martedì 2 febbraio 2010

LA DOPPIETTA DI FELTRI: DOPO L’AVVENIRE NEL MIRINO L’OSSERVATORE


Non pago delle dimissioni di Boffo, il direttore de “Il Giornale” insinua che il direttore Vian sia il regista occulto dello scandalo
di Marco Politi


Si annida nei sacri palazzi lo Jago che ha pugnalato Boffo, il direttore dell’Avvenire costretto alle dimissioni a settembre. É la tesi-polverone che Vittorio Feltri lascia balenare, con assist del Foglio. Tutta la vicenda, ha annunciato sabato Feltri in un’intervista al giornale di Giuliano Ferrara, è nata perché “una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente mi ha contattato e fatto avere la fotocopia del casello giudiziale dove veniva riportata la condanna di Boffo e, assieme, una nota informativa”.
“Istituzionalmente”, insiste Feltri, è come dire che si presenta a un reporter il “direttore del Giornale” per riferire particolari sul proprio quotidiano. E a questo punto capiscono anche i sordi. La botta velenosa finisce su Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano (descritto dal Foglio già precedentemente come personalità che per “una certa spregiudicatezza e ingenuità” si è lasciato manovrare da oscure lobby per “indirizzare la penna di Feltri contro Boffo”). Nel frattempo il direttore del Giornale va serenamente al ristorante a Milano con colui che ha massacrato a fine estate, perchè aveva osato definire indecente il comportamento di Berlusconi con le sue signorine pret a porter: Dino Boffo. Tra la farsa e la telenovela cospiratoria la vicenda della maramaldata di Feltri contro Avvenire si arricchisce dunque di un nuovo capitolo. Urge riassunto. In principio stanno le intense frequentazioni del Cavaliere, araldo del Family Day, con il reclutatore di mignotte Giampaolo Tarantini (a tempo perso anche distributore di coca). É primavera, scoppia il caso D’Addario. La gerarchia ecclesiastica, inorridita, tenta di non buttarla in politica, ma le proteste dei fedeli lettori giungono come una marea al giornale dei vescovi, Avvenire, finchè l’allora direttore Boffo è costretto a intervenire. Parte a maggio un editoriale firmato da una donna, la giornalista Rossana Sisti, dal titolo pesante “Politica e discrimine etico”. Il Cavaliere fa spallucce e Boffo, incalzato dai fedeli cattolici, pubblica lettere come quella della lettrice Fiorella Pasotti: “Ho ascoltato con le mie orecchie dal sito dell’Espresso la voce del nostro premier Berlusconi che parlava con la signora D’Addario (nota prostituta a pagamento) invitandola ad aspettarlo nel grande letto di Putin. Mi piacerebbe molto che il suo giornale parlasse più chiaramente delle spudoratezze di questo nostro primo ministro, che appare tutt’altro che timorato di Dio”. Chiosa duramente Boffo: “La vicenda non solo non ci convince ma, per quanto ci è dato di capire, continua a piacere poco o punto a larga parte del Paese reale”. Il direttore di Avvenire esige dalla classe politica “un a priori etico che va salvaguardato in ogni caso”.
Berlusconi intuisce il pericolo che la gerarchia ecclesiastica lasci libero sfogo alla rivolta del popolo cattolico. Quando ad agosto Feltri viene chiamato alla direzione del Giornale, la missione è di affondare tutti i nemici del premier. Non termina nemmeno il mese che dalle colonne del Giornale Dino Boffo è svergognato per una condanna (patteggiata) per molestie avvenuta nel 2004 a Terni, condita dalla pubblicazione di una “nota informativa” che riferisce di sue tendenze omosessuali. Nota che in 24 ore si rivela una patacca.
Ma la bomba è esplosa. Boffo, benché difeso dai vertici ecclesiastici, capitola il 3 settembre e si dimette. Tre mesi dopo (si sono mossi gli avvocati) Feltri scriverà senza pudore che l’informativa passatagli era falsa e dunque Boffo “non risulta implicato in vicende omosessuali”, anzi va onorato come “giornalista prestigioso e apprezzato”.
Fine della storia? Errore. I minuetti mefitici continuano. Boffo sconta l’arroganza di non aver mai spiegato al popolo cattolico perché un giudice di Terni gli ha decretato una multa per molestie, anzi fa secretare il fascicolo dagli avvocati. Intanto il giornalista Sandro Magister, ruiniano doc, denuncia che l’operazione anti-Boffo era un attacco al cardinale Ruini ed “è nata dentro la Chiesa”. Magister accusa Vian di aver scritto addirittura un articolo sul Giornale sotto pseudonimo. In crescendo rossiniano il Foglio racconta che Ruini è andato dal Papa per illuminarlo sulle manovre, in cui sarebbe coinvolto il direttore dell’Osservatore Romano. E Feltri evoca la visione di un’ “anima della Chiesa” che voleva far scoppiare lo scandalo. L’unica cosa che non si capisce è perché Vian, coperto dal cardinal Bertone, avrebbe dovuto mettere in moto una manovra così tortuosa e cervellotica. Bastava molto meno per cambiare la direzione di Avvenire.
Fatto certo, invece, è che Feltri è convocato il 22 febbraio all’Ordine dei giornalisti di Milano proprio per aver diffuso il falso su Boffo nonché per aver pubblicato articoli (a pagamento) di Renato Farina, radiato dall’Ordine per i suoi stretti rapporti con i servizi segreti sotto il delicato e un po’ sovietico pseudonimo di “Betulla”. C’era anche Betulla ieri all’amichevole mangiata di Feltri con Boffo. Interessante...

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Littorio Feltri va alla guerra ...

vanda ha detto...

Non riesco a commentare sono senza parole