Ricordate la telefonata Fassino-Consorte sulla scalata Bnl, quella per capirci dell’“abbiamo una banca”? Ricordate lo scoop del Giornale che pubblicò la conversazione (segreta) tra il segretario Ds e l’amministratore delegato Unipol?
Ebbene, ieri mattina sulla prima pagina dell’Unità si poteva leggere di un’indagine della Procura di Milano relativa al numero uno di Rcs, società che si occupa di intercettazioni telefoniche per conto della magistratura.
Si racconta del viaggio ad Arcore di costui, il giorno 24 dicembre 2005, per donare il prezioso file nientemeno che a Silvio Berlusconi. Di come, secondo testimonianze dirette, il presidente del Consiglio abbia ascoltato e ringraziato vivamente i suoi ospiti. Di come, soltanto pochi giorni dopo, il giornale di famiglia diretto da Belpietro abbia “sparato” la telefonata che provocherà uno sconquasso nel centrosinistra lanciato verso le elezioni politiche del 2006.
Davanti a una notizia del genere in un paese normale scoppia il finimondo.
È l’apertura dei tg, l’opposizione si mobilita in Parlamento mentre il premier chiamato in causa dice qualcosa per smentire o per spiegare.
Qui da noi, invece: silenzio di tomba. A parte qualche dichiarazione giustamente indignata la stessa opposizione sembra come intorpidita, rassegnata.
Ma come? Colui che grida ai quattro venti contro le intercettazioni (sue) potrebbe aver trafficato ai danni del suo principale avversario politico, e non si muove foglia? E poi: possibile che dai nastri riservati ai video con i trans tutto l’armamentario per sputtanare e intimidire questo o quello finisca sempre sulla stessa scrivania?
Domande di un paese che sta lentamente asfissiando in una nube plumbea di conformismo.
Nessun commento:
Posta un commento