domenica 6 dicembre 2009

Incompatibili al carcere Detenuti a vita


VIAGGIO SENZA RITORNO NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI
di Giacomo Russo Spena


Mani e piedi legati al letto con una cinghia di cuoio. Al centro una fessura per i bisogni. In questo stato per ore, a volte per giorni. La “contenzione fisica” è pane quotidiano per gli internati degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg). I nuovi manicomi criminali. Sono 1.300, di cui circa 100 donne, le persone rinchiuse nei sei centri presenti nel Paese: Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Napoli, Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mantova). A parte quest’ultimo, sono strutture vecchie e sovraffollate, in condizioni igieniche precarie. La vivibilità interna al collasso. Negli Opg finiscono le persone non imputabili (incompatibili col carcere), per infermità mentale, così vengono sottoposte alla misura di sicurezza. “Ai sensi dell’articolo 207 del codice penale la restrizione non può essere revocata se gli individui sottoposti non hanno cessato di essere socialmente pericolosi”, spiega l'avvocato Giuliano Pisapia, ai tempi del governo Prodi tra i membri della commissione per la Riforma del codice penale, che nota come sia presente un vulnus giuridico. Mentre la pena è certa e ha un termine, la detenzione negli Opg è prorogabile.
Sta alla magistratura di sorveglianza giudicare, in base alle perizie dei medici, la riabilitazione dell’internato. “Bisogna introdurre - sentenzia Pisapia - la norma che il trattenimento negli ospedali psichiatrici non possa superare la pena prevista per la stessa violazione in carcere”. Sul totale dei ricoverati il 65,1% ha commesso un reato contro la persona, il 15,4% contro il patrimonio, il 4,9% contro la libertà sessuale. Al momento sono circa 470 i “ristretti” a vita. Gli interventi di recupero sono nulli. Altre volte sono le famiglie a non voler indietro l’internato.
La situazione è leggermente cambiata da quando nel 2008 il governo di centrosinistra ha avviato una modifica degli assetti organizzativi: la gestione sanitaria è affidata ora alle Asl regionali, mentre è rimasta al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria la competenza in materia di sicurezza.
Solo a Barcellona il Dap coordina ancora tutte le attività: la struttura è in una regione a statuto speciale ed ha bisogno di una legge ad hoc per attuare la riforma. Le condizioni in questo Opg sono particolarmente drammatiche. Gli internati sono passati da 150 a 325 (i posti regolari sono 170), dormono in 10 in celle da 5. “Mentre gli operatori e gli agenti sono addirittura diminuiti”, afferma Don Giuseppe Insana, attivo con la sua associazione nel recupero e reinserimento dei detenuti. “Mancano attività socialmente utili e interventi specifici per alcolizzati, tossicodipendenti e insufficienti mentali - spiega il religioso - Le condizioni igieniche personali e dell’ambiente sono pessime ed è assente il budget vestiario. I ricoverati restano abbandonati, senza relazioni significative, con un conseguente processo cronicizzante. E, in caso di aggressività, sono legati al letto di contenzione o malmenati”.
La disperazione più totale porta ad atti di autolesionismo e tentati suicidi (sono privati di radio, telecomandi o pastelli a cera perché si ha paura che li possano inghiottire).
Non mancano episodi in cui gli internati riescono a togliersi la vita o morti “sospette”. Il 4 febbraio 2008 un giovane dell’Opg di Aversa si “suicida” in circostanze ancora da definire. All’età di 17 anni gli era stata diagnosticata una “schizofrenia paranoidea”. “Come fa un paziente schizofrenico - sostengono i genitori - a impiccarsi contutta tranquillità, di notte? Dove stavano le guardie?”. Si attendono ancora gli sviluppi. Intanto le vittime non si sono arrestate. L’ultima a Parma qualche giorno fa, con la madre di Giuseppe Saladino che accusa un abuso di farmaci somministrati dai dottori al figlio quando era rinchiuso nella struttura di Reggio Emilia. Lo psichiatra Giuseppe Nesi, dipendente dell’Asl campana, ammette come i tranquillanti siano usati per risolvere i problemi di vivibilità nei centri: “Forse si esagera nel darli - dice - Altro problema è che in alcuni Opg mancano proprio gli psicofarmaci per mancanza di risorse economiche”. Come gli stessi medici. Viene negato il diritto alla cura. Il letto di contenzione? “E’ una pratica che va ridotta al minimo indispensabile - continua Nesi - Si utilizza eccessivamente”. Secondo Antigone un internato su sei ha conosciuto l’esperienza della coercizione. “Non ha alcun fondamento medico - dice Dario Delle Aquile, membro dell’associazione e autore di un libro inchiesta sugli Opg - E’ effettuata spesso a fini meramente punitivi”.
In tutte le strutture sono presenti una o più sale di “contenzione”.
Non mancano casi documentati di internati costretti al letto fino a 14 giorni di seguito.
Secondo l’ultimo dato ufficiale fornito dal Dap nel 2005 gli episodi di coercizione sono stati 515: a Castiglione 188, a Reggio Emilia 123, a Barcellona 84, a Montelupo 69, ad Aversa 51 ed a Napoli 50.
Tanti. Troppi per il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani del Consiglio d’Europa che ha constatato come i pazienti spesso siano “costretti” solo come sanzione per una “cattiva condotta” o come metodo per indurre un cambiamento di comportamento. L’Opg toscano è al centro di una indagine su presunti maltrattamenti denunciati da un ricoverato. Secondo quanto emerso da una visita parlamentare della senatrice radicale Donatella Poretti e del Garante dei detenuti di Firenze, Franco Corleone, le celle da tre ospitano almeno sei detenuti, il numero dei ricoverati supera il limite consentito, la polizia penitenziaria non ha l’adeguata preparazione: “Il sabato pomeriggio e la domenica non ci sono psichiatri - denuncia la parlamentare - E durante la notte c’è solo un medico di guardia e un infermiere”.
A Napoli, nelle scorse settimane, un caso raccapricciante reso pubblico da una delegazione in visita composta dal consigliere regionale Tonino Scala e le associazioni Antigone e Città Invisibile: R.H., un immigrato di appena 21 anni, era seminudo (con indosso solo slip e pullover) in una cella liscia priva di ogni cosa e con il blindato chiuso. “La cella era sporca di escrementi. Ci è stato riferito che il ragazzo ha dato in escandescenze appena giunto in Opg e che è pericoloso. Quello che possiamo testimoniare - riportano i visitatori - è che a noi è parso lucido. Dal registro ci risulta sia stato anche legato al letto di coercizione per almeno tre giorni. Più che un ospedale - concludono - questo è un vero e proprio manicomio”. Intanto cresce la richiesta per “il superamento degli Opg”. Troppo spesso un carcere. A vita.

