giovedì 17 dicembre 2009

“Niente bavagli”: la rivolta della Rete


SITI MOBILITATI.
GIALLO SU GOOGLE: SPARITE LE IMMAGINI DEL PREMIER FERITO
di Federico Mello


La Rete è in subbuglio per le nuove misure su Internet annunciate dal ministro dell’Interno. Stamattina in Cdm Maroni chiarirà finalmente cosa hanno elaborato i suoi tecnici al Viminale. Finora ha proceduto con accelerazioni - “proporrò delle misure del Web” - e dopo gli interventi di Fini e Napolitano, con frenate - “non vogliamo fare leggi speciali”. Questo mentre violenti cori televisivi si sono alzati dagli studi Porta a Porta e Pomeriggio cinque per chiedere d’imperio “la chiusura dei siti”.
Il fatto certo è che il governo è intenzionato a legiferare su Internet e ritiene non sufficienti le leggi esistenti per “istigazione a delinquere” e “apologia di reato”. Negli Stati Uniti non c’è alcun reato specifico rispetto a Internet ma se qualcuno apre un gruppo Facebook “Uccidete Obama” dopo poche ore si trova l’Fbi alla porta.
“In Italia bisogna legiferare con urgenza” dice il tormentone del governo. Capiremo oggi se Maroni metterà dei “filtri” ad alcuni siti, o darà ai giudici delle indagini preliminari (Gip) nuovi strumenti per chiudere siti senza passare dal pm. Ieri il ministro ha spiegato: “Sulla Rete devono applicarsi gli stessi reati che si applicano per giornali e tv”. Una dichiarazione che ha fatto salire un brivido lungo la schiena a blogger e gestori di siti: quest’estate con il decreto Alfano si intendeva applicare all’intera blogosfera le disposizioni in tema di obbligo di rettifica, nate per la sola carta stampata. Una disposizione “ammazza-blog” denunciarono gli internauti: i blog sono attività semiamatoriali e non sarebbero in grado di adempiere gli oneri delle testate giornalistiche.
L’arcano sarà svelato oggi. Ma se si mette da parte l’emozione suscitata dalle immagini del volto insanguinato di Silvio Berlusconi, ci si rende conto che il governo interviene sulla legislazione Internet, pochi giorni dopo dall’aggressione subita a Milano. Secondo i Servizi segreti Massimo Tartaglia “ha agito da solo”.
I gruppi proliferati su Facebook che inneggiavano all’aggressore sono già stati chiusi dal social network. Ma nel mirino c’è Internet, proprio dov’è nato il No B. Day del 5 dicembre ora copiato anche in Francia contro Sarkozy. “Se toccano la libertà in Rete siamo pronti a manifestare il nostro dissenso in tutte le piazze italiane” risponde non a caso il “Popolo viola”.
Internet è anche nel mirino del sottosegretario Romani che ha intenzione di “regolare” le dirette in streaming. Proprio come quella che Marco Travaglio conduce sul blog di Beppe Grillo il lunedì; o come quelle di eventi che in tv non hanno spazio (il No B. Day è stato trasmesso in diretta da una decina di siti).
Ieri un tam-tam degli utenti denunciava l’assenza delle immagini di Berlusconi ferito e di Massimo Tartaglia dalla ricerca immagini di Google. “Censura? Ovviamente no!” rispondono dal motore di ricerca, assicurando che le immagini impiegano più tempo per essere scansionate rispetto agli altri contenuti. Ma è giallo.
Anche perchè sempre ieri c’è stato un altro capitolo della causa civile con la quale Mediaset chiede a YouTube (di proprietà Google) 500 milioni di euro per la pubblicazione di suoi contenuti sulla piattaforma video. Il tribunale di Roma ha imposto a Google di rimuovere i video del Grande Fratello. Google ribatte che già offre ai detentori di diritti strumenti efficaci per gestire e, volendo, eliminare automaticamente video protetti da copyright. Strumenti utilizzati da 3.000 partner in tutto il mondo e dai maggiori broadcaster mondiali, Rai compresa. Media-set non ne vuole sapere. Due culture si scontrano: quella della tv di Berlusconi e quella della Rete.
Sembra che comunque ci siano gli anticorpi, nel paese, per opporsi a una stretta contro la libertà in Rete. Sono migliaia e migliaia le associazioni (a partire da Articolo 21) e gruppi che dicono no ad ogni censura. I Verdi per stamattina hanno promesso un sit-in davanti a Palazzo Chigi, anche se l’autorizzazione gli è stata negata. Blogger e internauti sono mobilitati. Cittadini digitali aspettano. Il timore accomuna tutti: una maggioranza che vive del consenso garantito dalle televisioni, ora vuole imporsi con la forza anche sulla Rete.

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