smesso di ammirare Sergio Romano.
Le indagini in corso e il risultato dell'inchiesta interna svolta dal D.A.P. hanno dimostrato che Stefano Cucchi non è morto perchè tossicodipendente, ma per reati ipotizzati come omicio preterintenzionale a carico di tre agenti di polizia penitenziaria e omicidio colposo a carico di tre medici del reparto detentivo Sandro Pertini, gestitito da una ASL romana.
Non mi risultano parole di pentimento di Sergio Romano e Carlo Giovanardi, nè me ne aspettavo.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non sembra li abbia sfiorato il minimo dubbio che quella morte non fosse dovuta, nella migliore delle ipotesi, ad errore umano.
Entrambi l'hanno fatta risalire, con un singolare improbabile rapporto di causa ad effetto, alla tossicodipendenza e allo stile di vita del giovane, e non alle persone che hanno avuto in custodia lo stesso.