sabato 20 febbraio 2010

Omega: se il governo vuole può ancora salvarla




BASTEREBBE UN DECRETO LEGGE PER CONSEGNARE IL GRUPPO AI MAGISTRATI, ALTRIMENTI 10 MILA LICENZIAMENTI


Chissà se il governo si stupirà quando, tra un paio di mesi, Omega fallirà, i suoi 10 mila lavoratori perderanno il posto e non rimarrà più nulla da salvare. Questa non è più un’ipotesi remota, paventata da sindacati allarmisti, ma la naturale conseguenza di quello che sta (e non sta) accadendo: l’unico modo per evitarlo è mettere il gruppo in amministrazione straordinaria, ma chi può farlo non si muove.


L’OPERAZIONE. E’ passato quasi un anno da quando la società di Claudio Marcello Massa e Sebastiano Liori ha cominciato ad acquisire aziende per tenerle ferme e incassare le commesse ancora in essere. Milioni e milioni di euro guadagnati a costo zero: Omega ha assorbito aziende a prezzi simbolici (ha preso per esempio Agile, il ramo dell’information technology di Eutelia, pagandolo un euro), mirando, secondo le accuse dei sindacati, alla bancarotta fraudolenta per evitare di pagare le liquidazioni. Ipotesi su cui, da qualche settimana, indaga anche la Procura di Milano.


FALLIMENTO. Il pm Francesco Greco, lo scorso martedì, ha chiesto il fallimento della Libeccio, la holding con sede a Londra che controlla Omega. Lo scopo è affidare Libeccio a un curatore che, in sintonia con la Procura di Milano, faciliti la corretta gestione del gruppo. Il problema numero uno da affrontare oggi, però, è la richiesta della proprietà (Massa e Liori) di ottenere il concordato preventivo. Tradotto, significherebbe liquidare la società, vendere gli immobili e licenziare tutti i lavoratori. La speranza dei vertici è, ora che i giochi sporchi sono venuti alla luce, quella di evitare risvolti penali (ma è improbabile che ci riescano).


LA SOLUZIONE. Vista la dimensione del gruppo Omega e gli interessi in gioco, la procedura più sicura da seguire sarebbe affrontare la crisi (da malagestione) con gli schemi classici e consolidati dell’amministrazione straordinaria, così da garantire e salvaguardare il bene più importante (e forse l’unico rimasto): i posti di lavoro. Per farlo un modo c’è: basta applicare la legge Marzano – che consente tra l’altro di congelare i debiti con gli istituti di credito – così da consentire alla società di prendere respiro. Il problema è che solo gli amministratori di Omega possono chiederlo, e non hanno interesse a farlo. L’ostacolo, volendo, è semplice da scavalcare: basta che il governo, con un decreto legge, stabilisca che la Marzano possa essere richiesta direttamente dai pubblici ministeri o dal tribunale. La necessità c’è, l’urgenza pure. Il governo però non dà segni di vita, e neppure i sindacati si stanno impegnando nella giusta direzione. Se questa è l’unica soluzione possibile, il governo ha ancora poco tempo per adottarla. Altrimenti Gianni Letta, che ha seguito la vicenda, dovrà spiegare perché non l’ha fatto a 10 mila persone rimaste senza lavoro.

(Bea. Bor.)

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