mercoledì 17 febbraio 2010

Balducci parla dal carcere. "E' tutto un grande abbaglio"


Un grande abbaglio, è solo un grande abbaglio, usciremo da quest’incubo», ripetono nel tardo pomeriggio mentre lasciano le celle e imboccano il lungo corridoio per andare a colloquio con gli avvocati. Non è certo un bel giorno per Angelo Balducci e Mauro Della Giovampaola, arrestati «eccellenti» per lo scandalo degli appalti per il G8 della Maddalena e degli altri «grandi eventi». Da poche ore hanno saputo che il gip di Firenze, Rosario Lupo, ha negato la scarcerazione loro e di un terzo arrestato, Diego Anemone. E ora, a Regina Coeli, al primo piano della Torre 7 dove si trovano i detenuti cosiddetti «in transito», si trattengono per pochi minuti con il senatore del Pdl Luigi Esposito, vicepresidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Sei giorni di carcere, e soprattutto la notizia della mancata scarcerazione, non sembrano però averli demoralizzati eccessivamente. Il più grintoso pare Balducci, che trascorre il tempo in una cella di due metri e mezzo per tre. Vestito con un maglione scuro, una camicia chiara e un paio di jeans, spiega al senatore che «sì, qui mi trattano bene, sono tutti gentili». Le giornate trascorse in una cella, si sa, possono essere interminabili. Ma lui, il potente Presidente del Consiglio dei lavori pubblici presso il ministero delle Infrastrutture, la massima autorità istituzionale in materia di appalti e di realizzazione delle opere dello Stato, ha da leggere le carte dei magistrati che lo accusano: ventimila pagine di intercettazioni, buona parte delle quali riferite proprio a lui, lo tengono occupato per tutta la giornata.

Nonostante tutto mostra proprio una notevole grinta, Balducci. L’accusa di essere un corrotto, di essere il motore di quel «sistema gelatinoso» inventato secondo l’accusa per pilotare gli appalti, non pare scuoterlo più di tanto. «Spero di uscire presto da quest’incubo», dice.

«Ora devo chiarire ogni cosa con il magistrato». Ci ha già provato, ma con scarso successo, due giorni fa durante l’interrogatorio di garanzia, affannandosi a spiegare al gip come a suo avviso le gare d’appalto per la realizzazione dei grandi eventi fossero assolutamente regolari e legittime. Il tono di voce deciso di Balducci si incrina solo quando ammette davanti al senatore: «Non faccio che pensare a mia moglie e a casa. Lei non sa quanto mi mancano».

Mauro Della Giovampaola, l’ingegnere della Protezione Civile che ha lavorato nella struttura di missione per il G8 in Sardegna e ha coordinato l´unità tecnica per realizzare le infrastrutture per i 150 anni dell´Unità d´Italia, sembra più provato del suo compagno di carcere. E’ richiuso in una cella lontana da quella di Balducci. Anche lui, come colui che nelle telefonate intercettate veniva definito «il grande capo», è occupatissimo nella lettura dei venti, sterminati faldoni dell’inchiesta sugli appalti pilotati. Nel corridoio del carcere, vestito con un giubbotto di pelle, saluta il senatore Esposito: «L’altro giorno, durante due ore di interrogatorio di garanzia, credevo di avere spiegato tutto, di avere chiarito al giudice la mia posizione», dice.

Il gip, ieri, ha però negato la scarcerazione anche per lui: «Le accuse rimangono in piedi, l’ordinanza di custodia cautelare resta valida». Ma nemmeno Della Giovampaola, accusato di aver commesso irregolarità nell’assegnazione di sei appalti ai suoi amici di cordata, intende mollare: «Presto riuscirò a dimostrare la mia innocenza. Io sono finito qui dentro solo per un abbaglio, un grande abbaglio».

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