2 commenti:

miri ha detto...

credo che in questi luoghi dovrebbero lavorare persone umane pronti ad aiutare tante volte un sorriso una parola di conforto o il saperli prendere può essergli d aiuto non sarà bello trovarsi chiuso in una piccola stanza poco igienica si interna anche un sano di mente solo a starci 2 giorni servono maggiori psicologhi piu umanità e tanto affetto

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Il discorso degli O.P.G. è molto complesso. Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono una realtà superstite dei Manicomi, chiusi dalla legge Basaglia, dei quali ne sopravvivono ancora molti.
Gli O.P.G. sono, a differenza dei secondi, realtà penitenziarie vere e proprie, in cui si mescolano esigenze di custodia (i soggetti sono persone che hanno delinquito ma in stato di infermità mentale totale o parziale, non possono essere processate e condannate a causa la malattia mentale di cui soffrono e sono state sottoposte ad una misura di sicurezza detentiva) con esigenze di cure psichiatriche.
Quindi occorrono personale di custodia (polizia peniotenziaria), personale sanitario ed infermieristico specializzati. Ma occorrono, sopratutto, tanti tanti soldi, per questi motivi: è un lavoro ingrato e gli operatori animati da spirito missionario sono rarissimi; dunque, se si vogliono ottenere risultati positivi, ad iniziare dal degrado umano per continuare a quello delle strutture manicomiali, occorre pagare di più il perosnale sanitario ed infermieristico specializzati, ma anche il personale di custodia, che non ama prestare servizio in strutture alienanti. Pagandoli di più, può lo Stato pretendere un rapporto di costi/benefici con un saldo positivo maggiore.
Ma è pura utopia pensare che questo Stato possa farlo, specie con gli attuali governanti. Purtroppo.