mercoledì 17 febbraio 2010

Bertolaso rilancia: "Non mi dimetto"


«Continuo a fare il mio mestiere. E il mio dovere». Guido Bertolaso resta al suo posto, almeno per ora, nonostante la bufera piovutagli addosso con l’inchiesta della procura di Firenze sugli appalti del G8. Il sottosegretario arriva alla Camera alle 11 in punto, scuro in volto e senza rivolgere una parola ai giornalisti, dopo tre giorni trascorsi in montagna con la famiglia per cercare di allontanare gli effetti del terremoto giudiziario e politico.

Prima di entrare a Montecitorio, però, il capo della Protezione Civile si è visto con Gianni Letta, con il quale ha concordato la linea da tenere. A Bertolaso, Letta ha anche confermato la fiducia del governo: «vai avanti». E nel pomeriggio è stato sempre Letta ad accompagnarlo a Palazzo Grazioli dal premier Berlusconi. Qui il capo della Protezione civile è rimasto per un’ora circa, incassando, nuovamente e direttamente, l’appoggio del premier. Alla Camera, Bertolaso deve affrontare la nuova battaglia sul decreto emergenze, visto che il testo approvato al Senato - quello in cui era prevista la nascita della "Protezione Civile servizi Spa" - è di fatto stato sepolto dalla stessa maggioranza. Il primo appuntamento ufficiale dopo l’esplosione dello scandalo-G8, Bertolaso se lo sarebbe volentieri risparmiato: non tanto per la cancellazione della Spa nè, tantomeno, per non dover affrontare le battute che da giorni circolano a Montecitorio. Quanto perchè l’unica cosa che in questo momento gli interessa veramente è allontanare da sè l’accusa di corruzione. Lo dice chiaramente ai commissari: «voglio esser sentito al più presto dai magistrati per chiarire e dimostrare la mia estraneità alle accuse. Il problema però è che ancora non si sa quale è la procura competente».

Nell’aula della Commissione al secondo piano di Montecitorio, Bertolaso si infila però anche perchè vuole difendere i "suoi" uomini. Nel decreto, infatti, è prevista la stabilizzazione di circa 150 precari del Dipartimento, uomini e donne che da anni lavorano con lui nell’emergenze. Se il decreto non passa, loro vanno a casa. «Se non ci fossero stati loro, non saremmo qui» confermano i suoi collaboratori più stretti. Per tutta la mattina il capo della Protezione Civile resta in Commissione, con i membri di maggioranza e opposizione che smontano e rimontano il decreto fino a quando non si arriva alla stesura finale che approderà in Aula. E quando tocca a lui parlare, dopo una breve relazione sul nuovo provvedimento, fa un solo riferimento alla vicenda giudiziaria. Accade, raccontano i commissari, quando sottolinea di aver sempre fatto quello che gli si chiedeva di fare.

Alla Commissione il capo della Protezione Civile dice anche un’altra cosa, che ripeterà poi ai giornalisti: la Protezione Civile non sarebbe mai stata privatizzata e chi in questi giorni lo ha scritto «ha mentito sapendo di mentire». «È stata cancellata la Spa? Nessun problema, l’importante è che non sia stata cancellata la Protezione Civile» puntualizza. E poi spiega: «la Spa era una struttura aggiuntiva, doveva solamente essere una struttura di servizio per rendere la protezione civile, quella vera, più agile, più funzionale e più concentrata sulle vere attività di propria competenza». E dunque, «non c’era alcuna trasformazione, come qualcuno continua a scrivere». Ma è una sua sconfitta politica la cancellazione della Spa? «Assolutamente no», risponde sorridendo: «quel che conta è la Protezione Civile». Prima di infilarsi da Berlusconi, c’è ancora tempo per rispondere all’ennesima domanda sulle sue dimissioni, ribadendo che la protezione civile non può rimanere vacante, perchè di fronte alle emergenze serve qualcuno che prenda le decisioni. «Io sono già dimissionario ma, visto che il governo me le ha respinte, continuo a fare il mio mestiere e il mio dovere. Dopodichè - conclude - domani vedremo».

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